di Filomena Baratto
Vico Equense - La festa della pizza poteva farsi solo qui, luogo stregato dal gusto del cibo genuino e dalla passione per la cucina. Tre giorni per assaggiare e provare i tanti gusti che i pizzaioli offrono. Un momento per celebrare il sapore con tante pizzerie all’opera, una più rinomata dell’altra, dove scegliere è un dilemma. Un’abbuffata di piacere non stop, tra buongustai ed esperti.
Un cibo cult che ha fatto la storia di Napoli e dell’Italia, e ancora oggi, all’Estero cercano di carpirne il successo e volerne imitare la bontà. La pizza è inimitabile, ci devi nascere dentro, la devi seguire, rincorrere, sperimentare, curare. Non è la storia di quattro ingredienti messi insieme per dire che hai cucinato qualcosa. Le farine non sono più le stesse di una volta, oggi vanno quelle a basso contenuto glicemico, integrali, per celiaci e diabetici. La pizza mette tutti d’accordo, è questo il successo. Oltre al tipo di farina più adatto, onde evitare che diventi un ammasso colloso, indigesto e pesante, anche il pomodoro non è da meno. Serve quello piccolo, succoso, privo d’acqua, e poi mozzarella di giornata e non riciclata, olio extravergine d’oliva e basilico. E’ un pasto gradevole e ricco, ma deve avere ingredienti di prima qualità. Come spieghi a un americano che il suo succo di pomodoro non potrà mai avere la fragranza di un pomodorino nostrano o che il basilico degli orti napoletani non potrà avere lo stesso profumo di quelli affacciati sull’Atlantico e Pacifico?
E la mozzarella sarà così buona come quella dei nostri caseifici? E il forno? Come accende il forno un inglese che si spaccia per pizzaiolo? Ci vuole legno vivo, scoppiettante, acceso per tempo e pronto per quando si inforna. Saranno gli ingredienti a fare la pizza ma anche l’esperienza e la tradizione, il tramandare gesti e ricette, segreti e scoperte. E l’acqua, non dimentichiamo l’acqua! Se la pasta è troppo dura o molle, troppo cotta o cruda, a focaccia o gommosa rovinerà i palati. E se fioccano le pizzerie e i pizzaioli, non significa che qui si pensi solo a mangiare. E’ tutta colpa dell’arte che alligna da queste parti e quella della cucina è la principale, che prende tutti i nostri sensi. In cucina si ama. Sì, le pentole, gli odori, gli ingredienti. Gli occhi si caricano di colori, le orecchie di suoni e rumori, il palato si sazia guardando o assaggiando. E quale amore spiegare a chi vive tra pentole e farine tutti i giorni. Manca solo che i pizzaioli diventino tanti latin lover anche fuori dalle cucine. Un pizzaiolo è amore puro con il “vangelo” secondo pizza. Matilde Serao ne parla nel Ventre di Napoli così come Goethe nel suo Viaggio in Italia:
«Sulle soglie delle case, grandi padelle erano poste su focolari improvvisati. Un garzone lavorava la pasta, un altro la manipolava e ne faceva ciambelle che gettava nell’olio fumante. Un terzo, vicino alla padella, ritraeva con un piccolo spiedo le ciambelle man mano ch’eran cotte e con un altro spiedo le passava a un quarto che le offriva agli astanti. (…) Vendono a tutto spiano, e sono migliaia quelli che se ne vanno portandosi il necessario per il pranzo o per la cena avvolto in un brandello di carta.»
E dalla pizzeria di Michele a Napoli, che sfornò la pasta più soffice e ben lavorata alla regina Margherita e che da lei prese il nome, ormai il nostro cibo più famoso, Julia Roberts, nel film Mangia, prega, ama, immortala l’amore universale per la pizza addentando un’invitante fetta di Margherita. La Roberts afferma che la pizza è un “imperativo morale”, mentre l’amica, che siede al tavolo di fronte a lei, teme di mettere a repentaglio la sua circonferenza vita e si tiene lontana dalla sua fetta. La pizza mette d’accordo anche i nutrizionisti, ma se questi si permettessero di bandirla dalle diete, verrebbe meno anche la voglia di dimagrire. E Chissà perché i Polacchi si astennero, nel 2009, dal votare a favore della pizza per riconoscerla specialità garantita dall’Unione. Troppo famosa per non subire critiche e invidie. Noi continuiamo a mangiarla e ad essere fortunati per poter gustare un cibo così genuino e semplice. Ormai la pizza ha una tradizione e una memoria indiscutibile e non possiamo fare altro che mantenerne alto il nome. La festa a Vico è solo un assaggio della bontà di un alimento che ha fatto storia portando nel mondo la nostra tradizione.
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