Fonte: Gaetano Angellotti da Metropolis
Monti Lattari/Castellammare di Stabia - Venti giorni fa, nella stessa
zona, c’era stato un maxisequestro
da primato. Oltre
1500 piante di canapa
indiana, tutte rigogliose
e ben curate. Ieri, più o
meno dalle stesse parti,
in località Castagneto del
monte Faito, sempre la polizia
ha messo a segno un
altro colpo. Gli uomini del
commissariato stabiese, in
collaborazione con i colleghi
del Corpo Forestale,
hanno scovato e distrutto
altre 250 piante di canapa indiana. Un’altra piantagione,
a pochi passi da
quella distrutta lo scorso
21 agosto, che conferma
- ove mai ve ne fosse
bisogno - di come monte
Faito sia diventata ormai
una delle roccaforti della
coltivazione di marijuana da parte dei clan della
zona stabiese. Del resto
quello della coltivazione
in quantità industriali di
vere e proprie piantagioni
di marijuana, è uno dei business
più fiorenti in tutta
la zona dei monti Lattari e
dintorni. Sotto l’egida dei
clan, veri e propri narcosagricoltori
si occupano di
impiantare, curare e raccogliere
le preziose piantine.
Garantendo al contempo
che l’intera attività si svolga
ben al riparo da occhi
indiscreti. Ma non sempre,
come testimoniano le ultime
operazioni della polizia,
le cose vanno secondo
i piani dei delinquenti.
Che proprio al momento
del raccolto, molto spesso
vedono andare in fumo i
frutti dei propri sforzi.
Anche
ieri, infatti, i poliziotti
stabiesi hanno estirpato dalla radice le piante, e
dopo averle ammassate, le
hanno distrutte sul posto,
bruciandole. Stessa storia
lo scorso 21 agosto, quando
il “danno” per le 1.500
piante bruciate fu stimato
in circa 3 milioni e mezzo
di euro. Ai quali vanno
aggiunti altri 500mila
euro. Cifre da capogiro,
che danno l’idea del giro
d’affari che si nasconde
dietro l’attività illecita
della coltivazione. Numeri
dovuti ovviamente
alla diffusione altrettanto
capillare del consumo di
droghe leggere.
I sequestri come quelli
effettuati dalla polizia,
specie nel periodo del raccolto, non sono rari.
Nonostante le difficoltà
dovute alle zone particolarmente
impervie, scelte
appositamente per rendere
difficili i controlli, i
sequestri si susseguono
puntualmente ogni anno.
Altra storia è individuare i
responsabili, quasi sempre
profondi conoscitori della
montagna, abili non solo a
gestire questo tipo di attività,
ma anche a “fiutare”
anche eventuali trappole
e appostamenti. La caccia
ai narcos-agricoltori, comunque,
resta aperta.
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