Il Comune chiede al Consiglio di Stato il ribaltamento della decisione di primo grado
Fonte: Metropolis
Vico Equense - Evitare un
vero e proprio crac finanziario
con l’amministrazione
comunale che – in caso di
conferma della “condanna”
anche in secondo grado –
potrebbe dover rimborsare i
cittadini di oltre 200mila euro
di accisa sull’energia elettrica
aumentata nell’estate del 2011
per coprire i costi del ciclo
integrato dei rifiuti. Soldi che
la gente ha dovuto sborsare
dopo una delibera votata
dall’esecutivo. Ecco perché il
Comune di Vico Equense ha
deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato per ottenere
l’annullamento della sentenza
del Tar della Campania che
alcuni mesi fa stabilì come irregolare
la decisione allora assunta
dalla giunta del sindaco
Gennaro Cinque. Una querelle
lunga diversi mesi e che vede
al centro la sentenza-choc con
cui il Tribunale regionale andò
a «sbugiardare» l’amministrazione.
Era l’agosto di due anni fa
quando la giunta decise di applicare
una maggiorazione
dell’accisa
sull’energia elettrica
per andare a compensare
i costi del
ciclo integrato dei
rifiuti, con particolare
riferimento alla tassa
di smaltimento, la
Tarsu.
Si tratta di un incasso - per
i giudici amministrativi del
Tar ingiusto - che ammonta a
oltre 200mila euro. Soldi che
i cittadini hanno tirato fuori
dalla propria tasca e che potrebbero
vedersi rimborsare
qualora in appello il Consiglio
di Stato - sulla scorta di un
ricorso formalizzato dall’ente
municipale - dovesse confermare
il dispositivo emesso in
primo grado.
Il Tar, sulla scorta di un ricorso
presentato da cinque residenti,
chiarì i motivi per i quali bocciò
il provvedimento messo a
punto nell’agosto del 2011 dal
Comune di Vico Equense.
Fase
politica molto calda e intricata
con il sindaco Cinque che con
tre mesi di ritardo nominò la
sua squadra di governo con
la nomina di assessori e fedelissimi
“caldeggiata” anche
dalla Prefettura di Napoli. La
proposta del rincaro dell’accisa
doveva essere discussa in
consiglio comunale. E’ quello
che hanno scritto i giudici
amministrativi nella sentenza.
Ed invece Cinque e compagni
“preferirono” discuterne ingiunta. Con approvazione
definitiva arrivata sia dal sindaco
che dagli assessori.
La sentenza del Tar è chiara e
andò a risolvere una querelle
durata quasi 20 mesi.
Anche se ora c’è da fare i conti
con l’appello: “Nel sistema
del testo unico delle leggi
sull’ordinamento degli enti
locali - si legge nel provvedimento
del Tar -, il consiglio
comunale è chiamato ad esprimere
gli indirizzi politici
ed amministrativi di rilievo
generale...mentre la giunta
municipale ha una competenza
residuale in quanto compie
tutti gli atti non riservati
dalla legge al consiglio e non
ricadenti nelle competenze,
previste dalle leggi o dallo
statuto, del sindaco o di altri
organi. In tale quadro» la
questione era demandata al
consiglio che è titolare della
competenza in ordine «alla
istituzione e ordinamento dei
tributi, con esclusione della
determinazione delle relative
aliquote”.
Nella sentenza del Tar c’è anche
dell’altro.
I giudici amministrativi andarono
infatti a rilevare che
“mancherebbe l’indicazione
della necessità di introdurre
il prelievo fi scale, peraltro disposto
nella misura massima,
per la copertura degli oneri
del ciclo dei gestione dei rifiuti”,
con violazione del decreto
legge 225 del 2010. “Infatti dal
bilancio di previsione emergerebbe
l’insussistenza di tale
esigenza, posto che a fronte di
euro 3 milioni 545mila 900,54
euro di costi del servizio vi
sarebbe una previsione di incassi
di euro 3 milioni 254mila
985 per Tarsu ed euro 253mila
per proventi dalla raccolta
differenziata”.
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