di Filomena Baratto
Vico Equense - I viaggi in Occidente per il nostro bel mare furono inaugurati dagli Argonauti, leggendaria storia di Giasone e i suoi compagni alla ricerca del Vello d’oro, prima ancora che Omero desse vita ai suoi eroi. Furono portati dalla mitica Argò “la veloce”, costruita per andare alla ricerca dell’aurea pelle di ariete. Solida e veloce come un uccello guidava i mortali per cammini impossibili. Fu costruita con i pini del monte Pelio e pezzi di querce sacre a Dodona. Giasone toccò le coste del Mediterraneo giungendo davanti alla Libia dove la nave si incagliò. Allora fu portata sulle spalle attraverso il deserto fino al lago Tritonis. Il dio Tritone spinse di nuovo in mare Argo che fece così ritorno a Creta. Giasone, antesignano dei viaggi nel nostro mare, alla ricerca del Vello per poter guidare con Pelia il regno di Iolco, è un eroe diverso da Ulisse che pone il suo viaggio come percorso di formazione. Il Mediterraneo è come un utero in cui si sviluppa la storia dell’Occidente. Ma una nuova epoca viene inaugurata da Cristoforo Colombo nel 1492, quando con tre caravelle sfidò l’Oceano e segnando l’inizio della storia moderna. Giasone va alla ricerca di un Vello per poter regnare, Colombo apre a nuovi viaggi che alimentano la sete dell’oro, divenuto il nuovo pegno dell’epoca moderna. La storia continua e ancora oggi il Mediterraneo è l’utero di nuove gestazioni, e non si va alla ricerca di terre nuove, né di velli, né di scoperte. Il mare è diventato come la rupe Tarpea da cui cadono vite inghiottite dal mare, nutrimento per i pesci. Le navi non sono più veloci come la rapida Argo e con l’urgenza di ritornare a casa. Queste sono lente, con eroi stanchi e privi di sogni se non quello di salvare la pelle al posto di recuperare un vello.
Gli eroi di oggi nel Mediterraneo scappano dalle loro terre attanagliate dalla guerra e dalla povertà, dalle malattie e dalla paura. Sono guerre diverse che non combattono un pericolo ma contro i deboli, facili prede soprattutto quando abitano luoghi vergini da poter colonizzare e sottomettere. E come eroi di un tempo, i deboli di oggi vanno alla ricerca del sogno perduto, correndo verso quel mare che tutto vede e sa e non può fare altro che trasportare le paure, gli affanni, le promesse, di uomini che, in un estremo tentativo, cercano di salvarsi. L’acqua diventa la culla e non più una via da percorrere. E mentre il mare culla e assopisce, altri defraudano i loro sogni. Giasone condivideva con altri eroi il viaggio, un ’impresa d’onore, oggi il viaggio è una scommessa, un tentativo che ha la sua forza nel “tutto è perduto”. E non c’è dio che sollevi gli eroi verso l’impresa. Prima sono stati privati della libertà, poi la guerra e le malattie, e solo quando stanno per perdere anche la vita si danno alla fuga. Tanti sacrifici, tante difficoltà che si abbracciano quando non resta che la speranza. Il Mediterraneo come il Mar Rosso, un passaggio obbligato per chi cerca la terra promessa. Ma forse siamo giunti in un’epoca in cui oltre al mare anche le terre vanno condivise, e la nuova conquista è una mentalità diversa per le nuove convivenze. La nave diventa il simbolo del sogno perduto, e dove mancano sogni la vita non ha senso. Sogni infranti che si leggono negli occhi rassegnati, sogni che cadono dai gommoni, che pendono dalle politiche colonialistiche, dalle conquiste di terre ancora vergini che solleticano la voglia di dominarle per ricavarne nuovi ori, adesso come nei miti, una febbre mai passata. Questa volta Giunone non ha a cuore la nave di Giasone: «E se non che Giunone, cui molto a cuore Giasone stava, di sua mano la spinse» (Odissea XII, 96-97), non ci sono viaggi di formazione come per Ulisse, né di scoperte geografiche. Giasone pecca di superbia nell’oltrepassare il limite e nell’essere responsabile della follia di Medea, in un’eterna lotta tra furor e ordo. Così anche oggi la nave rappresenta un limite varcato, quello di voler ristabilire un ordine attraverso uno scompiglio. Non c’è più nulla da scoprire, se non l’animo umano, una terra forse irriconoscibile, che andrebbe non solo conquistata ma anche bonificata. E’ lì che si annidano odi e brame mai sopite. La nave sfida il mare ancora una volta, E non ci sono venti, né divinità capaci di fermare i viaggi dei nuovi eroi. Il mare non ha voce, si lascia attraversare, un ponte tra vittime e carnefici. Argo è vecchia e stanca e non ha più voglia di navigare, oggi ha bisogno di approdare in porti sicuri, del mare ha visto ogni cosa.
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