Andrea Orlando |
Fonte: Adolfo Pappalardo da Il Mattino
Un nome che ritorna m campo nonostante il voto delle primarie. Una tentazione che, ciclicamente, torna a galla: il ministro della Giustizia Andrea Orlando per la corsa verso palazzo Santa Lucia. Al posto di Vincenzo De Luca a causa dello stop della legge Severino m cui potrebbe incorrere se dovesse vincere le elezioni. Ovvero non sedersi sulla poltrona da governatore anche se il diretto interessato giura che il Tar gli darà ragione. Comunque sia lo scenario continua a preoccupare il Nazareno e prende nuova linfa dopo le dimissioni del ministro Maurizio Lupi. «Due pesi e due misure», è l'accusa costante, m queste ore, dell'Ncd costretto a rinunciare ad un ministro e del centrodestra. Senza contare i mormorii di una parte del Pd. Perché Lupi è uscito di scena, con il pressing di Renzi, senza che però abbia avuto nemmeno un avviso di garanzia ma rimangono ai loro posti 5 sottosegretari (4 del Pd e uno dell' Ncd) con addosso un procedimento giudiziario (4 su 5 per i rimborsi facili quando sedevano in Regione). Senza contare il caso De Luca. Una sottile accusa di doppiopesismo (Lupi trattato peggio degli altri) contro il premier. Cose non sfuggite a Matteo Renzi che medita come non prestare il fianco alle accuse e dare un'immagine specchiata della squadra di governo dove i favoritismi non sono ammessi. Per questo nelle prossime ore potrebbe chiedere ai sottosegretari indagati di farsi da parte. Rinunciare al la loro poltrona nella squadra di governo ed evitare ricadute negative su tutta la squadra. E poi c'è il caso De Luca: condannato in primo grado per abuso d'ufficio proprio alla vigilia delle primarie. E, in più, con l' incubo di uno stop per la legge Severino.
E se chiedi ai sottosegretari di uscire di scena per un semplice avviso di garanzia come fai a non chiedere altrettanto ad un aspirante governatore condannato? Ed ecco l'ipotesi Andrea Orlando che landa, due sere fa, il giornalista Enrico Mentana nel corso della sua trasmissione a La7: «Tanto alla fine Renzi toglierà De Luca e candiderà Orlando in Campania», dice sicuro di sé. In studio l'ex ministro Nunzia De Girolamo che sorride sorniona. Anche perché nel caso si verifichi questo scenario una buona parte dell'Ncd (che non ha ancora stretto alcun accordo con il governatore uscente Stefano Caldoro) sarebbe pronta a scendere in campo per le Regionali con il Pd. Possibile uno scenario del genere? Palazzo Chigi e il Nazareno giudicano questo risiko come «suggestione» ma, attenzione, non smentiscono sdegnosamente. Anche perché in questo gioco di cambia caselle i diretti interessati non saranno sicuramente d'accordo. A cominciare dai sottosegretari, in particolare da Francesca Barracciu che, vince le primarie in Sardegna, ma fu costretta a farsi da parte per un avviso di garanzia per i rimborsi facili in consiglio regionale. Salvo poi essere ricompensata, due mesi dopo, con un incarico nel neonato governo Renzi (e difficilmente per la seconda volta farà un passo indietro). Senza contare l'ex sindaco Vincenzo De Luca sceso in campo nonostante il suo partito avesse bollato la sua candidatura come «inopportuna» dopo la condanna e la sua decadenza. Ma sia il sottosegretario Luca Lotti, sia il vice segretario nazionale Lorenzo Guerini nonostante il pressing vigoroso non riuscirono a convincerlo a farsi da parte. Ed è noto come è andata: nell'ultima settimana prima del voto del primo marzo De Luca ricompattai suoi sostenitori (nel frattempo in rotta verso altri nomi). E vince la partita contro Andrea Cozzolino. Difficile, anzi improbabile quindi che ora, con la vittoria conseguita in tasca, possa convincersi a rimanere fermo ai box. Impossibile fermarlo. Anche con il nome di Andrea Orlando a cui, tanto per capirci, Renzi non ha mai chiesto seriamente di lanciarsi per la sfida campana. Nel frattempo arriva una difesa per De Luca dal presidente del Pd Matteo Orfini. Uno, per intenderci, mai tenero (anzi) con l'ex sindaco. Ma ora dice: «La vicenda di De Luca è delicata ma ai campani è stato affidato il giudizio sulla sua candidabilità. E con il voto del primo marzo gli elettori hanno valutato che potesse andare avanti».
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