Penisola sorrentina |
Fonte: Ciriaco M. Viggiano da Il Mattino
Penisola sorrentina - L'obiettivo è tanto ambizioso quanto complesso: aggiornare e rimodulare quel Piano urbanistico territoriale che negli ultimi trent'anni ha difeso la penisola sorrentina e la costiera amalfitana dalle colate di cemento, finendo però per ingessare due territori dalle potenzialità enormi. Fatto sta che la modifica della legge 35 del 1987 è nell'agenda della Regione e al centro di un confronto tra Comuni e Soprintendenza che a breve valuteranno la possibilità di allentare quei vincoli, responsabili del blocco di migliaia di interventi edilizi tra le province di Napoli e Salerno. L'appuntamento è fissato per la settimana prossima nella biblioteca di Sant'Antonio Abate. In quell'occasione i sindaci proporranno ai vertici della Soprintendenza la stipula di un protocollo d'intesa che dovrebbe consentire, in tempi piuttosto rapidi, almeno la ripresa dei lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione dei fabbricati, ristrutturazione edilizia e adeguamento antisismico più il recupero abitativo dei sottotetti: interventi per i quali è spesso necessario il parere proprio della Soprintendenza e che, in alcuni casi, attendono da anni di essere autorizzati dagli uffici tecnici comunali. Al vertice prenderà parte anche Alfonso Longobardi, il consigliere regionale (eletto nella lista «De Luca presidente») promotore dell'emendamento al Documento di economia e finanza della Regione che impegna quest'ultima ad aggiornare il Put in vi sta del rilancio di determinate aree strategiche.
«Zone come monti Lattari, penisola sorrentina e Vesuviano necessitano di strumenti urbanistici conformi alle nuove esigenze, senza limiti obsoleti e non rispondenti alle potenzialità del territorio - spiega Longobardi - Certi parametri vanno superati, seppur nel rispetto del paesaggio e senza autorizzare scempi urbanistici». Le attuali previsioni del Put sembrano piuttosto restrittive. Basato su cartografie e rilievi risalenti alla fine degli anni Settanta, il piano proibisce nuove costruzioni, cambi di destinazione d'uso degli edifici abbandonati, recupero abitativo dei sottotetti, ristrutturazioni edilizie e adeguamenti antisismici in larga parte del territorio dei 34 Comuni cui fa riferimento. E anche la demolizione e ricostruzione dei fabbricati, pur ammesse dal Piano Casa adottato dalla Regione nel 2009, finiscono per essere vietate perché quest'ultimo non può derogare al Put. Il carattere conservativo della legge 35 è stato evidenziato in due dossier che i sindaci delle aree interessate hanno trasmesso alla Regione evidenziando alcuni casi limite. Un esempio?A Positano diversi edifici si trovano a cavallo tra la zona 1 A, in cui è vietato qualsiasi tipo di intervento edilizio, e la zona 2, nella quale sono invece ammessi determinati tipi lavori. In più, tra i monti Lattari e il Vesuviano non si contano i capannoni abbandonati per i quali è attualmente impossibile il recupero. Così come numerosi so no i lavori di ordinaria e straordinaria manutenzione dei fabbricati fermi tra Castellammare e la penisola sorrentina. «Rimodulando le zone l A sbloccheremo la situazione, il che è importante se si pensa che oggi sono vietati persino lavori urgenti come l'adeguamento antisismico - conclude Alfonso Longobardi - Ma qualsiasi modifica del Put dovrà avvenire a volumetria zero, cioè impedendo nuove colate di cemento». Le prossime tappe? Entro l'inizio del 2017 la Campania sarà suddivisa in aree territoriali ottimali. Dopodiché toccherà al Consiglio regionale discutere e approvare la modifica della legge 35 del 1987. Nel frattempo, ecco l'altolà degli ambientalisti. Secondo Claudio d'Esposito, presidente del Wwf Terre del Tirreno, è proprio grazie al Put che le due costiere non sono state soffocate dal cemento come è invece avvenuto per l'hinterland napoletano. «Basta soltanto ipotizzare l'allentamento dei vincoli per scatenare nuove ondate di abusivismo - attacca il leader ambientalista - Le previsioni del Put non sono restrittive e lo dimostrano le decine di lavori realizzati negli ultimi anni. n problema riguarda piuttosto il rispetto delle regole: l'urbanistica e l'edilizia fanno quotidianamente i conti con un sistema di illegalità diffusa, caratterizzato da opere costruite in difformità o in sanatoria e da controlli poco efficaci».
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