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lunedì 14 agosto 2017

Le api

di Filomena Baratto

Vico Equense - Se dovessi rappresentare Vico in cartolina, dopo aver posto il mare, metterei sulle colline un alveare, da cui escono sciami di api in mezzo ai fiori, come corone che avvolgono le alture. Un preludio per sentirne il ronzio che, con le cantilene delle cicale, riempiono le nostre estati, mentre giù il mare, brillerebbe sotto i riflessi dei raggi. Le api, sì, le api, così guardando la cartolina si saprà che i luoghi qui sono anche salubri. Il posto delle api sarebbe verso Trina del Monte e poi più su, verso Santa Maria del Castello, in mezzo a un verde prato con mille fiori. Era proprio dalle parti di Avigliano che ricordo con piacere l’alveare di Don Alberto e Don Emanuele. Era situato nello spazio antistante le stalle, sotto i rovi, salendo dalla strada, in un cortile dove c’era la fila delle casette, una dopo l’altra. I due fratelli arrivavano di buon mattino o nel pomeriggio inoltrato, a volte anche sotto il sole, con cappelli a larghe tese, muniti di reti per proteggersi, come i medici degli appestati incontrati durante la peste di Milano nei Promessi Sposi. Quando si avvicinavano alle cassette col loro incedere lento e preciso, io mi tenevo a debita distanza, sapendo che di lì a poco le api si sparpagliavano per la zona, creando un ronzio infernale. Ogni volta ricevevo il mio bel pezzo di cellette tratto dalle arnie, che mangiavo con tanto gusto. E dopo non c’era di meglio da fare che correre per i campi a digerire tanta bontà. Il miele, un prodotto genuino, ricco di sostanze preziose, sempre più difficile da trovare.
 
Quello di acacia è fenomenale, ma anche di castagno, o millefiori. Le api non potrebbero vivere in un posto più spettacolare di questo, un vero regno di fiori e piante varie, un verde ricco e medicamentoso. Salendo su per Faito e guardando i lati desolati della montagna appena bruciati dai criminali, ho pensato alla fine delle api. Dove voleranno ora che i prati sono stati arsi perdendo la dispensa dei fiori? Eppure Einstein ci ha raccomandato tanto di mantenerle in vita, affermando che, là dove vivono le api, c’è aria pura e vita buona. Il futuro della terra ce lo garantiscono le api e dovremmo tenere alla loro cura. Ma i criminali bruciano il manto verde non immaginando i danni cui andiamo incontro, figuriamoci se tengano conto delle api, di questi piccoli insetti ai loro occhi insignificanti. L’ignoranza e la cattiveria uccidono ogni cosa, due nemici della nostra vita. Dovrebbero sapere che il miele contiene una sostanza preziosa, alcalina, che inibisce le reazioni che possono dare vita al cancro. Sulla vita delle api ci sono pagine bellissime di letteratura forniteci da Virgilio nelle sue Georgiche, dove il IV libro tratta delle api e della loro coltura. Pagine importanti e vitali per ogni agricoltore: Seguitando, del miele aereo il dono celestiale descriverò./ Considera, o Mecenate, anche questa parte. […]/ All'inizio una sede per le api e un quartiere bisogna cercare dove i venti non abbiano accesso (perché i venti impediscono/il trasporto del cibo nella casa), e le pecore e i capretti ruzzanti/ non calpestino i fiori, o vagando una giovenca per il campo/ non scuota la rugiada dai rami e non calpesti l'erba nascente. Che ne sanno i criminali delle api, e qual è il nesso tra le api e la nostra sopravvivenza? E se perdessimo le api un po’ per volta, senza rendercene conto, lasceremmo i nostri figli vivere senza la loro bellezza che equivarrebbe a non vivere. Le api sono vita, laboriose regine e operaie che dei nostri prati. Ma quello che forse non si sa è che le api non sono importanti solo per il miele, esse rappresentano un anello importante del nostro ecosistema permettendo l’impollinazione dei fiori. Di conseguenza, se venissero a mancare, perderemmo gran parte delle specie di piante cui siamo abituati. Quelle zone di montagna che, con tanto accanimento hanno reso terra bruciata, sarà terra tolta alla vegetazione e alle fioriture. La presenza di api è segno di vita, la sua mancanza è sintomo di sofferenza dell’ecosistema. Secondo Einstein se le api scomparissero, non avremmo che quattro anni di vita dopo la loro estinzione e poi il nulla. Ultimamente gli incendi stanno spezzando molte catene del nostro ecosistema, ma non sono gli unici responsabili. Tra gli altri gli Ogm che impediscono il perfetto passaggio di consegne tra gli insetti e le piante così come le onde elettromagneti che interferiscono sui loro percorsi con segnali che disturbano e bloccano le impollinazioni. Le api avvertono i cambiamenti, anche quelli impercettibili per noi e cambiano rotte. Sono insetti che non si vedono e non si sentono e di loro non abbiamo consapevolezza ma la loro presenza è sinonimo di benessere. L’Europa tutta sta perdendo le sue api e se continuiamo a mostrarci incuranti del loro futuro, non avremo futuro. Non voglio credere che la perdita delle api sia un disastro annunciato a tavolino per tenere sotto controllo la produzione alimentare mondiale. Tra poco mangeremo pillole e saremo privati dei profumi e dei sapori come del gusto che ci permettono di scegliere quello che ci aggrada. Ci sono località dove si fa uso di api robot per non smettere la catena, una sorta di piccoli esserini ingegnosi per mantenere vivo il lavoro delle api anche là dove, per qualche motivo sopraggiunto, la catena si spezza. Che ben vengano gli alveari e l’apicoltura! Tra l’altro osservare le api permette di capire al meglio il lavoro di squadra. Da loro si apprende molto, la loro laboriosità è infinita.

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