Fonte: Gaetano Cappelli da Il Corriere della Sera
Dioddio, quanto odio le elezioni! Ma c’è stato un tempo in cui le aspettavo con ansia. Era sempre maggio o giugno allora, e dalla finestre aperte, insieme all’eco gracchiante degli altoparlanti sulle Seicento familiari, entrava l’aria dei primi giorni d’estate, quelli in cui passava il Giro d’Italia e le scuole stavano per chiudere; e spesso avrebbero chiuso prima, proprio causa elezioni. O ancora dopo, quando da universitario fuorisede scendevo al Meridione per votare, e il rituale prevedeva una levataccia il giorno dopo. Si andava a prelevare papà, presidente di seggio in uno dei paesi sperduti della Basilicata. Io e mio fratello ce ne stavamo su un prato ad aspettarlo sfatti e, in tutto quell’azzurro, lo vedevamo apparire, lui pimpante dopo una nottata di lavoro: ma aveva pur fatto la guerra! Ci guardava schifato e ci intimava: «Il prossimo anno tutt’e due a fare gli scrutatori!». Anche se poi mi ha sempre evitato quella prova. Sapeva che tra spoglio e conteggi sarei impazzito come impazzisco adesso; e per molto meno. L’ansia inizia a salirmi già qualche giorno prima: temo l’attimo in cui mia moglie mi urlerà: «Gaetanooo hai controllato la tessera elettorale?». Sì lossò, lossò, non sarebbe poi così difficile tenerla sempre nello stesso cassetto. Ogni volta, invece… ma dov’è finita la stramaledetta? E capita a tanti, eh. Provate a digitare su Google: «Ho perso la». E se come primo risultato, e davanti a «ho perso la testa», «la pazienza», addirittura «la verginità», appare «la tessera elettorale», un motivo deve pur esserci. Non si tratterà dell’estremo alibi per contravvenire al precetto dei nostri padri, che oggi, per come vanno le cose, proprio non ci sentiamo più di seguire? Eh, ma poi la trovo. Sempre la trovo.
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