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domenica 4 giugno 2017

Il bullismo

di Filomena Baratto

Vico Equense - Il bullismo è un comportamento sociale reprensibile di ragazzi che adottano un atteggiamento vessatorio e violento perpetrato ai danni di quelli più deboli e incapaci di difendersi. Essi fanno uso di forza e di violenza, da quella fisica a quella psicologica nei confronti delle vittime designate. Il fenomeno si va allargando anche ai media e il cyberbullismo ha il suo acme proprio ai nostri giorni. Basta un messaggio, una foto, un rimprovero, una frase cattiva per far crollare la vittima in uno stato d’ansia. Ai gesti possono seguire le parole e poi i fatti, fino a quando il bullo ottiene quello che vuole: rendere inerme la vittima fino ad annientarla. Ragazzini che per certi versi emulano gli adulti per mettersi alla prova. Atteggiamenti che nascono da bisogni repressi e mutati in qualcos’altro e che li portano ad esercitare un potere che ancora non conoscono ma di cui già subiscono il fascino. Piccoli soprusi, marachelle, vendette, aspri contrasti, dispetti, gelosie, invidie, una vasta gamma di sentimenti diventa una miscela pronta a esplodere, producendo veri e propri conflitti esistenziali. Si attuano tra i ragazzi le stesse dinamiche che tra adulti. La loro vita si sviluppa parallelamente alla nostra, ma siamo sempre pronti a credere che in loro sia diversa e innocua e pertanto portati a chiudere un occhio. Scusiamo le loro marachelle come se fossero atteggiamenti dovuti alla crescita. Altre volte per credere che siano segni di maturità, di saperci fare con gli altri, di non farsi mettere i piedi in testa.
 
Ogni atteggiamento oltre il normale nasconde qualche situazione che si presenta sotto forma di violenza. Sono atteggiamenti estremi in risposta a situazioni di cui non si è preso atto. Spesso sono ragazzi che sprigionano una forza fisica da non ricollegare a un carattere esuberante ma più a un sintomo di disagio. Nell’esuberanza facciamo rientrare una serie di atteggiamenti che vanno dal facile scontrarsi con gli amici, all’aggressione fisica per un nonnulla, a offendere con le parole, a non discernere il gioco dalla realtà, a farsi giustizia da soli, a volerla sempre vinta su ogni cosa, a essere onnipresente nel gruppo e impicciarsi dei fatti di tutti, a sottomettere quegli amici che per carattere si aggregano. D’altra parte gli esempi che apprendono sono questi sia in tv che nel mondo che li circonda. La tv fornisce modelli di eroi che fanno uso di armi, dove la forza è un elemento predominante. Il bambino come il ragazzo deve imparare a relazionarsi con gli altri e questo avviene prima in famiglia e poi a scuola. Due agenzie oggi in crisi. La scuola per essere al centro di un fermento in cui cerca una nuova fisionomia, la famiglia per essere più disintegrata di prima. Ed è proprio l’instaurarsi di una relazione non sana che crea la base per diventare un teppistello con i compagni. Il bullismo si può presentare come un disagio interiore che si trasforma in una reazione esagerata, un disadattamento familiare, scolastico e ambientale a cui si risponde con forza, ma può essere anche un’eccessiva considerazione di sé per le troppe attenzioni ricevute. I bulli provengono da famiglie disagiate dove non esiste alcun modello di riferimento ma anche da famiglie benestanti dove il modello è fin troppo presente. Per questi ultimi le indicazioni da seguire sono a gettito continuo disorientandoli e allontanandoli da quelli che sono i desideri della famiglia e forse, per contrariarli, scelgono la strada opposta. Il fenomeno è sicuramente il riflesso di una società che non distingue più ciò che è bene e ciò che è male, ma giustifica sempre e comunque. E’ la risposta a un mondo adulto distratto, che delega, che si assenta e non conosce la vita dei ragazzi da vicino. I Romani affermavano che i giovani sono dei pericoli, incapaci di trovare una strada senza l’aiuto degli adulti. Sono tanti despoti che agiscono sganciati da tutto il resto e che si sentono adulti mettendo in atto cose da grandi. Conosco alunni i cui atteggiamenti di bulli non erano altro che mancanza di attenzione. Colpa anche di separazioni e divorzi che dividono la famiglia privandola della capacità di fornire affetto e protezione, alla base di una crescita sana. Nella baraonda sociale in cui viviamo, i deboli sono proprio loro, i ragazzi. La gioventù va sorretta e corretta. Bisogna infonderle fiducia e all’occorrenza dire di no in modo autorevole. Molto spesso i ragazzi vanno allo sbaraglio e si crede ancora oggi, come un tempo, che i figli crescano come piante nel terreno. Seppure fosse vero, nel terreno serve un sostegno, come il legno alla vite, che senza appoggio cresce male. Il proliferare di questo fenomeno è la risposta a una società genitoriale che poco ha sostenuto, che si è vista allungare le aspettative di vita e crea stagioni nuove alla sua esistenza. La distrazione procura i suoi effetti e questi sono i disastri che invece vogliamo giustificare affermando che la tecnologia ha fatto i suoi danni. Bambini alle prese con il telefonino per calmare le ansie dei papà e delle madri più che per un reale bisogno. Dare il telefonino al bambino per seguirlo con map nel percorso dello scuolabus è veramente deleterio! Fornirli di tablet mentre ancora non percepiscono il pericolo di questo strumento, volerli rendere tecnologici mentre ancora non hanno assimilato la buona educazione e la conoscenza di se stessi, è da incoscienti. I ragazzi sono lo specchio della società e se abbiamo creato una realtà che ci sfugge di mano come una tecnologia che fa più di quello che le chiediamo, poi assistiamo a ciò che non pensavamo potesse succedere. Prima regola è conoscere la vita dei figli, le amicizie, le abitudini, le passioni. Partecipare ed essere presenti in tutto ciò che svolgono è essenziale per conquistarsi il loro affetto e dare loro forza con autorevolezza. Le regole vanno somministrate con gli esempi e non con aforismi lanciati qua e là. Nella prima infanzia così come nell’ adolescenza e nella gioventù la presenza attiva della famiglia è fondamentale. Spesso si crede che arrivati al diciottesimo anno di età i giovani abbiano la chiave per risolvere tutto da soli. E’ solo un’illusione! Educare all’indipendenza è un processo lento e lungo e solo quando se n’è provata la capacità li si può lasciare a se stessi. Ma nel momento in cui il disagio è stato creato, bisogna intervenire senza giustificare, né passarci su. Affrontare le difficoltà gradualmente e con competenza. Un ragazzo dal comportamento reprensibile va trattato per quello che ha fatto e mai giustificato, altrimenti è un tacito consenso a lasciarlo perseverare. Molto spesso il bullismo è quel mostro creato dall’aver chiuso un occhio o tutti e due credendo che il benessere potesse, da solo, arginare mancanze di altro genere. Ragazzi senza vero affetto ma con loro surrogati, risponderanno per quello che hanno ricevuto. La tecnologia renderà ancora più freddo questo mondo che ha bisogno di una memoria viva, mentre invece ci preoccupiamo di ampliare quella delle nostre scatole portatili.

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