Chiesa della Santissima Annunziata |
Vico Equense - Domenica 20 maggio 2018, con la partecipazione di Don Mario Cafiero, vicario episcopale, del parroco Don Ciro Esposito e del Sindaco Andrea Buonocore, oltre che di un folto pubblico è stata inaugurata la mostra degli arredi dell’antica cattedrale della SS. Annunziata in Vico Equense (dal titolo: Memorie di una cattedrale/Memorie di una città), allestita nell’amplia cripta “recuperata” dopo un discusso restauro terminato il 26 agosto 1995). Già sin dal 1974, ma specialmente dopo il terremoto del 1980, l’ex-cattedrale fu sottoposta ad un lungo e radicale restauro non di tipo conservativo, ma molto innovativo, proteso alla ricerca delle originarie strutture gotiche, che in realtà erano già ampiamente visibili, specialmente nell’abside pentagonale e nelle finestre ogivali. Il progetto, redatto dagli architetti Ezio De Felice e Gennaro Matacena, fu ampiamente contestato dagli studiosi e dalla stampa, purtroppo fu smontato (e quindi distrutto) un prezioso altare settecentesco abbellito dal vescovo Carlo Cosenza (1732-1743) per non parlare di altri lavori. Prima di descrivere singolarmente le uniche testimonianze artistiche scampate a distruzioni, abbandoni, furti e sottrazioni, occorre delineare brevemente le vicende secolari (quasi 700 anni) di questa cattedrale, che in una pubblicazione (del 2002) ho definito un suggestivo esempio di architettura gotica nella Penisola Sorrentina. In tal modo i fedeli ed i turisti italiani e stranieri, percorrendo la parte superiore ed inferiore (la cripta) della ex-cattedrale, potranno effettuare una visita più attenta e meno superficiale delle varie testimonianze artistiche scampate alle insidie dei tempi e all’incuria degli uomini.
Già la sua felice posizione su un’alta rupe calcarea a picco sul golfo di Napoli, rivolta verso la marina di Equa, Seiano e la Penisola Sorrentina, l’ha resa nota in Italia ed all’estero e rinomati pittori di varie nazionalità e di tutte le epoche (Scedrin, Achenbach, Asturi, Bavenni, Coignet, Gigante, Hackert, Marlow, Palm, Pitloo, Ruskin,…) l’hanno dipinta con vari stili. Ormai la cattedrale è diventata il logo più prestigioso per la città di Vico Equense, mettendo quasi in disparte lo stemma comunale con le tre torri. Venne edificato questo tempio in piena età angioina, al tempo di re Roberto il Saggio, tra il 1320 ed il 1330 dal vescovo Giovanni Cimino (1316-1343), che trasferì la sede dalla marina di Equa a Vico, e fu dedicato alla Santissima Annunziata (nell’abside campeggia la bella tela dell’Annunciazione (1733) del giovane pittore stabiese Giuseppe Bonito). Molto slanciata, come tutte le chiese napoletane dell’epoca angioina, la chiesa ha un impianto basilicale con tre navate, divise in origine da colonne in tufo, inglobate successivamente in grossi pilastri. Il lungo e discusso restauro della fine del 1900 ha messo in maggiore risalto l’impianto gotico originario dell’abside pentagonale, profilata da esili costoloni, un tempo completamente affrescata, come lo erano le pareti della chiesa. Di tali affreschi restano alcuni frammenti provenienti dall’abside, distaccati e attualmente collocati in una cappella, raffiguranti la Crocifissione e Santi, opere di maestri tardo-trecenteschi. Un Crocifisso ligneo (del XIV sec.) è stato ora collocato su un pilastro alla sinistra dell’altare maggiore. La navata centrale era ricoperta da capriate lignee (nascoste successivamente da un lungo telone affrescato), riproposte dal recente restauro, che ha messo in vista la parte culminante delle lunghe monofore sul lato destro della chiesa (ben visibili anche dall’esterno). Sul lato sinistro, fin dalla metà del Trecento, vennero costruite delle cappelle, più volte rifatte nei secoli successivi. Importanti lavori vennero effettuati dal vescovo Paolo Regio(1583-1607), un insigne letterato e agiografo, che fece costruire un coro ligneo nell’abside, il campanile quadrato dal coronamento merlato e la sua tomba con un bel profilo in marmo (nell’attuale cappella dedicata a S.Anna). Nella seconda metà del 1600, ai due lati del presbiterio, fu fatto costruire dal vescovo Giovanni Battista Repucci (1657-1688) un secondo coro con sedici stalli. I due cori furono eliminati durante il restauro e ne rimangono solo alcune parti, visibili ora nel sottostante Museo. Dopo il terremoto del 1688 la cattedrale era in pessime condizioni tanto che non si poteva neppure celebrare la messa, per cui il vescovo Francesco Verde (1688-1700) dovette ripararla dalle fondamenta; altri lavori furono effettuati dal vescovo Carlo Cosenza (1732-1743), il quale cercò di abbellirla secondo il gusto dell’epoca, celando le capriate del soffitto con una incannucciata ricoperta da una lunga tela del Maffei, raffigurante l’Assunzione della Vergine. Inoltre fece dipingere alcune cappelle, rifece il pavimento in maioliche multicolori e rivestì di marmo l’altare maggiore, costato oltre 300 ducati e ora non più esistente. Nella sacrestia, che conserva in parte l’impianto trecentesco, il vescovo Paolino Pace (1773-1792) fece dipingere da Francesco Palumbo le immagini dei precedenti vescovi (da Bartolomeo a Paolino Pace); l’ultimo vescovo sarà Michele Natale, che aderì prontamente alla Repubblica Napoletana e fu impiccato in Piazza Mercato a Napoli il 20 agosto 1799. L’imponente cattedrale di Vico Equense dopo tanti secoli (circa 700 anni) continua ad essere officiata nelle festività domenicali e liturgiche e ad essere prescelta come luogo di conferenze e di concerti, ma soprattutto viene preferita per la celebrazione di matrimoni da parte di sposi provenienti da vari paesi d’Italia ed anche dall’estero. Il luogo è solenne ed altamente suggestivo e suscita interesse, curiosità ed emozione per le numerose testimonianze artistiche, sopravvissute all’edacità del tempo, all’incuria degli uomini, ai deplorevoli furti ed a recenti saccheggi. Oltre alle testimonianze già ricordate, il tempio conserva le tombe di soli tre vescovi: Giovanni Cimino (1316-1343) nella navata destra, Giovan Battista Repucci (1657-1688) nella navata sinistra e Paolo Regio (1583-1607) nella cappella di S.Anna. Inoltre nella navata destra una lapide latina ricorda il giurista napoletano Gaetano Filangieri (1752-1788), morto a Vico Equense ed autore di una famosa opera, la “Scienza della legislazione”, diffusa in tutta l’Europa e nota anche a Benjamin Franklin (1706-1790), scrittore, politico e scienziato statunitense, che nel 1776 partecipò alla stesura della Dichiarazione d’indipendenza. Al di sopra della lapide è stato sistemato un importante trittico (cm 260 x 230), un olio su tavola di un ignoto pittore napoletano della fine del XV secolo: nella lunetta è raffigurata la Trinità con angeli; al centro la Madonna del Carmine, a destra il francescano San Giacomo della Marca (1389-1479) e a sinistra San Giovanni Battista. La predella raffigura Cristo con i dodici apostoli. Nella parte posteriore della facciata del tempio sono state collocate due lapidi: quella di destra ricorda la riapertura al culto della cattedrale (1995) dopo un lungo restauro; alla parete sinistra vi è la lapide tombale dell’orefice Gismundus de Flore (1494). Nella cappella della Madonna del Rosario sono presenti due tele del pittore Armando De Stefano: Cristo alla colonna e Visita di Maria a S.Elisabetta. Prima di lasciare il tempio occorre prestare attenzione alla statua policroma di S.Anna e della sua figlia , collocata al di sopra dell’altare e composta di vari pezzi di legno di tiglio, attribuita allo scultore Giacomo Colombo (1663-1731) , e soprattutto il frammento di pluteo romanico (nella navata destra, sotto il sepolcro del vescovo Cimino), degno di essere segnalato, come opera di eccezionale interesse e di storia: un bassorilievo marmoreo raffigurante un cavallo alato, secondo lo stesso gusto formale delle sculture romaniche del museo Correale di Sorrento, e certamente, al pari di esse, proveniente da quelle stesse botteghe di lapicidi della Penisola che, tra il IX e l’XI secolo, produssero una plastica riecheggiante motivi di stoffe orientali ed effetti chiaroscurali da rame sbalzato. In seguito al recente restauro molte testimonianze artistiche sono state collocate nel Museo, inaugurato nel maggio scorso nella cripta della cattedrale (di cui parleremo in un prossimo articolo).
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