di Filomena Baratto
Vico Equense - Natale in casa Cupiello è una commedia di Eduardo De Filippo del 1931, originariamente in unico atto, che fa parte della tradizione napoletana così come il presepe, il babà e la pizza. E’ la commedia più famosa di E. De Filippo, conosciuta come la commedia natalizia per antonomasia. Se ne conoscono intere strofe, dialoghi, tic e battute dei personaggi, atmosfera, argomenti: ‘o scialle di Concetta, o’ zuppone di Tommasino, le rumorose ciabatte di Concetta… Una commedia che presenta uno spaccato di vita quotidiana della bassa borghesia alle prese con i fermenti del Natale e dove sono inserite le difficoltà della convivenza di famiglia. Essa talvolta nasconde tensioni che sottendono problemi mai affrontati, dando per scontato che gli eventi vadano avanti da soli anche se mancano le soluzioni. La storia è quella di Luca Cupiello, capofamiglia, con la passione del presepe. Tra i protagonisti la moglie Concetta, succube del marito, che si presta al gioco dei figli per mascherare le loro debolezze e malefatte; i figli Tommasino, infantile e pronto a tutto pur di fare soldi, e la figlia Ninuccia, donna sposata e infelice, innamorata di Vittorio Elia; e ancora Pasquale, fratello scapolo di Luca, che vive in casa con loro usufruendo di vitto e alloggio nonché della servitù di Concetta. La commedia svela la solitudine dell’uomo anche in mezzo agli altri. Il protagonista vive nel suo mondo, non conosce la vita dei figli, così come si trascina in un rapporto con Concetta consolidato dagli anni e dall’assuefazione, pur manifestando una devozione nei suoi confronti. I rapporti all’interno della famiglia sono tesi e talvolta impossibili. Al suo interno si sprigiona spesso un’aggressività e un pessimismo che inibisce qualsiasi dialogo.
La visione di vita di Luca è ideale e non reale. Aspetto non secondario è quello di relegare la moglie all’educazione dei figli, come se ai padri non spettasse l’eguale ruolo. La madre, sostenendo da sola la famiglia e lasciando al marito il ruolo di supervisore, sarà responsabile di ovvi disastri e omertose coperture dei figli. La mamma è vista come l’affidataria e l’educatrice della prole. Il padre, intanto, esige allo stesso tempo il loro rispetto, una pura formalità se poi non ne conosce il mondo. Questi esempi genitoriali sono in voga ancora oggi. Uno spaccato familiare dove la vita non è solo lo scorrere dell’affettività tra i suoi componenti, ma spesso il luogo dei soprusi, dei tradimenti, delle bugie, delle sopportazioni, delle paure e anche delle omissioni. Ovviamente in una famiglia di bassa borghesia tutto è più palese, mentre salendo nella scala sociale, emergono sfumature e situazioni diverse. Il presepe qui è la metafora della creatività dell’uomo che si costruisce un mondo tutto suo avulso dalla realtà, in collisione con la vita di tutti i giorni. Gli eventi si affollano, i problemi esigono soluzioni, forza e ritmo non bastano ad andare avanti. L’immaginazione costa poco e crea un piano irreale che ammortizza le difficoltà della vita, quasi a trasfigurarle. Luca Cupiello rappresenta l’arte, la tradizione, ma anche l’assenza, la poca visione di una vita pratica. Concetta, sua moglie, così, trova anche per lei la soluzione di non vita, eludendo il marito nei fatti importanti della famiglia e in tutto quello che concerne i figli. Un po’ l’atteggiamento di quello che accade nelle famiglie odierne, serbatoi di fatti non risolti, tensioni e malumori. Il presepe dà a Luca la forza, la bellezza della vita, quella stessa che cerca di sfuggire, quando poi ce l’ha di fronte. Chi vuole conoscerlo o avere con lui un dialogo, deve rapportarsi col presepe, deve amare la stessa cosa che lui ama. La famiglia, altro che luogo perfetto e amorevole, risulta essere un covo di forze contrastanti dove si lotta continuamente. Nella famiglia Cupiello si riscontra l’amore come vincolo che tutto giustifica, il benessere come unico valore di felicità, i figli, persone sempre in crescita e mai autonomi, la famiglia intesa più come luogo fisico per collocarsi e usufruire di benefici, e non di incontro con i suoi componenti. Tematiche valide ancora oggi. E finalmente alla fine della commedia, Tommaso, il “Ninnillo” di casa Cupiello, afferma che il gli piace il presepe, ha capito che per il padre quest’affermazione è sinonimo di affetto. Il presepe come strumento di interrelazione familiare quando gli altri canali sono impossibili da percorrere. Il successo di questa commedia è nella intensa relazione che si instaura con lo spettatore che diventa protagonista egli stesso. Si sente in scena, per una vita che è la sua, la nostra, di tutti noi. Il teatro di Eduardo è vita e la scena si confonde con la realtà, dando la possibilità di rapportarsi con essa come in uno specchio.
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