IL FOCUS
di Marco Esposito da Il Mattino
La vergogna dei fabbisogni zero per gli asili nido è stata cancellata dopo una campagna-stampa condotta da questo giornale durata cinque anni. In concreto ora cosa cambia? E a partire da quando? I conteggi con i nuovi fabbisogni, per 6.647 Comuni italiani delle regioni ordinarie, sono stati pubblicati a tempi di record dalla Commissione tecnica fabbisogni standard. Sono spariti ben 3.701 «zeri», vale a dire che dal 2020 sarà riconosciuto un diritto minimo anche ai bambini al di sotto dei tre anni residenti in Comuni privi di una struttura nido. Il caso più clamoroso in Italia è alle porte di Napoli, a Casoria: 77.691 abitanti di cui 2.017 piccoli con meno di 36 mesi. Fino al 2019 il fabbisogno riconosciuto per il servizio di nido è stato zero. E il paradosso è che l'asilo comunale a Casoria c'è dal 2018, si chiama «Topo Gigio» e ha trenta posti. Ma visto che «storicamente» l'asilo mancava, per i perversi conteggi del federalismo fiscale Casoria non ne aveva diritto anche dopo averlo inaugurato. Adesso si cambia. Dal 2020 a Casoria sarà riconosciuto un diritto minimo del 7,81%, vale a dire un posto in asilo per 165 bambini su 2.017. La spesa congrua per ciascun piccolo supera i 10mila euro, per cui Casoria si troverà un fabbisogno riconosciuto di 1,8 milioni. Il 7,81% è il diritto minimo di riferimento per le città fra i 60mila e i 100mila abitanti. Portici è in una situazione simile, con il nido aperto da poco e un maggiore fabbisogno assegnato che sfiora il milione di euro.
LA COPERTURA
Guadagna molto anche Napoli perché, in quanto città oltre i 250mila abitanti, ha diritto a una copertura di nidi del 16,71% mentre è al 12,72%. Ciò significa 6,6 milioni di fabbisogno standard in più, da utilizzare auspicabilmente per incrementare il servizio di nidi comunali. Ma cosa accade in un Comune che non ha mai attivato neppure un asilo nido? Questo finora è stato il grande ostacolo al riconoscimento di un diritto perché - ci si chiedeva - che senso ha finanziare un municipio che non offre il servizio? La svolta realizzata dalla Commissione tecnica fabbisogni standard, dopo l'arrivo del presidente Giampaolo Arachi, permette di distinguere il fabbisogno finanziario dell'amministrazione comunale dai diritti dei cittadini residenti. A spingere con forza per il cambio di rotta è stato il Movimento Cinque Stelle, desideroso di prendere l'iniziativa in un settore - il federalismo fiscale - a lungo considerato territorio di competenza della sola Lega. La soluzione trovata da Arachi è riconoscere il diritto minimo sotto forma di voucher, cioè di bonus alle famiglie per aiutarle nelle spesa per iscrivere il figlio a un nido privato. La cifra individuata è 2.300 euro per bambino, da conteggiare in base al diritto riconosciuto e cioè almeno al 7,75% dei piccoli, per Comuni che superano i diecimila residenti, valore che sale al 9,25% per centri oltre i 100mila abitanti, come Giugliano. Ciò significa che a Giugliano sarà attribuito un fabbisogno aggiuntivo di 2.300 euro per il 9,25% dei bambini residenti e al di sotto dei tre anni d'età. Tutti questi aggiustamenti dal 2020 porteranno, per i Comuni della Campania, un tesoretto di 35 milioni di maggiore fabbisogno standard per gli asili nido anche se, come si dirà, non tutta la cifra sarà direttamente disponibile. Inoltre, va sottolineato, per i Comuni c'è solo un obbligo morale, ma non legale, ad attivare i voucher. A questa novità per i nidi se ne aggiunge una di analogo segno per il trasporto pubblico locale, dove gli zeri però vengono cancellati soltanto per i capoluoghi di provincia. In Campania il caso riguarda Caserta e vale 2,3 milioni di euro. Ma dove si trovano i fondi aggiuntivi? La coperta non cambia dimensione e il valore complessivo dei servizi comunali resta a quota 35 miliardi di euro, di cui 1,4 miliardi per i nidi e poco più di un miliardo per il trasporto pubblico locale. A pagare il riconoscimento di un diritto minimo per i nidi (e per il tpl nei capoluoghi) saranno i Comuni che offrono più servizi. In particolare per gli asili nido è stato fissato un massimo di copertura del 28,88%; valore che consente di recuperare esattamente le risorse necessarie per garantire il minimo del 7,7% a tutti. Ci sono infatti centinaia di Comuni che offrono il nido comunale alla metà dei bambini residenti. La sforbiciata porta una lieve riduzione della copertura riconosciuta a Salerno, che scenderà dal 29,80% al 28,88%. Questo non vuoi dire che si dovranno chiudere degli asili nido in Emilia Romagna, in Toscana o a Salerno; tuttavia il finanziamento oltre la quota del 28,88% non sarà più un diritto a pie di lista a carico di tutta l'Italia, perché peserà sullo sforzo fiscale locale.
I CONTEGGI
I Comuni beneficiari riceveranno davvero le somme promesse? Solo in parte. E per tre ragioni, una legittima e le altre che fanno a cazzotti con la Costituzione. La motivazione corretta è che il federalismo fiscale entra in vigore gradualmente, per cui nel 2020 il sistema dovrebbe funzionare all'85% con le nuove regole e al 15% con la spesa storica, per passare al 100% nel 2021, percentuali però che i Comuni del Nord (spesso avvantaggiati dalla spesa storica) proveranno senz'altro ad abbassare per rallentare la gradualità. La seconda motivazione è che esiste un balordo «target perequativo» al 50% che di fatto dimezza la cifra disponibile, nonostante la Costituzione all'articolo 119 obblighi a «finanziare integralmente le funzioni pubbliche» attribuite ai Comuni come agli altri enti locali. La terza è che i 35 miliardi di servizi comunali sono coperti da appena 26 miliardi di capacità fiscale. Per esempio a Caserta i 2,3 milioni assegnati agli autobus nel 2020 si riducono prima a 1,9 milioni per la gradualità all'85%, poi a un milione scarso per il dimezzamento, infine a 750mila euro. A meno che non ottengano una vittoria piena i settanta Comuni del Mezzogiorno che nei mesi scorsi hanno fatto ricorso contro l'attuazione del federalismo fiscale. Uno dei punti contestati era proprio il diritto zero sugli asili nido, e in tale caso c'è stata una vittoria anticipata. Ma la parte centrale del ricorso verte proprio sull'assurdità della perequazione, prima riconosciuta e poi dimezzata, peraltro su una capacità fiscale insufficiente. La svolta sui nidi, insomma, c'è stata. Ma la strada per l'equità è ancora lunga.
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