di Filomena Baratto
Vico Equense - Macron in visita dal Papa ha rimesso in moto immagini di storia e un antico rapporto Italia Francia che, sebbene fondato su buoni propositi di vicinato, è sempre stato un po’ teso e guardingo. La Francia, come d’altra parte l’Inghilterra e la Germania, hanno sempre avuto mire espansionistiche nel Mediterraneo. A tale proposito ricordiamo la strenua lotta che i Siciliani attuarono contro gli Angioini nella Guerra del Vespro del 1282 sfociata nel Trattato di Avignone nel 1372 dopo anni di lotte. E come non ricordare la discesa napoleonica in Italia nel 1796, quando l’Imperatore fece del suolo italico merce di scambio e cedette all’Austria la Repubblica Cisalpina e Cispadana, col Trattato di Campoformio nel 1797. I Francesi conquistatori e liberatori. L’eredità napoleonica fu una profonda trasformazione giuridica, economica e sociale dando impulso a quella codificazione con cui fu riorganizzato il sistema giudiziario abolendo la feudalità. Ancora oggi i nostri vicini hanno mire espansionistiche mai abbandonate concretizzatesi in una politica colonialistica, interesse a cui si sono dedicati anche gli Italiani. La questione migranti oggi non è che l’appendice di antiche mire e nuovi assetti politici internazionali. I migranti sono le nuove pedine dello scacchiere geopolitico ed economico che hanno cambiato la fisionomia del Continente africano. Prima del 1990 nei paesi africani si combatteva all’interno degli Stati, dopo, le guerre si sono moltiplicate anche tra Stati e Stati ampliando interessi e dinamiche per i molti attori sulla scena.
Gran parte di questa scena è presa dalla Francia: “L’impero coloniale francese si estese su gran parte dell’Africa occidentale e settentrionale, ma alla fine degli anni ’50 i venti della libertà iniziarono a soffiare in Africa e la Francia perdeva tutte le sue colonie. Tuttavia, l’euforia dell’indipendenza fu breve. La Francia ha mantenuto le truppe, le basi militari e l’influenza politica nelle sue vecchie colonie: ed è nata la politica di “France-Afrique”.La Francia era il guardiano dell’Africa, difendendo l’Occidente nella regione”, dice Antoine Glaser, autore di France-Afrique.
Gli interessi in Africa sono notevoli e l’Occidente ha bisogno delle guerre per giustificare il potere che mantiene in quel Continente.
Non siamo di fronte a una semplice partenza di gente che scappa dalla guerra, ma davanti a un’azione predatoria da parte di quegli stessi paesi che dicono di portare aiuti in Africa. E la stessa Francia, grande arbitro con gli Stati Uniti, nell’Africa occidentale, sembra quasi non volersi immischiare con gli immigrati, come succede a tutti quelli che, stando in difetto, fingono di non vedere. L’Africa è diventata il più grande business per l’Occidente ricca com’è di ogni sorta di bene: petrolio, diamanti, oro, il continente più ricco e più affamato. Sin dall’Unità d’Italia si accentuano le incomprensioni con i vicini francesi. Secondo Gilles Pecout, professore di Storia Contemporanea alla Sorbona di Parigi, profondo conoscitore della storia italiana ed europea dell’Ottocento, che parla dei rapporti Italia Francia soprattutto nel periodo risorgimentale, la Francia è la prima a condannare la formazione del nuovo Stato italiano visto come nato dalle conquiste del Piemonte contro il volere del Papa, contrariamente agli Inglesi che approvarono ma si opposero allo Stato Pontificio. Nasce un’Italia che minaccia gli interessi di molti nel Mediterraneo. Il ruolo del Papato per i Paesi cattolici come Francia e Spagna continuò ad avere prerogative e prestigio come quelle prima del 1870. Subito giunse a Roma un incaricato francese presso la Santa Sede così come una nave, la Orenoque, stazionò a Civitavecchia. La scena di Macron al cospetto del Papa mi ha ridato la stessa pressione esercitata allora con segnali favorevoli verso il Papato fino al 1904, quando il Presidente francese Emile Loubet si recò in visita ufficiale in Italia. Questo gesto spezzò la tradizione. Dimostrava che l’autorità del Pontefice rappresentava un problema per la politica interna ed estera dell’Italia. Così dopo la perdita di autorità, la Chiesa fu riportata in auge dalla pubblicazione del Sillabo di Papa Pio IX nel 1864, dove si stabilisce l’infallibilità pontificia. Nel 1894, gli alunni di un liceo francese, come ci informa lo storico Pecout, leggendo un manuale di geografia, apprendono che l’Italia era diventata una nuova potenza europea con grande meraviglia dei Francesi, data la mancanza di mezzi dei cugini italiani. Come negli amori tempestosi, nel 1901, con un accordo segreto, Italia e Francia stabiliscono la ripartizione del Nord Africa con Cirenaica e Tripolitania all’Italia e il Marocco alla Francia, un accordo poi saltato visto la neutralità dell’Italia quando la Francia assale la Germania. All’inizio del novecento l’immigrazione italiana era fenomeno massiccio e tra i paesi ospitanti anche la Francia. Qui gli Italiani si stabilirono in Provenza, Lione e Nord della Francia. Questi erano ambulanti, sterratori, muratori, idraulici, commercianti, sarti, barbieri, minatori, ferrovieri. A Marsiglia gli Italiani erano pastori, tra i nomi Della Corte e Scaramelli, proprietari di oleifici. Nella regione di Parigi gli italiani si stabilirono a Vitry, Villejuif, Montruil.
Gli italiani di Quebec, un regista e uno storico, per ripercorrere la saga degli italiani a Montreal, scelscero come simbolo il bar e come titolo Caffè Italia, per sottolineare come gli Italiani erano soliti riprodurre le stesse forme associative della patria per sentirsi una comunità anche fuori dall’Italia. A Marsiglia ci fu una lunga presenza di Italiani fin dai primi dell’800, tra piemontesi e napoletani. Nel 1901 erano 90.000. Con la legge del 1889, per ottenere la cittadinanza bisognava aver soggiornato per 10 anni o aver contratto matrimonio con un francese. Ma gli Italiani erano trattati con supponenza e sfottorio, conflitti che si acuirono nel tempo raggiungendo il picco con la carneficina di Aigues Mortes del 1893. Nel 1905, Marcel Pagual, bambino di 10 anni, ricorda di un compagno di scuola che per giustificare un’assenza portò un biglietto con su scritto “Napator” (il n’a pas tort), che stava per “ Non ha colpa”. A questo doveva aggiungere che il padre era marmista proveniente da Carrara, in Toscana. Questa appartenenza alla Toscana e a Dante, padre della lingua italiana, metteva al riparo da ogni opposizione. La storia ripete le sue fasi come le sue colpe, e a volte, proprio per aver avuto ampia esperienza in campo, dovremmo essere scevri da competizioni e mostrarci più ragionevoli. La Francia oggi mostra la stessa resistenza di ieri, quando era paese ospitante, vietando gli approdi, che vorrebbe dirottare altrove, ma avendo gran parte nella regia occidentale in fatto di migranti. Mi vengono a tal proposito i versi di un epigramma del Misogallo, opera del 1792 di Vittorio Alfieri, un’opera satirica antifrancese, dove si afferma che i Francesi hanno di buono la lingua e le gambe :” Falso orecchio hanno i Galli, e semi naso,/ Scema testa, corti occhi, e molle mano./ Che resta in fondo dunque di un tal vaso,/ Onde abbia uscirne un popolo sì vano?/ Due gran cose; ed entrambe/ Fan tutto l’esser loro, lingua, e gambe.” Lo stesso Mediterraneo è diventato il simbolo dell’identità europea e ormai non si può dire che si trovi “in mezzo”. E’un ponte traballante che bisogna rendere più solido e sicuro se l’Europa non vuol cadere in un rovinoso fallimento.
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