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martedì 3 febbraio 2015

Un registro e una lapide per i deportati vicani nei campi di concentramento


La proposta è della lista civica "In movimento per Vico" 

di Claudia Esposito

Vico Equense - Scoprire, diffondere e tramandare le storie e le memorie di quanti, cittadini vicani, viventi o defunti, abbiamo avuto esperienze di deportazione a qualunque titolo nei campi di concentramento durante la Seconda guerra mondiale. È questo l'obiettivo di una proposta di delibera avanzata all'amministrazione comunale dalla lista civica di opposizione «In movimento per Vico» che sarà discussa nella prossima assise cittadina. Un'idea già accennata nell'ultima seduta del consesso di qualche giorno fa per accogliere l'invito formulato dal prefetto alle amministrazioni locali di varare iniziative di commemorazione e riflessione in occasione della Giornata della memoria. Nel documento, i consiglieri chiedono all'amministrazione comunale di reperire, presso l'International Tracking Service di Bad Arolsen in Germania o presso altri siti online i nomi dei vicani deportati. In aggiunta, di avviare una procedura di evidenza pubblica per far sì che i cittadini che abbiano o abbiano avuto in famiglia casi di congiunti deportati nei lager possano farsi avanti e comunicarne i nominativi. Da qui sarebbe composto un registro con le generalità di queste persone, nate o residenti a Vico al momento dell'arresto, onde poterne tramandare la memoria tramite una lapide.
 
«In tantissime realtà locali - commentano i consiglieri proponenti - vengono organizzate iniziative per recuperare la memoria della Shoa, che ha segnato così profondamente la nostra storia. A Vico non è mai stato fatto niente, eppure ci sono storie incredibili da far emergere». Storie come quella di Franca Scaramellino, classe 1909, originaria di Vico Equense, figlia di un medico di provincia, che sposò Camillo Renzi, commissario di polizia nativo di Mugnano del Cardinale, responsabile della sicurezza del principe Umberto di Savoia e della moglie Maria Josè. Dopo l'armistizio, Renzi e consorte preferirono non seguire la famiglia reale in Svizzera perchè lui ritenne di dover restare in Italia, e divenne questore di Aosta. Là i contatti con la resistenza valdostana, il tradimento da parte dei colleghi, l'arresto e la deportazione a Dachau di entrambi i coniugi. Marito e moglie ben presto vennero separati: lui restò a Dachau, lei fu deportata nel lager femminile di Ravensbruck, ma riuscì a tornare a Napoli, portata dalla Croce Rossa, dove è morta nel 1991. Una donna che non ha mai voluto raccontare l'esperienza terrificante di quegli anni nemmeno ai suoi più stretti familiari, senza più risposarsi e pensando sempre al marito, di cui non è riuscita ad avere notizie certe fino alla sua morte. Notizie che sono arrivate solo nove anni più tardi, nel 2000, tramite ebrei valdostani che hanno scoperto che Camillo Renzi fu sparato a Dachau tra il febbraio e il marzo del 1945. A lui oggi sono intitolate strade, scuole e alla sua storia è stato anche dedicato un libro, "Camillo Renzi, commissario eroe". La moglie, Franca Scaramellino, riposa oggi nel cimitero di San Francesco pur essendo morta a Napoli, un ritorno alla terra natia perché legatissima soprattutto al borgo di Seiano. «Se Franca Scaramellino fosse morta oggi - concludono i consiglieri di In movimento per Vico - non sarebbe potuta tornare nella sua città perché il regolamento di polizia mortuaria approvato di recente non permette ai nativi vicani residenti altrove di poter essere sepolti nella loro terra d'origine».

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