di Filomena Baratto
Vico Equense - Parafrasando l’inizio dell’ottavo capitolo dei Promessi Sposi, prendo a spunto la domanda di Don Abbondio per cercare di approfondire un autore di grande spicco per la nostra Vico.
Dal 13 al 17 ottobre si terranno 5 giorni intensi di studi su Giovan Battista Della Porta tra Napoli e Vico Equense che ci obbligano a capire di più su questo personaggio del nostro panorama letterario e scientifico.
Chi di noi, entrando nelo storico Palazzo Comunale, a Vico Equense, non ha fatto caso a un busto che mi ricorda uno dei tanti del Bernini, il grande scultore del 600? Ebbene, si tratta del busto di Giovan Battista della Porta, filosofo, alchimista oltre che scienziato. Nacque a Vico Equense nel 1535 da una famiglia di Arola e, stando a quello che si dice delle origini dei cognomi, i “Della Porta” sono un cognome avente un primo ceppo proprio qui in Campania. Avrebbe attinenza con l’entrare, o un confine o un punto d’ingresso. Si pensa che la famiglia di appartenenza risalisse fino ad Annibale. Il padre fu al servizio dell’imperatore Carlo V che gli assicurò mezzi per dare al figlio un’istruzione di ottimo livello accerchiandolo di personalità e professori di grande prestigio. Il suo fu uno studio vivo, senza mai frequentare l’Università. Fu un intelletto curioso e di grande ingegno, precoce, a tal punto da scrivere la sua prima opera all’età di 15 anni. Grande fortuna fu quella di avere intorno una cerchia di intellettuali, scienziati e filosofi di grande rilievo con i quali si confrontava.
Sembra che questo nome Giovan Battista o Giovambattista come si voglia dire, abbia a che vedere con personalità di grande pensiero visto che erano ben tre a portarlo in questa stessa area geografica, con lui Giovan Battista Basile (1566) autore de:”Lo cunto de li cunti” e Giovambattista Vico, (1668) il grande filosofo.
Il nostro autore è stato uno dei maggiori pensatori del Rinascimento che si è distinto per ingegno, cultura e approfondimento, operando in più settori, tutti con un unico filo conduttore: la sua grande curiosità e osservazione che lo hanno indotto a studi fuori dal comune, il primo, per quei tempi, che si occupò di argomenti del genere. I suoi interessi spaziano dalla filosofia alla negromanzia, dalla magia alla scienza. E’ stato precursore di alcuni studi importanti come quelli della camera oscura (De refractione optices, del 1589) con cui spiana la strada alla scoperta del cannocchiale di Galileo Galilei, che risale al 2 agosto del 1609. Difatti polemizza con lo stesso Galilei a Padova, per aver egli scoperto il cannocchiale ma non saperne gestire l’uso corretto.
Ebbe contatti con molti autori del tempo come Tommaso Campanella, Paolo Sarpi, Giordano Bruno. Amava circondarsi di persone di rilievo con le quali tesseva conversazioni di grande interesse e da cui scaturivano poi le basi per i suoi scritti.
Come tutti gli autori di grande personalità, che abbracciano un vasto sapere, proprio per interessarsi a tanti rami, sono ritenuti talvolta come poco credibili e, facendo una rapida scorsa alle letterature, difficile è trovarlo sempre tra gli altri. Tra le opere di grande importanza ci fu “De humana physiognomonia” in 4 libri nel 1586 e pubblicato dall’editore Giuseppe Cacchi di Vico Equense. Un’opera sulla fisiognomica, dedicato al Cardinale Luigi D’ Este. Una seconda edizione fu edita nel 1599 dall’editore napoletano Traquinio Longo e fu di 6 libri.
Il primo libro è a carattere generale per quanto riguarda gli aspetti della fisiognomica. Il secondo libro è dedicato alla testa. Il terzo concerne gli occhi, studiandone il colore, il taglio, l’espressione, le occhiaie, le palpebre e le anomalie. Il quarto tratta dei capelli, il loro colore, i peli, l’incedere, la bellezza del volto. Il quinto mostra i diversi tipi umani. Il sesto parla dei difetti degli uomini e come questi possono cambiare a tal punto da diventare pregi. I libri divennero sei solo dopo ripetute revisioni, ma originariamente erano quattro.
La fisiognomica nasce per capire quali sono i meccanismi con cui il corpo si lega all’anima e, attraverso questo studio, si cerca di capirne i nessi, i cambiamenti che avvengono anche nel tempo e la relazione tra la propria fisionomia e l’indole. Uno studio completo che funge da base per tutti gli altri in questo senso. Prima di lui conoscevamo studi sulla fisiognomica fatti da Leonardo e Michelangelo che si basavano su trattati antichi come quelli di Aristotele. Successivamente gli stessi studi furono ripresi dallo svizzero J.K. Lavater. Di nuovo poi in Italia con Cesare Lombroso, fondatore dell’antropologia criminale, che formulò una teoria su come tratti fisiognomici avessero relazione con determinati crimini, teoria che si applicò alla criminologia forense.
Nel 1566 fu la volta de “L’arte del ricordare”, breve trattato dove si enfatizza l'importanza delle arti figurative nella costruzione del privato paesaggio mentale del praticante dell'arte della memoria, ma sottolinea anche la centralità delle emozioni legate ai ricordi, creando un sottile dialogo mentale tra memoria e immaginazione nel quale passato e futuro interagiscono sul palcoscenico interiore della mente.
In “De furtivis literarum”si occupa di crittografia, studi già avviati dall’Alberti, ma i suoi presentavano una maggiore semplicità per criptare uno scritto. Pertanto giunse davanti al Re Filippo II di Spagna ricevendo grandi onori. Nel 1560 fondò l’”Accademia dei Segreti” a cui accedevano tutti coloro che avessero riportato delle scoperte scientifiche. Dopo 20 anni di attività, incontri e discussioni sulle relative scoperte di ciascuno, l’Accademia fu chiusa a causa della pressione dell’Inquisizione.
La sua curiosità lo spinse a studi di magia che gli portò fama anche fuori dal nostro paese, ma sempre con grande accanimento dell’Inquisizione nei suoi confronti. Una mente scientifica, curiosa fino all’inverosimile, di intelligenza viva che lo pose al centro dei dibattiti culturali del suo tempo con grande riscontro sui suoi studi e incentivando anche quelli degli altri, come nel caso del cannocchiale di Galileo. Lo stesso Keplero attribuiva l’invenzione a Della Porta ma alla fine il nostro fu consapevole di aver facilitato solo la scoperta a Galileo. Fu autore di commedie e tragedie, un teatro che aveva come base i suoi interessi magici e scientifici nonché religiosi, tutto sotto la diretta supervisione dell’Inquisizione a cui Giovambattista doveva riferire prima di ogni pubblicazione e messa in scena. Una mente eclettica che si mosse in un periodo ricco di fermenti ma successivamente frenato dall’Inquisizione che rendeva difficile ogni manifestazione di pensiero. Un autore che Vico conosce per avergli dato l’origine e che dovremmo approfondire per capire l’indole di gente versatile e ingegnosa, geniale come quella di questo luogo. Conoscere la vita di chi ci ha preceduti non può fare altro che arricchire anche la nostra e con orgoglio. Mi piacerebbe che passando accanto al busto di Giovan Battista sapessimo di lui e riconoscessimo l’uomo. Un modo per dire che siamo fieri delle personalità che produce la nostra “felix Vico”, una sorta di giardino raccolto dove i frutti riescono meglio, per aria, sole, cibo e mente.
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