Fonte: Gimmo Cuomo da Il Corriere del Mezzogiorno
Fatto sta che il nuovo liquore fine pasto, ottenuto attraverso l'infusione in alcol puro delle foglie e delle cimette, trasudanti oli essenziali, della canapa indiana sta veramente spopolando alle pendici dei monti Lattari dove la coltivazione illegale della pianta è diffusa non meno dei pomodori e delle zucchine. Piace il fumoncello, che ha conquistato la ribalta grazie a un articolo de lì Fatto Quotidiano. Il segreto è non sbagliare il dosaggio, meglio ancora il rapporto tra alcol e sciroppo allo zucchero. Guai a esagerare con quest'ultimo: l'effetto digestivo andrebbe a farsi benedire. Piacque pure a chi scrive il fumoncello che lo provò in tempi non sospetti, cioè prima che la prescrizione gli garantisse l'impunità del racconto. Buono, anzi molto buono. Ma non più dell'alloro o del mirto, principi tra gli infusi. Pregio principale il profumo, intenso e penetrante, fine più del più pregiato tabacco "condito" col raro Latakia. Ebbene, ci si ritrova di fronte al solito bivio: vietarlo o sdoganarlo? Non posso dire se il principio attivo del tetracannabinolo si trasferisca, e in che quantità, nell'originale liquore. Posso solo dire su base empirica che gli effetti dell'assunzione di fumoncello rispetto a quelli di una canna sono completamente diversi. Basterà a tacitare le coscienze dei benpensanti? Difficile da valutare al momento. Meno clamore fecero l'utilizzo di foglie di coca per la produzione di un verde liquore digestivo e del soft drink per antonomasia.
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