Romano Prodi |
Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino
Sorrento - «I governi europei dimostrano di saper soltanto litigare e guardare ai rispettivi interessi. Di questo passo, il rischio di cedere ai populismi e di scomparire davanti a giganti come Cina e Stati Uniti è sempre più concreto». Da Sorrento, dove ieri è stato ospite del dibattito sul dialogo interculturale organizzato dalla diocesi, l'ex presidente del Consiglio Romano Prodi lancia l'allarme sul futuro dell'Europa. Il ministro tedesco delle Finanze Schäueble ha dichiarato che i problemi politici ed economici dell'Eurozona possono essere risolti sulla base di accordi intergovernativi. Che cosa ne pensa? Siamo alla fine del ruolo stesso dell'Unione europea? «Credo che sia in atto un tentativo di marginalizzare la Commissione europea. Le parole di Schäueble sono chiare: "Se la Commissione non collabora, provvederemo noi a risolvere le questioni tra i governi". Questo equivale adire che sarà la Germania ad affrontare certi problemi col proprio metodo, cioè guardando i propri interessi. Si tratta di uno schema già visto qualche tempo fa, quando sono stati i tedeschi e non 1 ' Europa a gestire la crisi greca». La Germania punta a riconfermare la leadership all'interno del quadro politico europeo: sarà ancora così nell'immediato futuro?
«Un vero leader, per essere tale, deve rendersi conto delle esigenze altrui. È quel che successe dopo la seconda guerra mondiale, quando il presidente statunitense Truman lanciò il piano Marshall avendo compreso l'importanza di un' Europa forte al proprio fianco. Non mi sembra che la Germania abbia un atteggiamento simile». Intanto restano da affrontare le questioni legate all'uscita della Gran Bretagna dall'Europa. Lei ha detto che ci sono rischi seri per la tenuta dell'UE. «L'incertezza provocata dalla Brexit agita i mercati e, in questo bailamme, sono gli Stati finanziariamente più deboli a soffrire. Come l'Italia, ad esempio. Il tutto rischia di essere aggravato da due fattori. In primo luogo, le trattative perla definitiva uscita della Gran Bretagna si svolgeranno presumibilmente in concomitanza delle elezioni in Olanda, Francia e Germania: un momento non ideale, visto che in campagna elettorale i leader politici sono più deboli. Inoltre c'è il pericolo che, una volta concretizzata la Brexit, venga indetto un secondo referendum per il ritorno dei britannici nell'Unione europea, il che è francamente assurdo». Nigel Farage, uno dei promotori dell'uscita della Gran Bretagna dall'Unione europea, si è dimesso dal ruolo di leader del partito indipendentista del Regno Unito. Che significato ha questo gesto? «Il problema è che Farage resta parlamentare europeo. Ha promosso la Brexit, è riuscito nel suo intento e ora lascia l'Uldp ma non il Parlamento europeo. Per Populisti «Sono dietro l'angolo: o l'Unione recupera credibilità o il suo futuro è a rischio» logica e coerenza dovrebbe fare un ulteriore passo indietro e abbandonare il seggio». In questo contesto quale ruolo spetta al nostro Paese? «L' Italia deve imprimere una sterzata alla politica europea, ma non può farlo da sola. Deve dar vita a una forza che comprenda Francia e Spagna, tenendo conto delle esigenze di tutti i partner europei e della necessità di affrontare i problemi che affliggono le popolazioni della sponda sia settentrionale che meridionale del Mediterraneo». Se ciò non dovesse accadere, quali scenari si aprirebbero per l'Europa? «L'Unione deve riscoprire il senso della comunità. Il populismo è dietro l'angolo, ma può essere evitato con politiche che restituiscano fiducia nel futuro ai popoli risolvendo problemi come la disoccupazione, il precariato, l'insicurezza legata al terrorismo e all'incapacità di gestire i flussi migratori. Il secondo pericolo è quello di scomparire davanti a Cina e Stati Uniti che fanno del senso di appartenenza la propria forza. Gli attuali governanti non lo comprendono, ma se ne accorgeranno i nostri figli».
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