Fonte: Cosimo Rossi da Il Venerdì di Repubblica
Vorremmo fare il nostro lavoro, invece quest'inverno non sappiamo come faremo a affrontare il servizio neve dal momento che non abbiamo le risorse neanche per la revisione dei mezzi e per sostituire una batteria guasta», sospira Fabio Galeotti, cantoniere di lungo corso a Firenzuola, comune dell'Alto Mugello della neonata area metropolitana di Firenze. E «dal primo gennaio si rischia che vengano a mancare il 70 per cento dei servizi dei Centri per l'impiego, visto che su 100 addetti 54 sono precari col contratto m scadenza» aggiunge Alfonso Peruzzi dall'ufficio della centralissima via Cavour. Per non dire della sala operativa della Protezione civile, vanto di Firenze e della Toscana per la sua efficienza, ma che funziona «h 24 grazie a nove dipendenti di cui cinque precari» fa presente a nome di tutti Francesco Rossi. Perché la condizione di molti dei circa 50 mila ex dipendenti delle ex Province italiane non è solo quella di soprannumerari da trasferire presso altri enti, Regioni o Comuni che siano, ma anche quella di personale che non riesce più a erogare servizi essenziali a causa dei tagli imposti dalia spending review, come avverte la Corte dei conti nella recente relazione al parlamento sull'andamento della finanza territoriale. «La forbice tra risorse correnti e fabbisogno per l'esercizio delle funzioni fondamentali, allo stato delle cose, tende ad una profonda divaricazione, difficilmente sostenibile per l'intero comparto», scrivono infatti i magistrati contabili in merito agli effetti del riordino funzionale e istituzionale della riforma Delrio.
Già. Perché fin nel capoluogo della Toscana, fiore all'occhiello del renzismo e regione che in febbraio ha varato per prima la legge per il riordino delle Province - tanto da riscuotere persino gli elogi da Report -, si può tastare con mano il caos che la riforma sta generando nel personale come nei servizi delle ex Province. Abrogate di nome, ma non certo di fatto. E per fortuna, vien da rilevare dopo aver conosciuto il personale di palazzo Medici Riccardi. «Che fine abbiamo fatto noi dipendenti? Be', io la mattina mi sveglio e controllo i miei chilometri di fiume a piedi come ho sempre fatto: solo che non riesco più a tagliare l'erba e faccio un terzo dei servizi rispetto a prima» spiega Pino Aloi, che occupandosi di difesa del suolo è passato in carico alla Regione, cosi come in passato era alle dipendenze del ministero. La legge approvata dalla Toscana prevede infatti il trasferimento alla Regione le competenze e il personale relativi ad agricoltura, caccia e pesca, ambiente, formazione professionale. Questo in attuazione delle riforma Delrio dell'aprile 2014, che al momento è stata recepita con leggi ad hoc dalle 15 regioni a statuto ordinario. Ciò però non significa che tutto il resto dei servizi e dei dipendenti rimanga automaticamente in carico agli enti di area vasta e le aree metropolitano che prendono il posto delle province. In attuazione della riforma Deirio è infatti previsto che per assolvere alle nuove mansioni occorra il 50 per cento del personale delle vecchie Province (il 30 nel caso delle aree metropolitane). Per questo il ministro della Funzione pubblica Madia ha emanato decreti con apposite «tabelle di equiparazione» e scadenze per la mobilità: entro il 31 ottobre le aree vaste o metropolitane devono fornire i dati sui dipendenti in soprannumero e le Regioni dovrebbero aver definito le leggi con cui decidono funzioni e dipendenti da assorbire. Un valzer di funzioni e personale che si intreccia coi tentativi di tirare la coperta dei bilanci e lo scaricabarile tra gli enti locali. Regioni e Comuni, infatti, non vogliono prendersi in onere i bilanci decurtati delle ex Province: che, con poco più di 7 miliardi l'anno (la legge di stabilità ne ha sottratti uno), rappresentano 1º per cento della spesa pubblica (contro il 9 dei Comuni, il 19 delle Regione e il 71 dello Stato). Cosicché da una parte il sindaco e presidente dell'area metropolitana di Firenze ha portato la tassa sulla Rc auto dal 10,5 al 16 per cento e dall'altra mancano i soldi per la viabilità o per l'edilizia scolastica; mentre il Comune di Firenze rischia di «vampirizzare il bilancio» dell'area metropolitana. Nel mezzo resta il personale. «Qualche esempio? I dipendenti dei centro per l'impiego e la centrale della protezione civile» fa presente Marco Zatini, della Rsu. Per non dire della polizia provinciale. La Regione Toscana, infatti, si è subito presa in carico la formazione professionale con i pingui finanziamenti del fondo sociale europeo, lasciando nel guado il personale dei centri per l'impiego. «Ottomila persone per fare m Italia quello che m Germania fanno 104 mila addetti», sbotta Peruzzi snocciolando i dati del suo ufficio m via Cavour: nove operatori, 2 per le categorie protette e gli altri 7 per gestire dai 1.500 ai tremila utenti al mese. «Che significa dedicare 10 minuti a persona» continua Peruzzi, «per lo più per sbrigare certificati che servono per gli ammortizzatori sociali o i permessi di soggiorno». E «mettendo i timbri volutamente scoloriti», visto che le Province a norma non esistono più ma non ci sono i soldi per quelli nuovi, e c'è il rischio che qualcuno consideri non valida la documentazione. Nonostante ciò, «con due sole persone a occuparsene, riusciamo a avere un riscontro del 50 per cento tra domanda e offerta» spiega Rachele Piccardi, una delle precarie che mandano avanti il centro. «Cioè su dieci datori che offrono lavoro, cinque assumono tramite noi». Tanto è vero che la Regione dovrebbe prendersi il comparto e la situazione dei precari - tutti vincitori di concorso - essere prorogata ancora un anno. Ad alto rischio sono invece i precari che mandano avanti la sala operativa della protezione civile all'Olmatello: in funzione 24 ore su 24, dall'inizio dell'anno ha sbrigato 1.255 chiamate di pronto intervento per emergenze che vanno dall'allerta meteo, alla viabilità, agli animali selvatici e domestici. «E durante la tromba d'aria a Firenze del primo agosto eravamo i soli a affrontare l'emergenza» fa presente Rossi, che il contratto rischia di non vederlo rinnovato. Nelle more della riforma della Provincia, poi, ci sono servizi come quelli culturali e del turismo che dovrebbero andare in carico al Comune, ma ancora sono in un limbo. Domanda ad esempio Marta Gori: «Da chi e come sarà gestita la biblioteca Moreniana» con i sui 25 mila incartamenti, di cui 15 mila antichi, sulla storia della Regione? Posto che in Toscana tutti i circa 4.50( dipendenti delle Province - tolti quelli ch( sono andati in pensione grazie alla legge Fornero e altri incentivi - dovrebbero essere riassorbiti tra Regioni, Comuni e nuovi enti, tagli ai bilanci stanno erodendo la qualità de servizi che erogano e di conseguenza anche la loro utilità percepita, se non concreta. Tornando alla viabilità, che rimane competenza delle ex province per quasi 115 mila chilometri nel Paese, «adesso che arriva la nebbia cominceranno le lamentele per la segnaletici rifrangente» si rammarica Fabio. La vernice bianca infatti manca, per non dire dei costi di smaltimento. E appaltare ai privati, come nel - per altro costoso - caso del Chianti, è fuor discussione nel caso del Mugello, con le sue rischiose e onerose rigidità. Quindi: «Cosi deve pensare la gente? Mi rendo conto eh» quando si parla di pubblico impiego in Italia si pensi subito male» quasi si scusa Fabio «Ma invece ci sono tantissime persone chi vorrebbero fare il proprio lavoro».
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