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domenica 23 febbraio 2020

Michele Prisco e la sua “casarella”

Ritratto del Maestro Antonio Asturi fatto 
all'amico scrittore Michele Prisco il 25 Aprile 1981
di Filomena Baratto

Vico Equense - C’è una “casarella" bianca dopo poche curve a salire verso le colline di Vico, in località San Vito. Qui soggiornava il celebre scrittore e giornalista Michele Prisco, nato a Torre Annunziata nel 1920. Si laureò in giurisprudenza ma si lasciò sedurre dalla letteratura. Scrisse il suo primo racconto Gli Alianti nel 1942 dalle pagine del Corriere della Sera. Autore di grande spessore culturale e letterario vinse numerosi premi a cominciare dal 1949. Con “La provincia addormentata” ottenne la medaglia d’oro per gli esordienti al Premio Strega. Il romanzo con cui l’anno successivo ottenne il prestigioso premio fu Una spirale di nebbia, in cui adotta un metodo profondo di scandagliamento dell’animo umano. In esso sottolinea i costumi decadenti e indolenti della provincia napoletana e un fare ambiguo, con un realismo che mette in risalto la vita alle falde del Vesuvio, attenendosi nella scrittura a quei chiaroscuri che delineano sentimenti e azioni fedeli alla realtà. Una provincia mai abbandonata e dove morì il 19 novembre del 2003 all’età di 83 anni. Fu legato ai luoghi della sua terra, quelli che racchiudevano umori e distensioni, passioni e legami. Amò Vico Equense per l’amenità dei declivi, l’aria, i silenzi e le persone oltre a quell’affacciarsi sul mare da cui scorgeva il Vesuvio. Qui si rifugiava tra la gente del posto, nelle sue giornate fatte di sane abitudini e riti in cui si sentiva a suo agio. Scriveva sin dalle prime ore del mattino, un esercizio indispensabile alla sua giornata, nella sua “casarella”, come amava definirla, così a misura d’uomo, dove le pareti aderivano alla sua pelle infondendogli la serenità necessaria per le sue perlustrazioni mentali.
 
La passione letteraria cominciò con una ricca lettura di narrativa straniera. Nel 1950 vinse il premio Venezia con il libro: Gli eredi del vento, ambientato a Leopardi, frazione di Torre del Greco, e dove, pur evitando i riferimenti storici, metteva in rilievo i cambiamenti sociali. Dedicato a sua madre, gli fruttò un gettone di un milione di lire. Altro testo di rilievo è Figli difficili del 1954, un romanzo sui conflitti generazionali con dilemmi di ogni tipo. Il fil rouge è quello della stanza chiusa, all’interno della quale si ritrovano quattro personaggi che ripercorrono vicende accadute anni prima, riproposte in modo diverso in base al punto di vista di chi racconta. Un romanzo di grande spessore che andrebbe ancora oggi riletto. E’ un incontro scontro di prospettive con un effetto suggestivo. Negli anni 60 fondò la rivista letteraria “Le ragioni narrative” con altri scrittori, tra cui Domenico Rea. Vittorio De Sica alla lettura dei suoi racconti affermò che Flaubert si era trasferito a Napoli. Come riporta L’Enciclopedia Treccani l’autore nei suoi primi romanzi “accordò i moduli del romanzo tradizionale con un senso lirico del paesaggio, in particolare napoletano”. I romanzi successivi, “pur fedeli a questo registro, presentano una maggiore complessità di struttura narrativa e d’indagine psicologica”. Riposa nel cimitero di Vico Equense, luogo sempre amato, che definiva una finestra sul mondo, e che molto evidentemente costituiva il suo ambiente naturale. Tra i romanzi ricordiamo: Punto franco del 1965, I cieli della sera, del 1970, Gli ermellini neri del 1975, Il colore di cristallo del 1977. Quella “casarella” che ancora affaccia sulla strada, risuona delle voci e dei pensieri dell’autore che possiamo ritrovare sfogliando i suoi libri, tra una pagina e l’altra, ancora tutti attuali e di notevole pregio.

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