di Filomena Baratto
Vico Equense - “Scutulum” in latino sta per piccolo scudo, ma la Punta è un baluardo roccioso che fa da parete divisoria tra Meta e Vico. Per un errore di trascrizione finì per diventare Scutari, ma per quanto sia importante il nome, a noi interessa questo pezzo di roccia che è un punto di riferimento e confine di Vico. Risalta non solo per l’altezza, ma per il colore che cambia in base al tempo. Potremmo quasi chiedere di aggiungere alla tavolozza del pittore il beige Scutolo, dopo il terra di Siena, il verde veronese…Come si fa a definire il suo colore se ne cambia uno a stagione e nella stessa stagione, ogni giorno e parte di giorno. Quelle striature, che la solcano in altezza, rendono il tratto di mare intorno di un verde scuro e intenso, facendone un punto di incontro felice tra acqua, vegetazione e terra. Fortunatamente la sua posizione, come l’imponenza, ha dissuaso gli animi dal voler rendere questo luogo da naturale ad antropico. Le quattro case sulla groppa sono privilegiate, godono di uno spettacolo unico. Ho potuto apprezzare la bella vista da “Villa Scutolo”, Bed and Breakfast rinomato dove i clienti, se ci andassero solo per questo, potrebbero ritenersi fortunati. Qui è come stare alle porte del Paradiso dove si fanno sonni e sogni da principi. Lì, sulla terrazza di Iana, la proprietaria, ho visto una Vico unica nei suoi colori migliori, nelle proporzioni giuste di terra e di mare, col porto, le case sulle colline fino a raggiungere le falde del Faito. Da lassù mi sono sentita un ciclope e con le braccia enormi potevo spostare le case, aggiustare ciuffetti di siepi, posizionare un palazzo, ripulire qualche pezzo di roccia.
Vico era tutta lì raccolta. Affacciandomi dalla terrazza a strapiombo, ho visto la scogliera in un mare verde per i riflessi della vegetazione e tutto attorno corone di ombre marroni su cui si infrangevano flutti scherzosi, ricchi di spuma. Solo il vento, col suo suono, lancia sibili come voci venute da lontano, scompigliando i capelli e scuotendo le poche chiome di alberi sospese nel vuoto con le radici attaccate alle pareti. Altro che scudo, un asteroide planato al suolo, solido, ben interrato che fa da faro. Con la sua posizione vigile, ben sporta in mezzo al mare, ripara dai venti Vico e raccoglie Meta dall’altro lato. Girarci intorno con la barca fa un grande effetto, e quando si giunge al suo cospetto si è portati ad alzare lo sguardo fino a raggiungere gli alberi e quelle case appoggiate sul ciglio. Da questa posizione si possono vedere i segni che il mare lascia quando graffia la roccia con la sua azione corrosiva nel gioco di alta e bassa marea. Così come i venti che, avvolgendola come un mantello, raschiano la superficie dando vita a quel colore biancastro che va dal grigio perla al bianco titanio, come il colore del sale. Ai suoi piedi, grotte e incavi, anfratti e curiose tane. Se poi si ci sposta appena sotto la sua testa, nella cava, a pochi metri dalla punta, si ha un’altra visuale, forse la più cupa. Qui, alzando lo sguardo, si ha come l’impressione di una grande onda che cavalca sulla nostra testa, la cui cresta porta quelle quattro case come sospese, appoggiate su batuffoli di verde. Ma il palcoscenico della cava è preso da loro: i gabbiani, che vagano alla ricerca del proprio nido nella roccia dove vanno a spegnere i loro stridori. Trasferiscono all’aria la loro tristezza quando devono atterrare, mentre sentono addosso ancora tutta la libertà dei loro voli sul mare. Così è la vita, dietro ad ogni libertà si nasconde sempre un sacrificio. Se non avessero la terra cui riparare dopo le traversate, non potrebbero resistere, né dare all’aria i loro voli, più di ogni altro, segno di libertà. Nella cava scopri che Punta Scutolo è un parco, un luogo fatto di tante scene, paesaggi, colori, profumi. Il colore della parete sbiadisce, come se la roccia vomitasse acqua per l’umidità che aumenta al calar della sera, insieme all’ombra e al silenzio. Il meglio di sé Punta Scutolo lo dà nelle foto, dalle quali emergono le case, si distinguono gli alberi, la roccia luminosa e quella casina rossa ai suoi piedi che ormai è diventata un logo inconfondibile. Lei fa da sipario al sole, quando cala e si nasconde nei suoi anfratti buttando in acqua l’oro, tutto insieme, dei suoi raggi. A volte la roccia è di colore rosa, altre, un chiaro beige, e poi paglino, altre ancora un dorato lucido e poi verde cupo, un colore per ogni riflesso del mare e del sole. In questa stagione si veste di colori vivi, raddoppiano gli effetti, come gli echi e i silenzi. Avvolta nei tramonti, nella sua veste serale, semplicemente la si ammira sotto il suo effetto benefico di serenità. E accade di ammirarla così tante volte che è diventata come una donna da palcoscenico su cui l’occhio non può fare a meno di cadere. Con tanti scorci e panorami, la macchina fotografica gira sempre in quella direzione e per tante foto che le scattano, tante emozioni riporta. Che sarebbe Vico senza la sua Punta, senza quel faro che è più di una guardia, più di una parete, più di un’altura, più di una collina! Punta Scutolo è il luogo del mito e delle fiabe e, vederla, rasserena gli animi oltre ad allietare la vista e a fornire ispirazioni e pretesti per creare.
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