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sabato 21 maggio 2016

Finalmente il Museo Asturi


di Filomena Baratto

Vico Equense - Mi è dispiaciuto molto ieri non poter partecipare all’inaugurazione del Museo Asturi, ma quanto prima dovrò passare davanti alle tele per avvicinarmi a quello che ho potuto conoscere, studiare e ammirare solo sulla carta. Un museo per il maestro di Vico è la cosa più raffinata e bella che si potesse fare, che si aggiunge a tutte le altre della città culturale per eccellenza quale Vico Equense. Ma non posso esimermi dall’esternare le mie emozioni davanti alle tele seppure in foto, vado in visibilio al solo pensiero del profumo di trementina, di olio di lino, di pittura fresca anche quando ho davanti un’immagine al posto del cavalletto. A guardare le tele alle pareti, nei loro colori che mi permetto di definire “asturiani”, inconfondibili, nelle forme più diverse, nei soggetti cari al maestro, nelle pennellate decise, si scopre un mondo di emozioni che andrebbero vissute più spesso. L’emozione prodotta dall’arte non solo è benefica, come un balsamo che cura, ma una volta che ci ha contaminato non ci abbandona più, molto più forte di qualsiasi droga. Opporre l’arte alla “bruttezza” della vita è l’unica cosa sana che si possa fare, più di ogni altra. A chi si chiede dell’utilità dell’arte, rispondo a far trovare dentro di sé la parte che non si confonde col resto, che può stare da sola, che aiuta, che nobilita. C’è in questi tratti una pittura viva, prodotta da una mente che sembra fare della realtà un unico sogno. Ogni tela, un pezzo di vita, fatto di segni, di simboli, di pensiero nella sua molteplice diversità lasciata sui fili di stoffa trasformata dal colore.
 
Riconosci il tratto denso, inimitabile, di un pensiero rapido e incisivo, pieno e corposo. Un Asturi lo riconosci come quando incontri una persona che, pur invecchiando, resta sempre uguale a se stessa, lui era lo stesso uomo in molteplici presentazioni. Non posso fare a meno di ammirare le sue barche, colorate, allineate, vicine come a stringersi, come se volessero toccarsi e avessero bisogno di sentire la presenza dell'altra, dell’esserci, anche se fatte di legno, di tela colorata, in attesa lì sulla sabbia, in silenzio, dove si vede la forza dosata dall’occhio che dirige il colore, l’intensità, la profondità, lo spessore, in un’armonia che diventa suono. Sabbia, mare e legno in un unico corpo che prende luce, come fosse un riso sincero, un accenno di felicità, quella stessa così difficile da acciuffare, te la vedi lì davanti in tutta la sua bellezza. Accanto scogli sbiaditi dal sole in un mare verde smeraldo, da cui emana un brivido che sa di ghiaccia beltà, ripresi con tenerezza mentre appena avuta la vita si mostrano superbi quando il pennello si carica di colore e lo stempera sulla tela. Al suo passaggio la luce e l’ombra li chiamano all’ordine, ed essi ridono di tanta generosità. Salta ancora quel porpora del torero che affonda e combatte un toro infuriato che ancora lo schiva ma al confronto sembra che le due forze si eguaglino e la corrida continua nella lotta per la vita e la morte. La stessa lotta nell’uomo trasportato dai vizi e dalle virtù in un incontro scontro con se stesso. Ma lo stesso toro infuria solitario in un altro dipinto, quasi baldanzoso, in un’uscita vincente mentre ostenta il trionfo in pubblico…e chissà, forse attende il prossimo passaggio per colpire con le corna il suo avversario, fatto di carne umana, ma della stessa anima che anche lui nasconde durante il combattimento. All’altra parete tele con momenti di vita, spaccati di un tempo frazionato ed eterno, momenti fatti di attimi e a volte interminabili, che raccontano le pene, le sofferenze, le fatiche, le stanchezze, la miseria di cui è costellata la vita. Asturi, cantore o aedo, cantastorie o burattinaio che muove i pennelli come i fili, che rappresenta la sua stessa vita, che ama e mette in scena con passione. L’arte è un mondo parallelo che non si potrebbe spiegare né raccontare se non con muta scena, dove il silenzio delle immagini lascia vedere oltre la tela. Un elogio al Sindaco Benedetto Migliaccio per aver avuto questa idea di portare a termine un progetto ambizioso quanto impensabile allo stesso tempo. Segno questo che la sua passione per l’arte ha superato ogni impedimento e segno ancora che le cose bisogna volerle e prima ancora pensarle. Ogni volta che queste tele ci parleranno di emozioni, ci sentiremo fortunati di appartenere a una terra di pittura, di arte, di bellezze, di passioni. Un grazie a tutti coloro che hanno profuso energie, tempo e dedizione perché tutto questo accadesse. Credo che anche un irriducibile insofferente all’arte, che di solito storce il naso, davanti a queste tele conoscerà meglio anche se stesso.

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