di Filomena Baratto*
Vico Equense - Se mi imbatto in un turista che discute per strada, in spiaggia, a ristorante, in un parcheggio…come mi comporto?
Da premettere che noi italiani abbiamo “in primis” la difficoltà della lingua. Siamo gli unici a credere che siano gli altri a dover conoscere la nostra e non accettiamo che sarebbe il caso di prendere lezioni di inglese, lingua riconosciuta come universale, a qualsiasi età. La lingua rappresenta il primo scoglio da superare, per cui, costume tutto italiano, facciamo capannello per vedere e constatare. Dopo dopo aver intuito, allora cominciamo a elaborare l’accaduto. Scatta in quel momento il nostro amor proprio e ci sentiamo, prima ancora di uomini con uguali diritti, patrioti, e crediamo di aver ragione per il semplice fatto che sono loro a trovarsi in terra straniera. Siamo capaci di mantenere “il punto” e ostinarci a perorare la causa per non dover passare per “fessi” e far capire che anche noi abbiamo le nostre ragioni.
In questi casi due sono gli atteggiamenti: o non vogliamo interferenze nelle nostre azioni o per converso, poichè il turista viene a portarci “soldi”, siamo capaci di accettare qualsiasi controversia pur di non offenderlo.
A volte basta la chiarezza nello spiegarsi e regole efficaci, valide per tutti, italiani e stranieri, senza preferenze, né tantomeno avere la pretesa di risolvere ogni caso in base al buon senso.
Se vado in un parcheggio e vigono regole per tutti, anche lo straniero dovrà rispettarle; se in spiaggia ci sono regole, nessuno potrà sottrarsi, così in un negozio o anche per strada. La “regola” forse è l’unica parola a cui siamo allergici, non vogliamo che essa sia uguale per tutti, ma il nostro, costume duro a morire, vuole sempre che si applichi “ad personam”. Ma quando abbiamo creato tanti casi ad personam, la regola non ha più motivo di esistere e allora ce ne dimentichiamo e cominciamo a risolvere le situazioni in base al nostro punto di vista.
Non passiamo sull’offesa, non accettiamo che facciano storie a casa nostra, così come possiamo, invece, tralasciare il tutto solo per non arrecare loro un brutto ricordo.
Imbattersi in un turista diventa a volte, un vero caso da ambasciata. In quel momento ci lasciamo prendere più dalle nostre emozioni che dalle risoluzioni che il caso chiede.
Basta esporre cartelli ben in evidenza con spiegazioni in tutte le lingue e con esempi ben chiari e incontrovertibili davanti ai quali, il turista o il paesano o l’amico, o l’alieno, debbano comportarsi allo stesso modo. Dobbiamo fare in modo che la regola sia chiara a tutti e che per tutti abbia lo stesso valore. E se poi il lavoro ci stressa, ci fa fare turni diabolici o scattano in noi ricordi personali, facciamo in modo di tenerli lontani dalle cause da perorare. Siamo un popolo passionale ma anche poco incline alla risoluzione. Ci prolunghiamo e ribattiamo e poi cerchiamo di “ apparare” come si suol dire, credendo che la nostra bravura sia quella di intermediare tra le parti. Come mediatori siamo anche bravi, ma la mediazione ha più un sapore politico, nelle situazioni di questo genere, solo la regola blocca ogni reazione fuori luogo e tiene a bada ogni eccesso.
E voi, cosa ne pensate?
Filomena Baratto* è nata a Vico Equense. È laureata in Lettere Moderne all’Università Federico II di Napoli e insegna nella Scuola Primaria da 29 anni. Sin da piccola ha manifestato una spiccata propensione per l’arte, a cominciare dalla pittura, talento a cui si aggiunge anche la musica con lo studio del pianoforte. A queste sue passioni unisce anche la scrittura. Inizia a pubblicare nel 2010 in seguito a un evento familiare che la scuote profondamente e che le dà la spinta a pubblicare la raccolta di liriche Ritorno nei prati di Avigliano, Alberti Editori. Segue poi, nel 2012, il romanzo Rosella edito da Sangel Edizioni e ancora la raccolta di racconti Sotto le stelle d’agosto, Graus Editore nel 2013.
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