Fonte: Tiziano Valle da Metropolis
Castellammare di Stabia - A Positano ci sono hotel a cinque stelle che non possono avere nemmeno l'autorizzazione a cambiare un pavimento. Sant’Antonio Abate ha gli stessi vincoli paesaggistici di Sorrento. Il rischio frane di costoni ad Agerola e Meta? La messa in sicurezza non si può fare perché l'attuale Put obbliga i Comuni ad assicurare la vegetazione spontanea, quindi le radici che nella maggior parte dei casi rappresentano la causa dei crolli. Poi c'è Castellammare di Stabia che Fulvio Bonavitacola, vicepresidente della Regione Campania, definisce come «la trincea emblematica, perché ha un paesaggio straordinario e la radice industriale più importante del Mezzogiorno (il riferimento è a Fincantieri), eppure è in difficoltà». Proprio nel Palazzetto del Mare a Castellammare di Stabia, ieri mattina, è andato in scena l'incontro promosso dal vicepresidente della commissione Bilancio della Regione Campania Alfonso Longobardi che ha dato il via all'ambizioso progetto di cambiare il Put del 1987, ancora vigente. Sindaci, assessori e tecnici di diversi Comuni, da Positano a Vico Equense, passando per Sant'Antonio Abate, Massa Lubrense, Agerola, Meta e Castellammare ovviamente, hanno lanciato un appello: «II Put va cambiato, i vincoli stanno bloccando lo sviluppo». Santa Maria la Carità è l'unica isola felice: «Esserei liberati del vincolo paesaggistico è stato fondamentale perché ha dato nuovo slancio all'edilizia e ci permette d'incassare somme importante per oneri d'urbanizzazione», ha spiegato il sindaco Giosuè D'Amora.
La Regione ha recepito l'appello dei primi cittadini «attraverso un lungo periodo d'ascolto sul territorio - dice il consigliere regionale - Ora dobbiamo avviare quella rivoluzione urbanistica che tutti i sindaci mi hanno chiesto. Qui vige ancora il Put del 1987, basato su cartografie di 40 anni fa. Siamo contro una nuova cementificazione del territorio ma a favore di regole precise che diano ai Comuni la possibilità di rispondere alle istanze dei cittadini». L'occasione è rappresentata dal Ppr (Piano Paesaggistico Regionale) al quale sta lavorando la Giunta De Luca. «Finora l'hanno approvato solo Toscana e Puglia ma il primo passo importante per la Campania è stato compiuto con l'accordo tra il Ministro Franceschini e il nostro Governatore - spiega Bonavitacola - La Regione si occuperà della redazione del piano, poi toccherà a una commissione formata da tecnici regionali e della Soprintendenza che già s'è insediata a settembre proporre eventuali modifiche». Il vicepresidente della Regione traccia anche la strada da seguire: «Divideremo la Campania in 14-15 ambiti omogenei e per ognuno di essi individueremo le regole, tenendo conto della tutela del paesaggio e delle necessità urbanistiche. Abbiamo scelto questa strada in modo da far approvare in Consiglio regionale anche un solo ambito per volta, appena abbiamo definito il piano - e aggiunge - Purtroppo la Campania in questo momento è come se fosse in clausura. Prima siamo stati libertini negli anni '50-'60-'70 permettendo scempi di ogni natura, poi ci siamo rinchiusi in regole assurde. L'importante è capire che ambiente e sviluppo non sono due pugili sul ring ma l'esatto contrario. Senza il rispetto dell'ambiente non c'è sviluppo e l'esempio lampante è quello del fiume Sarno per il quale probabilmente saremo costretti a finanziare nuovi interventi nel piano 20142020». Bonavitacola fissa anche alcuni obiettivi fondamentali: «Bisogna rimuovere subito la follia della zona 1A (nel territorio ricadente impedisce qualsiasi tipo d'intervento, anche il semplice cambio di un pavimento), ridisegnare le cartografie e sbloccare cambi di destinazione d'uso che si devono poter avere prescindere dal paesaggio: - spiega il vicepresidente regionale, chiarendo un punto - L'unico paletto dev'essere rappresentato dal passaggio da attività produttive ad abitazioni ma qui parliamo di urbanistica e l'ambiente ne c'entra nulla».
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