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lunedì 2 ottobre 2017

Nonni

di Filomena Baratto

Vico Equense - Il luogo per conoscere i nonni e vederli all’opera è davanti alla scuola. A volte mi incanto a guardarli mentre i ragazzi sono in fila, qualche volta anche dalla finestra prima di scendere, li osservo mentre attendono pazienti il suono della campana. I nonni sono quelli più ansiosi, ma anche i più moderni, quelli che sorridono, che prendono per mano i piccoli come fossero i figli. Qualche giorno fa notavo un nonno veramente sprint: casco in mano, tenuta sportiva, arrivato in moto poco distante dalla scuola e appena il nipote lo raggiunse, montarono in sella e via. C’è una nonna che mi sembra Deborah Kerr, con le sue scarpe da ballerina, le gonne ampie o attillate, secondo la “mise” scelta per la giornata, alla moda, capelli rossi sempre in piega, senza un filo di trucco, con un viso disteso e pelle luminosa. Afferra lo zaino della nipote, la prende per mano e la mette in macchina dove sale dopo aver sistemato tutto. Ha l’aria di essere la mamma. Oggi i nonni non sono più quelli che fumavano la pipa e sferruzzavano le calze. Oggi sono al passo coi tempi, sanno regolarsi con la tecnologia, sanno digitare e whatsappare, scrivere a computer e sono preparati, informati, a dieta, vanno in palestra, vanno a ballare, e sono nel pieno delle loro attività. In famiglia hanno un ruolo fondamentale. I nonni di oggi sono più attenti anche alla loro vita oltre a quella dei figli e dei nipoti. La loro esperienza è necessaria, sono depositari di ricordi e storie che abbracciano tutti, rappresentano le colonne portanti di casa. Un’altra nonna la conosco da tantissimi anni, ha sempre lo sguardo pensieroso, attende con le braccia conserte. Piccola, con gli occhiali, sempre attiva. Una volta, alla vista del nipote che piangeva, se lo abbracciò come se non si vedessero da tanto e lo accarezzava.
 
A guardare quella scena, quanto fosse affettuosa, mi ricordai di mia nonna Aita. Una volta col borotalco, sul suo lettone, mi infarinò così tanto che non ci vedevo più. Le mie ciglia erano diventate bianche e lei mi soffiava mentre piangevo per il timore di non riuscire più a vedere. Disperata riempì subito una bagnarola d’acqua, mi ci calò dentro e io, felice di sguazzare in una palla di bagnoschiuma, dimenticai del borotalco. Lei era sempre mia complice, mi accontentava, mi serviva di tutto punto, mi coccolava, mi risollevava, mi ascoltava. Con lei mangiavo tutto, non mi stancavo, cantavamo e parlavamo come due amiche. Mi considerava un’adulta, mi faceva discorsi da grande e io imparavo a ragionare. Arrivammo al punto di non voler andare più a casa dei miei e quando una volta mia madre si oppose e volle che tornassi a casa, ricordo che stetti male. Riuscimmo, in quel caso, a trovare uno stratagemma. Così passando sotto la finestra mi fischiava, io mi affacciavo per assicurarmi che fosse lei e scendevo le scale a quattro raggiungendola in strada. Con la mia mano nella sua, ci avviavamo per la nostra passeggiata quotidiana. A mamma non dicevo nulla, facendole prendere brutti spaventi. Poi un giorno le presi e loro due litigarono. Allora io la aspettavo vicino alla finestra guardandola arrivare e piangendo le dicevo che non potevo scendere. Lei allora si avvicinava e mi invitava a scendere lo stesso che avrebbe riferito a mia madre. Io scivolavo giù a testa bassa e temendo il peggio, ma senza arrendermi. Poi appena sulla strada il mio viso cambiava, diventava allegro e spensierato. Le sue mani grosse mi accudivano con fare dolce e affettuoso. La osservavo a volte quando faceva mangiare il vitello col biberon, trattandolo alla stessa stregua di un bambino. In quella scena capivo il suo amore per me. La osservavo come si rivolgeva al piccolo della mucca, come lo accarezzava mentre succhiava. In quel gesto riconoscevo le stesse cose che faceva con me. Mi piaceva uscire con lei perché tornavamo a casa piene di ogni genere: alimentari, oggetti per la casa, qualche abito per me e ci ritiravamo sempre allegre: lei fischiava e io cantavo. Il suo gesto che ricordo con più affetto è quando mi pettinava. Sentivo il piccolo pettine scorrere sui miei capelli setosi dividendo la fila a lato, buttando le ciocche nel verso giusto. Quando aveva finito, mi passava la mano sulla fronte facendomi sentire il caldo che emanava, facendo scorrere all’indietro i capelli. Mi trattava con rispetto anche se ero una bambina, mi ascoltava ma la cosa più importante che aveva mia nonna era quella di capirmi. Era come se mi leggesse dentro e, mentre mamma era l’apprensione e la possessività in persona, lei era distaccata, leggera, come lo può essere un’amica, una governante. I nonni hanno una marcia in più con i nipoti: sanno di aver dato ai loro figli il meglio e si godono il premio del loro lavoro. Rivivono quel tempo che quando lo hanno vissuto per i figli, era pieno di ansie. Ora si sentono liberi, ci sono mamma e papà a educarli e a occuparsene, mentre a loro spetta solo il dono di averli, e li riempiono di coccole che magari non hanno potuto con i figli. Riempiono i nipoti di gesti e attenzioni di cui si sono privati con i figli, sono il perpetuarsi di quel tempo che diventa eterno nel suo ripetersi. Ma spesso rientrano di nuovo nel ruolo di genitori. I nipoti hanno invece una ricchezza in più, godono dell’esperienza e della saggezza dei nonni, hanno quattro angeli custodi ad ogni passo, quando sono fortunati, e più importante ancora è il loro confronto generazionale. Questo passaggio di consegne da figli a nipoti e da nipoti a nonni, non fa che allargare l’albero della vita estendendolo dalle radici ai rami. I nonni sono un occhio vigile, un consiglio, un sorriso e un’allegria sempre pronta. Talvolta sono migliori di quando erano genitori. E proprio quando hanno imparato la lezione trovano per loro un nuovo ruolo, più intimo, raccolto e tenero. E’ come se la radice riuscisse ad abbracciare il frutto, e quando lo fa, prova un senso di pienezza e tanta apprensione per sapere che ora tocca al frutto mettere radici di nuovo. I nonni sono i testimoni che la vita non passa invano e che quando va via lascia delle orme così profonde che diventeranno passi nuovi per chi resta. Una nonna di cui sono rimasta sbigottita, l’ho visto l’altro giorno a un matrimonio, si chiama Rosetta. La ricordo quando era ancora nel pieno delle sue forze, battagliera, energica. Ora si è accorciata, rasenta gli ottanta e veste con tailleur e camicie vaporose. Venuta sola al matrimonio, la abbiamo persa di vista, tra le palme e la piscina del giardino. Lei si è aggregata a dei giovani lì accanto, integrandosi perfettamente. Quando le ho detto che non si era persa d’animo, lei mi ha risposto “Basta seguire i giovani e stai sempre bene. Sono loro la mia forza. I miei nipoti di Parma mi vogliono lì con loro perché dicono che con me possono parlare di tutto, sono informata e so ascoltare, mentre i genitori sono quasi sempre assenti. Ma io so che lo dicono anche per la mia cucina. Quando vado, mangiano bene e sono allegri!” Nonna Rosetta vive da sola in uno stabile pieno di condomini e in una casa grande come se ci fossero 10 persone. Lei conosce i tempi e i ritmi del suo fisico e della sua psiche. Non va a letto mai prima di mezzanotte, altrimenti non dorme, non resta mai da sola a lungo, si annoia, e quando accade esce sul pianerottolo scoperto del condominio e bussa alla porta accanto. Ci sono bambini e giovani in quella casa e lei si intrufola dentro e resta con loro per ore. Dice che si diverte. Si mantiene in forma per quando raggiunge i suoi nipoti che la adorano. Per me è una nonna geniale, sa adottare strategie per ogni situazione, sempre col sorriso. E non crediate che sia stupida, conosce tutto quello che c’è da sapere sulla sua età, sull’alimentazione, sulla solitudine, sui ladri, su come tenere l’oro in casa, su come difendersi, su cosa mangiare per ogni tipo di malanno, come conservare gli alimenti e come trasformare le cose, dal cibo all’abbigliamento. Un pozzo di scienza che sprizza da quegli occhi azzurri come il mare che quando la guardi vuoi tuffartici dentro. Quando a sera se n’è dovuta andare mentre la festa continuava, un po’ rammaricata per la canzone che suonavano e che le piaceva tanto, mi ha detto: “Vado via per il passaggio, ma resterei volentieri. Adesso a casa ho registrato un film che mi piace. Spero non mi faccia piangere, voglio evitare. Il sorriso è quello che ci fa star bene!”. Quando è andata via è stato l’argomento della serata fino alle due di notte, orario di ritorno a casa.

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