Zurigo |
Vico Equense - Ho visitato Zurigo per la seconda volta dopo tanti anni. La prima volta fu in primavera ed era tutto così idilliaco, dalle colline fiorite intorno alla città, ai giardini con tanti bei fiori. Ricordo ancora i tulipani della foto che mi ritraeva al lago. L’ho rivista nella morsa del freddo, a sette gradi sotto zero. Passeggiando per le strade il vento mi gelava, mi arrivavano folate di freddo a congelare il viso. Scendendo da Stallikon, una cittadina sulle colline intorno alla città, la prima cosa che mi ha colpito, sono stati i comignoli delle case con una lunga colonna di fumo, facendomi rammentare i tetti anneriti di Mary Poppins. Ogni casa ha il suo bel camino e le temperature interne sono di gran lunga superiori a quelle esterne che raggiungono molti gradi sotto zero, con sbalzi di oltre 20 gradi tra dentro e fuori. La seconda cosa che salta agli occhi sono i semafori. Ce n’è uno ogni 10 metri e il traffico scorre come le macchinine sulle piste dei bambini: regolato nei minimi particolari. Ancora mi hanno colpito i parcheggi: ingranaggi perfetti di entrate e uscite, con tanto di fila per entrare, alla cassa per pagare, dove nessuno batte ciglio e tutto procede in modo meccanico. Per strada abbiamo incontrato poche persone, e ci si chiedeva dove fossero tutti quelli che facevano la fila al parcheggio, se poi in strada non c’era anima viva. Sicuramente nessuno perde tempo fuori al freddo, sono tutti rintanati nei bar, rosticcerie e ristoranti a rifocillarsi.
Il clima richiede qualche bicchiere di liquore o birra per riscaldarsi. Sotto i portici, lungo il fiume, un bel ristorante all’aperto con una coperta per ogni sedia, se proprio ci si voleva ritemprare mangiando al freddo e all’umidità. La città è divisa in 12 quartieri ed ha una popolazione di circa 400 mila abitanti. La Svizzera non riconosce una sua religione, come afferma l’art. 15 della Costituzione, si professa sia quella cristiana che quella riformata. A passeggiare per la città ci si imbatte continuamente in folti gruppi di mormoni, appartenenti alla Chiesa di Gesù Cristo di Santi degli Ultimi Giorni. Li vedi passeggiare in gruppo con i loro cappotti neri, lunghi, cappelli neri alti e molto grandi, inconfondibili. La loro è una religione di ispirazione cristiana. Essi nacquero in America e nel 1830 John Smith, nello stato di New York, fondò la Chiesa mormone. Si sono diffusi in tutta Europa ma ultimamente la Svizzera, dal 2012, sembra accettare in modo limitato questi predicatori in quanto la loro attività è vista alla stessa stregua di un vero e proprio lavoro e pertanto soggetto a tasse. Attraversando la città il colore che prevale è il grigio, tranne le cupole e le guglie di chiese e monumenti. Il clima continentale, il freddo e la neve danno toni spenti alla città che comunque riesce piacevole per la grande organizzazione, disciplina e ordine. Ti accorgi subito di vivere in una città a misura d’uomo: il silenzio, i servizi tutti molto efficienti, lo scorrere tranquillo del traffico . Non a caso nel 2012 Zurigo è risultata la prima città al mondo per vivibilità. I parametri tenuti in conto sono stati innanzitutto lo stile di vita, i servizi, l’arte e i monumenti, la cultura, tutto diffuso su un territorio per niente grande, dove panorami e bellezze naturali donano spettacoli straordinari e dove l’uomo è al centro di ogni discorso. In città del genere ti rendi conto di quanto le nostre siano approssimative in tutto e arrancano per mantenere parametri appena sufficienti, dove regna il caos, il disordine ma soprattutto la poca o nessuna attenzione al cittadino. La vita a Zurigo è molto cara ma di conseguenza sono molto alti i compensi di ogni lavoratore, dal barista al medico. Ogni impiego è preso in alta considerazione e ciascuno svolge la propria attività sapendo di essere indispensabile. La città offre architetture, musei, monumenti e chiese molto interessanti. Notevole la Cattedrale di Zurigo dedicata ai patroni Santi Felix e Regula, due martiri cristiani che furono processati per essersi rifiutati di venerare gli dei romani. Secondo la leggenda, Carlo Magno, nel dare caccia a una cerva giunse in ginocchio sul sito in cui si trovavano le tombe dei santi. E avuto questo segno, l’imperatore costruì proprio lì la chiesa. Lo stesso Imperatore troneggia con una statua sulla torre sud della cattedrale. La statua è posta a sedere con una corona in testa e una spada in mano in segno di giustizia e guerra. Altro complesso architettonico del XIII secolo è il Fraumunster situato nel centro storico, costituito da una chiesa con adiacente monastero di benedettine in stile prevalentemente gotico. Nel chiostro si possono ammirare gli affreschi di Paul Bodmer che riprendono storie inerenti la fondazione del convento, nato nell’853 ad opera di Ludovico il Germanico. La torre settentrionale porta al centro tre finestre con vetrate, in stile gotico, dipinte da Marc Chagall. La città è attraversata dal Limmat, il fiume che poi si versa nel lago di Zurigo. Tutto intorno, lungo il fiume, un’atmosfera malinconica. Affacciandosi dai ponti, che congiungono le varie parti della città, si possono vedere, quando la nebbia lo concede, le barche lungo gli argini, coperte, come uno stuolo di legno in procinto di essere sciolto e di andare libero per l’acqua. Ho visto dei cigni stupendi scivolare sull’acqua del fiume richiamati dall’attenzione dei turisti e muoversi con tutta l’eleganza di cui sono capaci: un tripudio di bellezza. Il silenzio di cui gode la città è veramente impagabile: non un suono di clacson, né irruenza di motori che vanno a tutto gas. Tutto avanza lentamente, sincronizzato e con tatto. E’ una città apparentemente disabitata ma piena di vita, grigia ma ricca di luoghi piacevoli, uggiosa ma dove i sorrisi catturano l’attenzione. Per un momento ho creduto di trovarmi in un luogo alieno, insolito, distante mille miglia da noi. La freddezza degli svizzeri è solo apparente, disciplinati in ogni situazione, riescono a rendere meccanico ogni processo in cui si imbattono. Ma se proprio devo dire qualcosa che non va è per la scuola. Una scuola nido prende circa duemila franchi al mese, per offrire ai bambini pomodori e cetrioli fuori stagione, fagioli per giocare in gruppo, ninne nanne sotto la neve sebbene con la cappottina antifreddo. Un metodo educativo alquanto empirico sebbene in strutture molto moderne. Eppure la Svizzera è stata la patria di pedagogisti famosi, solo per citarne alcuni: Jean Piaget, Robert Dottrens, E. Claparede, G.H.Pestalozzi, J.J. Rousseau. Forse la mia sarà stata solo un’impressione, ma certo è che hanno dei pregiudizi verso le mamme italiane, ritenute in tutto il mondo le più chiocce che ci siano. Qualche insegnante ha precisato che le mamme italiane sono troppo ansiose e devono tranquillizzarsi, ma a questo punto credo che anche le mamme svizzere siano fin troppo tranquille se i bambini vanno a scuola da soli, a cominciare da quelli dell’Infanzia, o giocano all’aperto senza controllo. E pensare che da noi una classe non viene mai lasciata incustodita, lì lasciarli da soli è un fatto normale. Su questo argomento disapprovo molte cose, ma forse il tutto è ricollegabile al fatto che la scuola si fondi sull’educazione oltre che all’istruzione e la crescita personale di ciascuno passa anche per la conquista della completa autonomia a cominciare dalla tenera età. Questo è l’unico aspetto che mi ha lasciato qualche perplessità e se togliamo anche il disagio del tempo uggioso, Zurigo è una città completa…se non fosse per il mio sole, il mio mare, la mia terra, i colori, le idee, la creatività, la passione che mettiamo nelle cose dalle nostre parti. Viaggiare serve a confrontarsi e ad imparare. Oltre ad allargare la visuale, amplia la nostra capacità di riflessione. Quando ho attraversato in treno il San Gottardo, come per incanto, mi sono sentita a casa mia. La terra in cui si nasce finisce per essere la nostra mamma. Mi sovvengono i versi del Berchet :”Dove che venga l’esule/ sempre ha la patria in cor”.
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