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domenica 5 maggio 2013

Tassa sull’energia elettrica: ricorso in appello

Il Comune chiede al Consiglio di Stato il ribaltamento della decisione di primo grado 

Fonte: Metropolis

Vico Equense - Evitare un vero e proprio crac finanziario con l’amministrazione comunale che – in caso di conferma della “condanna” anche in secondo grado – potrebbe dover rimborsare i cittadini di oltre 200mila euro di accisa sull’energia elettrica aumentata nell’estate del 2011 per coprire i costi del ciclo integrato dei rifiuti. Soldi che la gente ha dovuto sborsare dopo una delibera votata dall’esecutivo. Ecco perché il Comune di Vico Equense ha deciso di presentare ricorso al Consiglio di Stato per ottenere l’annullamento della sentenza del Tar della Campania che alcuni mesi fa stabilì come irregolare la decisione allora assunta dalla giunta del sindaco Gennaro Cinque. Una querelle lunga diversi mesi e che vede al centro la sentenza-choc con cui il Tribunale regionale andò a «sbugiardare» l’amministrazione. Era l’agosto di due anni fa quando la giunta decise di applicare una maggiorazione dell’accisa sull’energia elettrica per andare a compensare i costi del ciclo integrato dei rifiuti, con particolare riferimento alla tassa di smaltimento, la Tarsu. Si tratta di un incasso - per i giudici amministrativi del Tar ingiusto - che ammonta a oltre 200mila euro. Soldi che i cittadini hanno tirato fuori dalla propria tasca e che potrebbero vedersi rimborsare qualora in appello il Consiglio di Stato - sulla scorta di un ricorso formalizzato dall’ente municipale - dovesse confermare il dispositivo emesso in primo grado. Il Tar, sulla scorta di un ricorso presentato da cinque residenti, chiarì i motivi per i quali bocciò il provvedimento messo a punto nell’agosto del 2011 dal Comune di Vico Equense.
 
Fase politica molto calda e intricata con il sindaco Cinque che con tre mesi di ritardo nominò la sua squadra di governo con la nomina di assessori e fedelissimi “caldeggiata” anche dalla Prefettura di Napoli. La proposta del rincaro dell’accisa doveva essere discussa in consiglio comunale. E’ quello che hanno scritto i giudici amministrativi nella sentenza. Ed invece Cinque e compagni “preferirono” discuterne ingiunta. Con approvazione definitiva arrivata sia dal sindaco che dagli assessori. La sentenza del Tar è chiara e andò a risolvere una querelle durata quasi 20 mesi. Anche se ora c’è da fare i conti con l’appello: “Nel sistema del testo unico delle leggi sull’ordinamento degli enti locali - si legge nel provvedimento del Tar -, il consiglio comunale è chiamato ad esprimere gli indirizzi politici ed amministrativi di rilievo generale...mentre la giunta municipale ha una competenza residuale in quanto compie tutti gli atti non riservati dalla legge al consiglio e non ricadenti nelle competenze, previste dalle leggi o dallo statuto, del sindaco o di altri organi. In tale quadro» la questione era demandata al consiglio che è titolare della competenza in ordine «alla istituzione e ordinamento dei tributi, con esclusione della determinazione delle relative aliquote”. Nella sentenza del Tar c’è anche dell’altro. I giudici amministrativi andarono infatti a rilevare che “mancherebbe l’indicazione della necessità di introdurre il prelievo fi scale, peraltro disposto nella misura massima, per la copertura degli oneri del ciclo dei gestione dei rifiuti”, con violazione del decreto legge 225 del 2010. “Infatti dal bilancio di previsione emergerebbe l’insussistenza di tale esigenza, posto che a fronte di euro 3 milioni 545mila 900,54 euro di costi del servizio vi sarebbe una previsione di incassi di euro 3 milioni 254mila 985 per Tarsu ed euro 253mila per proventi dalla raccolta differenziata”.

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