Roma - Un selezionato ed entusiasta pubblico ha decretato, questa mattina, nell’affollatissimo foyer del Teatro Eliseo, a Roma, il pieno successo della manifestazione di proclamazione dei vincitori del Premio 2019 “Penisola Sorrentina Arturo Esposito”, ad opera del direttore artistico, Mario Esposito, ai quali sarà consegnato il prestigioso riconoscimento, sabato 26 ottobre, in una spettacolare serata artistica al Teatro delle Rose di Piano di Sorrento. Dopo il brillante intervento di apertura del direttore artistico dell’Eliseo, Luca Barbareschi, il quale ha sottolineato, in una capitale abbandonata a se stessa, l’importanza e l’incisività delle iniziative culturali promosse dal Teatro Eliseo, e quello, altrettanto efficace, del sindaco di Piano di Sorrento, Vincenzo Iaccarino, il quale ha rivendicato il crescente valore culturale del premio, ormai in ambito nazionale, Esposito ha annunziato i due “premi speciali alla carriera 2019”, destinati al direttore Maurizio Costanzo e allo scrittore Raffaele Lauro. Del secondo, presente alla manifestazione, ha letto anche la motivazione della giuria: “Raffaele Lauro è un intellettuale attento allo spazio e paziente al tempo. Coltiva la narrativa come un giardino da innaffiare con l’acqua sorgiva della riflessione e dello stupore”. L’attrice Anna Capasso, successivamente, ha illustrato la complessa e articolata biobibliografia di Raffaele Lauro, come docente, come uomo delle istituzioni e come narratore. Alla scrittrice e giornalista Patrizia Danzè, autrice del saggio critico sull’intera opera narrativa di Lauro, dal titolo “L’Universo Amore”, in uscita a gennaio 2020, è stato affidato il compito di definire il percorso narrativo dello scrittore sorrentino.
“Forse le storie capitano a chi sa raccontarle – ha esordito la Danzè – e non c’è dubbio che nel corso della sua vita di scrittore, una delle tante vite di Raffaele Lauro, le storie che gli sono capitate sono diventate narrazioni Due riflessioni credo vestano bene anche Raffaele Lauro: una è di Andrea Camilleri, l’altra di un critico spagnolo, Juan Antonio González Iglesias a proposito di Marguerite Yourcenar. Diceva Camilleri, l’immenso Camilleri, che nel narratore c’è anche un elemento di oralità implicito nella scrittura, che è pure – diceva di sé – nella sua scrittura. Invece, in uno scrittore non è detto che questo elemento di oralità sia presente necessariamente. Camilleri, dunque, si attribuiva il pregio di essere narratore. E González Iglesias, a proposito della Yourcenar, osserva in un lungo articolo di qualche anno fa su Babelia, inserto di El País, che l’autrice belga nella sua búsqueda, nella sua ricerca del tempo perduto, fosse una narratrice più che una romanziera. Una narratrice che recupera l’antico compito di rendere poetica la realtà. Ecco, io credo che Raffaele Lauro sia un narratore, perché definirlo tale significa riconoscergli quella capacità propria della fascinazione dell’oralità, di mettere insieme i pensieri, riallacciare i rapporti con il passato, aggiornarlo al presente e farlo diventare racconto. Scrivere – ha proseguito la scrittrice siciliana – è una secrezione dell’esperienza vitale, per questo Lauro converte in letteratura il suo territorio natale. Ogni terra attende che giunga la voce di chi narrerà la sua storia e Lauro lo ha fatto con Sorrento, luogo dell’anima, hortus conclusus, immagine-simbolo che ricorre spesso nella sua narrazione. Così, in un autore che ha una formazione filosofica ed è uomo dalle molte letture letterarie e dalle multiformi esperienze, noi incontriamo il segno di Proust: il più piccolo ricordo, suo o di qualche familiare o di amici o di conoscenti, suscita una storia nella quale vale la pena perdersi. Perciò, ogni libro di Lauro diviene un incontro e ogni incontro diviene un ponte che ci consente di incontrare soprattutto noi stessi; perché anche i libri ci leggono, non siamo solo noi a leggerli, essi ci fanno allungare e allargare lo sguardo sul mondo. Non c’è dubbio, la narrativa fa un lavoro migliore della realtà perché è il racconto che ci fa umani. Aveva ragione Mallarmé: tutto il mondo è fatto per finire in un libro; ‘arriva un momento in cui certe storie non puoi più tenerle solo per te’. E dal 1987 – ha concluso Patrizia Danzè – dal suo primo romanzo ‘Roma a due piazze’, sino a quello di prossima pubblicazione su Greta Garbo, ‘L’elogio della solitudine’, Lauro, continua a farlo, maestro di narrazioni affascinanti”. Dopo la consegna del premio, una raffinata scultura dei maestri Giuseppe Leone e Francesco Scognamiglio, dalle mani di Vincenzo Scotti, presidente della Link Campus University di Roma, ex-ministro dell’Interno, del quale Lauro è stato capo di Gabinetto al Viminale, il premiato ha tenuto un applaudissimo e vibrante discorso, contro tutte le mafie, che ancora allignano nel nostro paese, suscitando l’apprezzamento di Luca Barbareschi, il quale, in chiusura, ha voluto definire Lauro “un eroe autenticamente italiano”. Lo scrittore è stato festeggiato da una folla di amiche e di amici, venuti a Roma anche da Milano, da Bologna, da Napoli e da Sorrento.
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