Gennaro Esposito |
Fonte: Gimmo Cuomo da Il Corriere del Mezzogiorno
Vico Equense - Domani inizia a Vico Equense la quindicesima edizione di Festa a Vico, la più importante manifestazione del food in Campania. Gennaro Esposito, fondatore con Vittoria Aiello, e chef de La Torre del Saracino di Marina di Aequa, è l'indiscusso patron della tre giorni animata da centinaia di suoi colleghi e migliaia di enoturisti. Esposito ricorda dove si svolse la prima edizione della Festa a Vico? «Quella che definiamo la numero zero si svolse tra Puolo e Massa Lubrense nonostante la pioggia che ebbe quasi una funzione battesimale». Quale edizione ricorda con maggiore piacere? «La prima non si dimentica mai. Ma l'edizione che mi è rimasta nel cuore è stata quella del Gioco delle Mani amiche che sancì il legame tra chef e artigiani anche in Italia». Quanto è cambiata la sua cucina in questi quindici anni e che direzione ha preso? «Abbiamo alle spalle i quindici anni i più importanti della cucina italiana. I cambiamenti sono stati tantissimi e repentini. È avvenuta una rivoluzione copernicana». Quest'anno la cena di beneficenza sarà ospitata da Gigino Pizza a Metro, con la direzione artistica di Enzo Miccio. Che piatto presenterà? «La seppia scottata col ragù del suo nero e salsa del suo fegato». Lei è tra gli chef più mediatici. Anche giudice a Junior MasterChef. A furia di parlare tanto di cibo sui giornali e in tv non si rischia l'indigestione? «Il mercato si basa su domanda e offerta. In questo momento la curiosità intorno al food è tanta. E, di conseguenza, i media si stanno adeguando. Nella contemporaneità è corretto cavalcare questa voglia di conoscenza. Il cibo coinvolge tanti aspetti: nutrizionale, salutistico, il gusto, le abitudini, l'estetica, il design e finanche il diritto d'autore, l'ultima frontiera». A proposito ha mai copiato un piatto? «Talvolta mi sono ispirato alle creazioni di alcuni colleghi. Per chi fa questo lavoro seriamente è mortificante copiare tout court un piatto».
Gli incassi degli eventi saranno come sempre completamente devoluti in beneficienza. Qualcuno sostiene però che la somma raccolta un anno fa quasi 200 mila euro — dovrebbe essere reinvestita a Vico. Cosa risponde? «Così come Vico abbraccia gli chef di tuttitalia, dobbiamo fare in modo che anche i benefici della Festa vengano spalmati in un ambito territoriale più vasto». Osservando il panorama della ristorazione meridionale si ha l'impressione che la Campania abbia un po' frenato mentre Sicilia e Puglia siano molto più dinamiche. Condivide? «Negli ultimi anni la Campania ha raggiunto traguardi impensabili. Ora effettivamente Sicilia e Puglia sono dinamiche dal punto di vista dell'ospitalità in generale. Di conseguenza chi fa qualità la estende anche alla ristorazione». Le iscrizioni agli istituti alberghieri si moltiplicano a ritmo esponenziale. Ci sarà occupazione per tanti aspiranti chef? «Quando ho frequentato io la scuola alberghiera, eravamo in 29 in classe, ora solo in 3 siamo chef. Non so se i rapporti sono cambiati. Certamente fare lo chef oggi ti offre un diverso status sociale. Mia madre all'epoca avrebbe voluto che studiassi da ragioniere». Un giovane diplomato all'alberghiero vorrebbe fare uno stage da lei. Dovrebbe farsi raccomandare o cos'altro? «Gli consiglierei di partire dal basso, di accumulare esperienze in una ristorazione più tradizionale. Occorre salire gli scalini uno per volta». Quanto cambierebbe la sua vita se arrivasse quella terza stella Michelin che manca al Sud dall'epoca d'oro del Don Alfonso? «È un riconoscimento che stiamo cercando da tempo e negli ultimi anni in maniera convinta e consapevole. Quando si parla di stelle Michelin ci si pone di fronte a un progetto culturale, umano e personale. Oggi sento di avere una maturità diversa rispetto a questo traguardo, un'azienda strutturata, con personale di altissimo livello, un grande cantina gestita da un grande sommelier e una pasticceria in linea con lo stile e il livello della cucina. Mi auguro di essere pronto per questa enorme responsabilità».
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