Operazione dalla quale sono state tenute al riparo le università private, senza dimenticare le Università Telematiche proliferate in Italia in questi anni, al di fuori di ogni ragionevole strategia di sistema, spesso attingendo a docenti di ruolo nelle Università statali per coprire le esigenze della didattica. In questo contesto, sottolineano i Rettori delle Università campane, molto critica è la situazione finanziaria del sistema universitario e della ricerca, a fronte di una politica dei tagli selvaggi che vanno ben oltre l’obiettivo dichiarato dell’eliminazione di sprechi e diseconomie e hanno posto le Università statali italiane in una condizione insostenibile. Essi compromettono ormai lo svolgimento delle funzioni basilari, impediscono non solo il potenziamento ma la conservazione stessa del patrimonio edilizio e strutturale. Impongono, inoltre, la riduzione impietosa delle azioni di sostegno al diritto allo studio, i cui costi qualcuno vorrebbe ora semplicisticamente scaricare sugli studenti stessi, con il famigerato prestito d’onore, meccanismo di dimostrata ridotta efficacia, implausibile nell’attuale situazione di disoccupazione giovanile. Hanno determinato, infine, il ridimensionamento dei finanziamenti destinarti alla ricerca, alla formazione di terzo livello e dei giovani ricercatori. L’idea, cara a molti, che questa drammatica contrazione del finanziamento pubblico possa e debba essere superata grazie agli interventi dei privati è illusoria, se non volutamente ingannevole. Smantellare l’università statale – rilevano Rettori degli Atenei della Campania - significa tagliare alla radice le capacità di ricerca, innovazione e sviluppo culturale del Paese che continuano a trovare nell’Università il loro luogo elettivo e significa disincentivare l’iscrizione dei giovani, ridurre il numero dei laureati italiani, già troppo basso rispetto ai paesi avanzati, e soprattutto chiudere l’accesso ai livelli più avanzati di formazione ai giovani provenienti dai ceti meno abbienti. Così si tradiscono i principi fondamentali della Costituzione e si cancella il ruolo di equo ascensore sociale che l’alta formazione ha finora svolto, pur con tante inadeguatezze. Quali, allora, le proposte che le Università campane chiedono non solo di registrare nell’agenda elettorale ma di intuire come impegno di governo?
E’ necessario, scrivono:
1. un adeguato piano decennale di finanziamento che consenta la ripresa del sistema e, a breve termine, l’apertura a nuove generazioni di ricercatori e il riconoscimento dell’impegno di chi già lavora nell’Università garantendo la possibilità di legittime progressioni di carriera.
3. Un sistema di controllo e di valutazione trasparente, condiviso, burocraticamente leggero e che si ponga come obiettivo lo sviluppo qualitativo dell’Università statale, non la sua penalizzazione.
4. Una stabilità di politiche d’intervento che consenta al sistema di programmarsi e non lo sottoponga alla necessità di continue e contraddittorie modificazioni.
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