Fonte: Salvatore Dare da Metropolis
Vico Equense - Un giovane robusto come una quercia. Un
uomo di mare, cresciuto su un gozzo armato a vela latina,
il Santa Rosa. Alto, biondo, occhi azzurri, in salute, con una
famiglia alle spalle sicura e calata nell’imprenditoria della
Sorrento che conta. Amava la politica, quella vera. Uno che
avrebbe fatto di tutto per difendere la sua città e che ci ha provato
con un impegno costante, determinato, anche rabbioso.
Contro i poteri forti e le lobby del cemento. “Prima o poi ce la
faremo” diceva agli amici, anche quando faceva l’oppositore
ostinato consapevole di poter perdere simpatie e contatti da
un momento all’altro. Sognava un domani migliore per un
figlio che avrebbe voluto dalla sua semplice Stefania, la futura
moglie da sposare il 22 giugno, in Cattedrale. Una storia
d’amore nata nel borgo mozzafiato di Marina Grande, che
l’aveva rapito da qualche anno e che si è spezzata di colpo,
in un torrido pomeriggio di maggio. Un caldo pazzesco per
una tragedia incredibile.
A Seiano, a Vico Equense. Sono quasi le sette di sera. Ha deciso
di lanciarsi nel vuoto, giù dal ponte della stazione della
Circumvesuviana. Un volo di 50 metri che non gli ha lasciato
scampo: Giovanni Antonetti, 33 anni, avvocato, coordinatore
in penisola sorrentina dell’Italia dei Valori, chissà cosa avrà
pensato in quel momento. Fermo sulla piazzola d’attesa della stazione, in abito scuro: giacca, cravatta e ventiquattrore d’ordinanza,
lasciata a terra prima di scavalcare la ringhiera e farla
finita. Prima una telefonata. In molti l’hanno visto discutere
al cellulare. Poi ha chiuso.
Fino alla decisione-choc. Ha fissato
il vallone con lo sguardo tramortito, amaro. Un mistero fitto
su chi ci fosse dall’altra parte della cornetta e su cosa l’abbia
spinto a volere presto la morte. A nessuno aveva confessato la
volontà di ammazzarsi. Non ha lasciato neppure una lettera,
né ha spedito un sms. Silenzio. Fra gli sguardi sbigottiti dei
passeggeri del treno diretto a Sorrento e fra le botte da orbi
tra giovani di ritorno dal mare che stavano duellando per un
cellulare sparito. Sangue e ferite, quindi il fiato sospeso. “Ma
che fa?”. Inutile urlare, inutile chiedere aiuto: “Giogiò”, così
lo chiamavano tutti, non c’è più. Stop, per sempre.
Era appena tornato da Roma, in treno. Due giorni e via, poi
il ritorno a Sorrento. Aveva pure fatto visita al suo mentore,
l’ex senatore Nello Di Nardo, che appena saputa la notizia ha
raggiunto in pochi minuti Seiano. Lacrime agli occhi, nessuna
voglia di parlare: “Non ci credo, non ci credo”. Antonetti, da
tempo, studiava per diventare notaio. Ma dal concorso nessuna
buona nuova: nulla di fatto, tutto da rifare. E un’amarezza
che ha scalfito quel ruspante avvocato che tanti lo vedevano
proiettato addirittura verso il Parlamento. Una delusione forte.
Che forse l’ha sconvolto, come l’agguato ai carabinieri di
Palazzo Chigi. “Ma in che mondo viviamo?” disse domenica
sera, colpito dalla baraonda della Capitale. Candidato sindaco per l’Italia dei Valori alle amministrative
del 2010 vinte da Giuseppe Cuomo, non riuscì a entrare in
consiglio comunale ma non ha smesso di fare opposizione.
Mai. Difesa del verde, lotta agguerrita ai parcheggi interrati
e a Boxlandia, trasparenza sulla gestione degli ospedali della
costiera da consulente legale della commissione parlamentare
sugli errori sanitari presieduta da una spalla fedele, l’ex onorevole
dell’Idv, Antonio Palagiano. Più una valanga di esposti
in Procura per procedure, affidamenti e servizi messi a punto
dal Comune di Sorrento e su cui esigeva risposte precise.
Come sul progetto di uno stadio “degno della nostra città”.
Sì, perché amava il calcio. La partitella fra amici una volta
a settimana, in cui dava l’anima per vincere. L’ultima volta
l’ha frenato una contusione: una visita rapida all’ospedale di
Sorrento su cui il dossier stilato dal pool Palagiano per cui
ha lavorato da assistente ha sollevato ombre. “Ma mi hanno
trattato bene, ci mancherebbe”. Poi la riabilitazione curata
dallo staff sanitario del Sorrento calcio. Una squadra che ogni
tanto seguiva anche dal vivo, dalla curva.
Occhi azzurri come il mare: “Non sono uno skipper, ma ci
tento” si provava a giustificare quando qualcuno lo prendeva
in giro sul suo legame con la vela. Suo padre, il comandante
Giancarlo Antonetti, presidente dell’associazione “Asso vel’a
tarchia”, molte volte l’ha portato con sé, a bordo del gozzo
“Santa Rosa” con cui ha vinto – da membro dell’equipaggio
– più di una regata d’epoca.
Figlio di Rosaria Iaccarino, cugina di Costanzo Iaccarino,
presidente di Federalberghi Campania, Giovanni Antonetti
non c’è più. Un giallo in piena regola per un ragazzo che
scoppiava di salute. Il corpo è già stato restituito ai familiari,
il pm di turno ha subito liberato la salma. Entro il weekend
l’ultimo saluto
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