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mercoledì 17 febbraio 2021

Governo: Uninpresa, pieno sostegno a Draghi

"Le confermo il pieno sostegno della nostra organizzazione all'appello da lei lanciato, per l'unità del nostro paese, in un passaggio difficile, nonché  la totale e incondizionata collaborazione per il raggiungimento delle finalità che enuncerà, in Parlamento, nel programma di governo”. È quanto scrive il presidente di Unimpresa, Giovanna Ferrara, in una lettera inviata al presidente del Consiglio, Mario Draghi, ai ministri, ai gruppi parlamentari. Assieme alla comunicazione è stato inviato, in allegato,  il documento “S.O.S. di Unimpresa per salvare le micro, piccole e medie imprese”, approvato dal Consiglio di Presidenza dell’associazione, che raccoglie, in sintesi, le principali proposte, urgenti e indifferibili. Proposte “che sottoponiamo alla sua autorevole attenzione e valutazione al fine di salvaguardare e mettere in sicurezza il tessuto più prezioso del nostro sistema produttivo nazionale” scrive Ferrara rivolgendosi a Draghi. “Le affido con incondizionata fiducia, Signor Presidente, il nostro “grido di dolore”, nella certezza che, dall’alto della sua illuminata e straordinaria esperienza, vorrà aiutare le pmi ad uscire dal guado e a riprendere il loro cammino, per il benessere delle aziende e delle famiglie, nonché per il futuro economico e sociale del nostro amato paese” osserva il presidente di Unimpresa.


“S.O.S. DI UNIMPRESA PER SALVARE LE MICRO, PICCOLE E MEDIE IMPRESE”

 

Le misure, che seguono, costituiscono, in sintesi, le principali proposte che Unimpresa ha sottoposto all’autorevole attenzione del Presidente del Consiglio dei Ministri, professor Mario Draghi, per salvare le micro, piccole e medie imprese, il tessuto più prezioso del sistema produttivo nazionale. Lo stesso documento è stato trasmesso, per conoscenza, ai Signori Ministri, ai Gruppi Parlamentari del Senato della Repubblica e della Camera dei Deputati, nonché ai Rappresentanti dei Partiti e dei Movimenti Politici.

 A. MISURE FISCALI

La recente legge del 30 dicembre 2020 n. 178 (c.d. legge di bilancio 2021) ha previsto una serie di bonus e rinvii di pagamenti, senza proporre o fare riferimento ad una riforma organica del sistema fiscale. Le misure fiscali previste, di seguito in sintesi riportate, risultano del tutto insufficienti a mettere in sicurezza e salvare le PMI. Si tratta di un insieme di norme, non collegate tra di loro, che non avranno alcun impatto migliorativo sulla liquidità delle imprese, né sulla possibilità di una loro sopravvivenza al termine dell’anno solare 2021.

I commi, dal 58 al 60, prorogano l’ecobonus, il bonus casa (per la riqualificazione del patrimonio immobiliare), l’acquisto mobili e grandi elettrodomestici, nonché la proroga del bonus facciate. I commi, dal 66 al 67, prorogano gli incentivi per l’efficienza energetica, il sisma bonus, il fotovoltaico e le colonnine di ricarica di veicoli elettrici. Il comma 76 proroga il bonus verde ed il comma 1087 istituisce un bonus per un nuovo sistema di filtraggio di acqua potabile. Con i commi 171-176 è stata prevista: - la proroga di due anni (2021 e 2022) per il bonus in favore delle imprese che acquisiscono beni strumentali nuovi, destinati a strutture produttive, ubicate nelle zone assistite delle regioni Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia; - la riduzione del 50% per sette annualità dell’imposta sul reddito realizzato dalle imprese che intraprendono una nuova attività nelle Zone Economiche Speciali, istituite nel Mezzogiorno d’Italia, a condizione che, per almeno dieci anni, sia mantenuta l’attività e siano conservati i relativi posti di lavoro. I commi 185, 186 e 187 istituiscono, nell’ambito della disciplina dei PIR, un credito d’imposta, utilizzabile in dieci quote annuali di pari importo nelle dichiarazioni dei redditi o in compensazione, per eventuali perdite, pari alle minusvalenze e ai differenziali negativi realizzati. Il credito di imposta spetta a condizione che quegli strumenti finanziari siano detenuti per almeno cinque anni e che il bonus non ecceda il 20% delle somme investite e si applichi ai piani costituiti dal 1° gennaio 2021 per gli investimenti effettuati entro il 31 dicembre 2021. Il comma 230 riconferma, per l’anno 2021, il credito d’imposta per le spese di consulenza sostenute dalle piccole e medie imprese per l’ammissione alla negoziazione su mercati regolamentati o sistemi multilaterali europei. Il bonus è pari al 50% dei costi, con un tetto di 500 mila euro. I commi, dal 233 al 243, hanno introdotto un nuovo incentivo alle aggregazioni aziendali tramite fusioni, scissioni o conferimenti d’azienda da deliberare nel 2021: il soggetto risultante dall’operazione potrà trasformare in credito d’imposta una quota di attività per imposte anticipate (DTA) riferite a perdite fiscali e eccedenze Ace maturate fino al periodo d’imposta precedente a quello in corso alla data di efficacia giuridica dell’operazione e non ancora utilizzate. I commi, dal 599 al 601, esentano dalla prima rata dell’IMU 2021 gli immobili in cui si svolgono attività connesse ai settori turismo, ricettività alberghiera e spettacoli: stabilimenti balneari e termali, alberghi, pensioni, agriturismi, villaggi turistici, rifugi di montagna, colonie marine e montane, ostelli della gioventù, affittacamere, case e appartamenti per vacanze, bed & breakfast, residence e

 

campeggi, immobili usati da imprese che allestiscono strutture espositive in eventi fieristici o manifestazioni, discoteche, sale da ballo, night-club. I commi, dal 1051 al 1064, estendono, fino al 31 dicembre 2022, con modifiche, la disciplina del credito d’imposta per gli investimenti in beni strumentali nuovi. Le novità (potenziamento e diversificazione delle aliquote agevolative, incremento delle spese ammissibili, ampliamento dell’ambito oggettivo) si applicano agli investimenti effettuati a partire dal 16 novembre 2020. Confermano fino al 2022, nonché incrementano il credito d’imposta per gli investimenti in attività di ricerca e sviluppo, innovazione tecnologica e altre attività innovative e prorogano, al 2022, il credito d’imposta per la formazione 4.0, con ammissione al bonus dei costi previsti dal regolamento Ue in materia di aiuti compatibili con il mercato interno. I commi 1122 e 1123 concedono ancora una chance per rideterminare il valore d’acquisto di terreni e partecipazioni non quotate – quelli posseduti al 1° gennaio 2021 – pagando un’imposta sostitutiva dell’11%. Il versamento andrà effettuato entro il 30 giugno 2021 in una unica soluzione o fino a un massimo di tre rate annuali di pari importo. Redazione e giuramento della necessaria perizia di stima dovranno avvenire entro quella stessa data.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

1. Detassazione dei redditi prodotti dalle PMI per l’anno d’imposta 2020. Nello specifico deve essere prevista un’aliquota IRES del 16%, in sostituzione dell’attuale aliquota del 24%.

2. Azzeramento degli acconti IRES e IRAP, istituiti dall’art. 1, L. n. 97/1977 e successive modificazioni, in scadenza a giugno e novembre 2021.

3. Esclusione dall’applicazione degli ISA (ex studi di settore), istituiti con D.L. 50/2017 e successive modificazioni, per l’anno d’imposta 2020.

4. Esclusione dall’applicazione della disciplina delle società di comodo, di cui all’art. 30 comma 1 L. 724/1994 e successive modificazioni, per l’anno d’imposta 2020.

5. Esclusione dall’applicazione della disciplina delle società in perdita sistemica, di cui D.L. 138/2011 e successive modificazioni, per l’anno d’imposta 2020.

6. Ripianamento delle perdite civilistiche, con riferimento all’anno d’imposta 2020, in dieci anni, attraverso l’istituzione di una posta contabile in bilancio da istituire con la collaborazione dell’OIC-Organismo Italiano di Contabilità.

7. Azzeramento dell’IRAP, istituito con D.L, 15 dicembre 1997, n. 446, per l’anno d’imposta 2020.

8. Detassazione degli utili delle PMI in proporzione agli investimenti che effettueranno le stesse per ampliare la propria attività, per investire in nuovi mercati esteri, per investire in attrezzature, ecc. La detassazione dovrà essere pari ad un massimo di 10 punti percentuali rispetto all’aliquota principale.

9. Riformulazione della legge sulle ZES (Zone Economiche Speciali), Il D.L. 20 giugno 2017 n. 91, convertito con modificazioni dalla legge 3 agosto 2017 n. 123 (GURI Serie Generale n. 188 del 12 agosto 2017) e successive modificazioni, per consentire alle imprese, che decidono di aggregarsi sul territorio dello Stato, un credito d’imposta da stabilire in base agli indici economici delle singole regioni.

10. Accertamenti fiscali semplificati per gli anni di utilizzo dell’apparato contabile quickbook, in quanto strumento condiviso con l’Agenzia delle Entrate.

11. Sgravio parziale delle cartelle esattoriali, relative all’anno d’imposta 2020, per consentire alle imprese di reinvestire le somme risparmiate.

12. In deroga all’art. 96 del TUIR, precedentemente riformato con la Direttiva del 12/07/2016 n. 1164/UE (c.d. ATAD), per i soli soggetti IRES, viene concessa la piena deducibilità degli interessi passivi per gli anni d’imposta 2020 e 2021.

 

B. MISURE CREDITIZIE

 

Per aiutare le micro, piccole e medie imprese e, al tempo stesso, proteggere i posti di lavoro e l’economia in generale, sono state introdotte introdotto misure per sostenere il credito bancario alle imprese. Molte imprese, che hanno perso le proprie fonti di reddito a causa del lockdown, hanno dovuto compensare le perdite, chiedendo prestiti alle banche. Il governo precedente, inoltre, ha introdotto sistemi di garanzie pubbliche per agevolare le banche a fornire sostegno finanziario alle imprese colpite. Purtroppo, le banche hanno continuato ad applicare criteri rigorosi di concessione dei prestiti anche durante la crisi. Le banche hanno dovuto sempre valutare il merito di credito dei clienti, ossia la loro situazione finanziaria e il rischio che il finanziamento non venga rimborsato. Ciò significa che dovrebbero concedere prestiti solo quando ritengono che il debitore sarà in grado di restituirli. Le garanzie statali, quindi, non hanno modificato questa regola e, le banche non sono state incoraggiate ad accordare prestiti a imprese in difficoltà. Inoltre, le banche hanno dovuto mettere da parte, fin da subito, fondi sufficienti a proteggersi dalle perdite attese, definiti tecnicamente “accantonamenti per perdite su crediti”.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

Premesso che la legge finanziaria 2021 ha prorogato le agevolazioni previste dall’art. 13 del D.L. n. 23 del 08 Aprile 2020 (DL LIQUIDITÀ) al 30/06/2020;

Premesso che le imprese italiane si apprestano ad affrontare delle difficoltà economiche, così come già vissuto nel 2020, a causa della Pandemia da Covid-19;

le proposte per il credito sono le seguenti:

Proroga delle agevolazioni previste dal DL LIQUIDITÀ, con annessa proroga anche del quadro temporaneo 3.1 e 3.2, sino al 31/12/2021;

Calcolo dell’importo massimo ammissibile ai sensi del quadro temporaneo 3.2 sulla media del fatturato 2019 e 2020 o sul maggiore fatturato dei due ultimi bilanci depositati;

Innalzamento dal 25% al 40% del fatturato dell’importo massimo ammissibile ai sensi del quadro temporaneo 3.2;

Innalzamento a euro 50.000 dell’importo massimo ammissibile per le operazioni ai sensi della lettera m) dell’art. 13 del D.L. 23 del 08/04/2020;

Rinnovo delle posizioni a breve, ovvero senza piano di ammortamento, già garantite MCC, con posizioni di pari importo e durata senza nessuna valutazione;

Revisione del calcolo “de minimis”: è infatti estremamente limitativo e svantaggioso, in considerazione anche del grave crisi economica che si sta attraversando, applicare un massimale di euro 200.000 nell’ultimo triennio per le imprese che fanno parte gruppo societario, così come definito . Sarebbe opportuno riportare tale limite ad euro 200.000 per singola impresa e non per gruppo come riportato nel regolamento “de minimis” 2017-2020 attualmente vigente;

Proroga della moratoria “ Prestiti imprese “ al 31/12/2021.

·  Occorre pensare all’ Impresa di cittadinanza che preveda l’avvio di due modelli di iniziativa privata: la Partita Iva di cittadinanza (Pic) e l’Impresa di cittadinanza (Ic).

·  In entrambi i casi, si prevede l’eliminazione di tasse, imposte e di gran parte degli oneri burocratici legati all’avvio dell’impresa, per la durata massima di due anni (entro il raggiungimento di determinati importi di fatturato) ed un contributo statale, di importo variabile, per la durata massima di 18 mesi, le cui prime sei mensilità sarebbero anticipate come trasferimento diretto, mentre i successivi dodici mesi potrebbero essere finanziati attraverso il fondo di garanzia per le Pmi, bonus fiscali circolari nel settore

 

merceologico di riferimento o finanziamento diretto dello stato o di istituti di credito (per quanto riguarda questi ultimi, anche con un processo assimilabile alla cessione del credito del super bonus del 110%). Naturalmente, sarebbe una misura compatibile con le soglie di aiuto disciplinate dal diritto comunitario.

 

 

C. MISURE DIGITAL&GREEN

 

Occorre definire misure legislative che accompagnano le PMI nella doppia trasformazione verde e digitale.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

·  un’economia circolare;

·  l’inserimento di Project Manager Digital Trasformation e Security Manager nei codici ATECO.

Al fine di rafforzare la capacità competitiva delle PMI, è urgente normare figure professionali complementari tra loro che abbiano competenze nella gestione dei progetti di trasformazione aziendale analogico/digitale e nella gestione della sicurezza. La trasformazione digitale è una delle strategie economiche che può cambiare il panorama economico nazionale. Purtroppo, oggi il 90% delle PMI ma più in generale le aziende pubbliche e private di ogni ordine e grado non ha la capacità di assumere personale specializzato in gestione di processi digitali e gestione della sicurezza. Tali figure sono rappresentate dal Project Manager e dal Security Manager che solo in Italia non vengono riconosciuti nei codice ATECO. Queste figure professionali rappresentano il punto di partenza per la trasformazione digitale delle PMI.

Ambiti di applicazione:

Economia circolare: processi di trasformazione volti all’eco-progettazione, alle smart city, alla re-manifattura, alla simbiosi industriale, alla riduzione dell’uso delle risorse naturali e delle materie prime primarie non rinnovabili, alla prevenzione ed alla riduzione della produzione di rifiuti, del riuso, del recupero, del riciclo e di tutte le migliori pratiche volte all’uso e alla gestione sostenibile delle risorse nei processi produttivi, nei prodotti, nei servizi e nei consumi.

L’uniformazione dei C.C.N.L. a quello migliore offerto da enti datoriali e sindacati nell’ambito dei servizi per la sicurezza sussidiaria.

 

 

D. MISURE LAVORO&WELFARE

 

1. Nuova regolamentazione dei rapporti a tempo determinato; 2. Riduzione del costo del lavoro; 3. Riordino in materia di ammortizzatori sociale; 4. Semplificazioni in materia di welfare aziendale.

 

Superamento del Decreto Dignità e nuova disciplina dei rapporti di lavoro a termine per dare impulso al mercato del lavoro

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

una riforma strutturale dell’attuale mercato del lavoro rendendo lo stesso meno rigido, consentendo alle imprese di poter offrire opportunità di lavoro legandole alle necessità

 

aziendali senza dover appesantire la propria struttura che potrà essere da un numero tanto più elevato di lavoratori nei momenti di maggiore intensità quanto più ridotta nei momenti di contrazione ed eliminando quella maggiorazioni di costo ad oggi previsto per i contratti a tempo determinato. Al tempo stesso tale elasticità consentirà ai lavoratori non solo di avere maggiori opportunità lavorative ma soprattutto di restare legati all’azienda senza essere espulsi dalla stessa a causa dei numerosi limiti imposti dall’attuale normativa (limiti di durata, limiti numerici).

All’art Art. 19 del D.Lgs 81 del 2015 rubricato - Apposizione del termine e durata massima.

In luogo dell’attuale testo:

“1 -Al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a dodici mesi. Il contratto può avere una durata superiore, ma comunque non eccedente i ventiquattro mesi, solo in presenza di almeno una delle seguenti condizioni:

a) esigenze temporanee e oggettive, estranee all’ordinaria attività, ovvero esigenze di sostituzione di altri lavoratori;

b) esigenze connesse a incrementi temporanei, significativi e non programmabili, dell’attività ordinaria. (10)

1-bis. In caso di stipulazione di un contratto di durata superiore a dodici mesi in assenza delle condizioni di cui al comma 1, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di superamento del termine di dodici mesi. (13)

2.Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale e indipendentemente dai periodi di interruzione tra un contratto e l’altro, non può superare i ventiquattro mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Qualora il limite dei ventiquattro mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento. (11)

3.Fermo quanto disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.

4.Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione. L’atto scritto contiene, in caso di rinnovo, la specificazione delle esigenze di cui al comma 1 in base alle quali è stipulato; in caso di proroga dello stesso rapporto tale indicazione è necessaria solo quando il termine complessivo eccede i dodici mesi (12). 5.Il datore di lavoro informa i lavoratori a tempo determinato, nonché le rappresentanze sindacali aziendali ovvero la rappresentanza sindacale unitaria, circa i posti vacanti che si rendono disponibili nell’impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi.

 

 

 

 

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

al contratto di lavoro subordinato può essere apposto un termine di durata non superiore a sessanta mesi.

 

Fatte salve le diverse disposizioni dei contratti collettivi, e con l’eccezione delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2, la durata dei rapporti di lavoro a tempo determinato intercorsi tra lo stesso datore di lavoro e lo stesso lavoratore, per effetto di una successione di contratti, conclusi per lo svolgimento di mansioni di pari livello e categoria legale non può superare i sessanta mesi. Ai fini del computo di tale periodo si tiene altresì conto dei periodi di missione aventi ad oggetto mansioni di pari livello e categoria legale, svolti tra i medesimi soggetti, nell’ambito di somministrazioni di lavoro a tempo determinato. Qualora il limite dei sessanta mesi sia superato, per effetto di un unico contratto o di una successione di contratti, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di tale superamento.

3. Fermo quanto disposto al comma 2, un ulteriore contratto a tempo determinato fra gli stessi soggetti, della durata massima di dodici mesi, può essere stipulato presso la direzione territoriale del lavoro competente per territorio. In caso di mancato rispetto della descritta procedura, nonché’ di superamento del termine stabilito nel medesimo contratto, lo stesso si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data della stipulazione.

4. Con l’eccezione dei rapporti di lavoro di durata non superiore a dodici giorni, l’apposizione del termine al contratto è priva di effetto se non risulta, direttamente o indirettamente, da atto scritto, una copia del quale deve essere consegnata dal datore di lavoro al lavoratore entro cinque giorni lavorativi dall’inizio della prestazione.

5. Il datore di lavoro informa i lavoratori a tempo determinato, nonché’ le rappresentanze sindacali aziendali ovvero la rappresentanza sindacale unitaria, circa i posti vacanti che si rendono disponibili nell’impresa, secondo le modalità definite dai contratti collettivi.

 

L’art 21 del D.Lgs 81 del 2015, in luogo dell’attuale testo:

Proroghe e rinnovi

01.Il contratto può essere rinnovato solo a fronte delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. Il contratto può essere prorogato liberamente nei primi dodici mesi e, successivamente, solo in presenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1. In caso di violazione di quanto disposto dal primo e dal secondo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati anche in assenza delle condizioni di cui all’articolo 19, comma 1.

1.Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a ventiquattro mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell’arco di ventiquattro mesi a prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga. (15)

2.Qualora il lavoratore sia riassunto a tempo determinato entro dieci giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata fino a sei mesi, ovvero venti giorni dalla data di scadenza di un contratto di durata superiore a sei mesi, il secondo contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. Le disposizioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Fino all’adozione del decreto di cui al secondo periodo continuano a trovare

 

 

applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525.

3.I limiti previsti dal presente articolo non si applicano alle imprese start-up innovative di cui di cui all’articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221,per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

Art. 21.Proroghe e rinnovi

01.Il contratto può essere rinnovato liberamente, in caso di violazione di quanto disposto dal primo e dal secondo periodo, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato. I contratti per attività stagionali, di cui al comma 2 del presente articolo, possono essere rinnovati o prorogati senza alcun limite. (14)

1.Il termine del contratto a tempo determinato può essere prorogato, con il consenso del lavoratore, solo quando la durata iniziale del contratto sia inferiore a sessanta mesi, e, comunque, per un massimo di quattro volte nell’arco di sessanta mesi prescindere dal numero dei contratti. Qualora il numero delle proroghe sia superiore, il contratto si trasforma in contratto a tempo indeterminato dalla data di decorrenza della quinta proroga.

2. Le disposizioni di cui al presente comma non trovano applicazione nei confronti dei lavoratori impiegati nelle attività stagionali individuate con decreto del Ministero del lavoro e delle politiche sociali nonché nelle ipotesi individuate dai contratti collettivi. Fino all’adozione del decreto di cui al secondo periodo continuano a trovare applicazione le disposizioni del decreto del Presidente della Repubblica 7 ottobre 1963, n. 1525.3.I limiti previsti dal presente articolo non si applicano alle imprese start-up innovative di cui di cui all’articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge 18 ottobre 2012, n. 179, convertito, con modificazioni, dalla legge 17 dicembre 2012, n. 221,per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società, ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite.

 

L’art 23 del D.Lgs 81 del 2015, in luogo dell’attuale testo:

Numero complessivo di contratti a tempo determinato

1.Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 20% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.

2.Sono esenti dal limite di cui al comma 1, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:

a) nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

b) da imprese start-up innovative di cui all’articolo 25, commi 2 e 3, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite;

 

c) per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2;

d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi o per la produzione di specifiche opere audiovisive;

e) per sostituzione di lavoratori assenti;

f) con lavoratori di età superiore a 50 anni.

3.Il limite percentuale di cui al comma 1 non si applica, inoltre, ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ad esclusione delle fondazioni di produzione musicale di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale. I contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono. In caso di violazione del limite percentuale di cui al comma 1, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari: a)al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno; b)al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno.5.I contratti collettivi definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori in merito all’utilizzo del lavoro a tempo determinato.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

Salvo diversa disposizione dei contratti collettivi non possono essere assunti lavoratori a tempo determinato in misura superiore al 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al 1° gennaio dell’anno di assunzione, con un arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento dell’assunzione. Per i datori di lavoro che occupano fino a cinque dipendenti è sempre possibile stipulare un contratto di lavoro a tempo determinato.

2. Sono esenti dal limite di cui al comma 1, nonché da eventuali limitazioni quantitative previste da contratti collettivi, i contratti a tempo determinato conclusi:

a) nella fase di avvio di nuove attività, per i periodi definiti dai contratti collettivi, anche in misura non uniforme con riferimento ad aree geografiche e comparti merceologici;

b) da imprese start-up innovative di cui all’articolo 25, commi 2- 3, del decreto-legge n. 179 del 2012, convertito, con modificazioni, dalla legge n. 221 del 2012, per il periodo di quattro anni dalla costituzione della società ovvero per il più limitato periodo previsto dal comma 3 del suddetto articolo 25 per le società già costituite; c) per lo svolgimento delle attività stagionali di cui all’articolo 21, comma 2; d) per specifici spettacoli ovvero specifici programmi radiofonici o televisivi;

e) per sostituzione di lavoratori assenti;

 

f) con lavoratori di età superiore a 50 anni.

3. Il limite percentuale di cui al comma 1 non si applica, inoltre, ai contratti di lavoro a tempo determinato stipulati tra università private, incluse le filiazioni di università straniere, istituti pubblici di ricerca ovvero enti privati di ricerca e lavoratori chiamati a svolgere attività di insegnamento, di ricerca scientifica o tecnologica, di assistenza tecnica alla stessa o di coordinamento e direzione della stessa, tra istituti della cultura di appartenenza

statale ovvero enti, pubblici e privati derivanti da trasformazione di precedenti enti pubblici, vigilati dal Ministero dei beni e delle attività culturali e del turismo, ad esclusione delle fondazioni di produzione musicale di cui al decreto legislativo 29 giugno 1996, n. 367, e lavoratori impiegati per soddisfare esigenze temporanee legate alla realizzazione di mostre, eventi e manifestazioni di interesse culturale. I contratti di lavoro a tempo determinato che hanno ad oggetto in via esclusiva lo svolgimento di attività di ricerca scientifica possono avere durata pari a quella del progetto di ricerca al quale si riferiscono.

4. In caso di violazione del limite percentuale di cui al comma 1, restando esclusa la trasformazione dei contratti interessati in contratti a tempo indeterminato, per ciascun lavoratore si applica una sanzione amministrativa di importo pari:

a) al 20% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale non è superiore a uno; b) al 50% della retribuzione, per ciascun mese o frazione di mese superiore a quindici giorni di durata del rapporto di lavoro, se il numero dei lavoratori assunti in violazione del limite percentuale è superiore a uno. 5. I contratti collettivi definiscono modalità e contenuti delle informazioni da rendere alle rappresentanze sindacali aziendali o alla rappresentanza sindacale unitaria dei lavoratori in merito all’utilizzo del lavoro a tempo determinato.

 

Art 31 comma 2 in luogo dell’attuale formulazione

Salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall’articolo 23, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 30% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro. È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

Salva diversa previsione dei contratti collettivi applicati dall’utilizzatore e fermo restando il limite disposto dall’articolo 23, il numero dei lavoratori assunti con contratto a tempo determinato ovvero con contratto di somministrazione a tempo determinato non può eccedere complessivamente il 40% del numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza presso l’utilizzatore al 1° gennaio dell’anno di stipulazione dei predetti contratti, con

 

arrotondamento del decimale all’unità superiore qualora esso sia eguale o superiore a 0,5. Nel caso di inizio dell’attività nel corso dell’anno, il limite percentuale si computa sul numero dei lavoratori a tempo indeterminato in forza al momento della stipulazione del contratto di somministrazione di lavoro. È in ogni caso esente da limiti quantitativi la somministrazione a tempo determinato di lavoratori di cui all’articolo 8, comma 2, della legge 23 luglio 1991, n. 223, di soggetti disoccupati che godono da almeno sei mesi di trattamenti di disoccupazione non agricola o di ammortizzatori sociali e di lavoratori svantaggiati o molto svantaggiati ai sensi dei numeri 4) e 99) dell’articolo 2 del regolamento (UE) n. 651/2014 della Commissione, del 17 giugno 2014, come individuati con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali.

All’art. 2, comma 28, della legge 28 giugno 2012, n. 92, sono abrogati in fine, i seguenti periodi:

«Il contributo addizionale è aumentato di 0,5 punti percentuali in occasione di ciascun rinnovo del contratto a tempo determinato, anche in regime di somministrazione. Le disposizioni del precedente periodo non si applicano ai contratti di lavoro domestico»).

 

2- In materia di ammortizzatori sociali

Sicuramente il più grande “fallimento” registrato nel periodo Covid, a causa delle molteplici misure previste e soprattutto che ha previsto la copertura di settori “scoperti” da ogni tutela. La modifica segna invece l’introduzione di un’unica misura di meccanismo di sostegno al reddito dei lavoratori dipendenti, ampliando in maniera strutturale l’ambito di applicazione degli ammortizzatori sociali, includendo anche le imprese attualmente fuori e senza ricorrere ad enti terzi (ad esempio le Regioni).

·  All’ articolo 10 in luogo del seguente testo :

La disciplina delle integrazioni salariali ordinarie e i relativi obblighi contributivi si applicano a: a) imprese industriali manifatturiere, di trasporti, estrattive, di installazione di impianti, produzione e distribuzione dell’energia, acqua e gas; b) cooperative di produzione e lavoro che svolgano attività lavorative similari a quella degli operai delle imprese industriali, ad eccezione delle cooperative elencate dal Decreto del Presidente della Repubblica 30 aprile 1970, n. 602; c) imprese dell’industria boschiva, forestale e del tabacco; d) cooperative agricole, zootecniche e loro consorzi che esercitano attività di trasformazione, manipolazione e commercializzazione di prodotti agricoli propri per i soli dipendenti con contratto di lavoro a tempo indeterminato; e) imprese addette al noleggio e alla distribuzione dei film e di sviluppo e stampa di pellicola cinematografica; f) imprese industriali per la frangitura delle olive per conto terzi; g) imprese produttrici di calcestruzzo preconfezionato; h) imprese addette agli impianti elettrici e telefonici; i) imprese addette all’armamento ferroviario; l) imprese industriali degli enti pubblici, salvo il caso in cui il capitale sia interamente di proprietà pubblica; m) imprese industriali e artigiane dell’edilizia e affini; n) imprese industriali esercenti l’attività di escavazione e/o lavorazione di materiale lapideo; o) imprese artigiane che svolgono attività di escavazione e di lavorazione di materiali lapidei, con esclusione di quelle che svolgono tale attività di lavorazione in laboratori con strutture e organizzazione distinte dalla attività di escavazione.

 

L’introduzione del seguente testo:

La disciplina delle integrazioni salariali ordinarie e i relativi obblighi contributivi si applicano a tutte le tipologie d’imprese ad eccezione delle imprese artigiane e per tutte le tipologie di imprese per le quali continueranno a trovare applicazione le disposizioni di cui ai Fondi di Solidarietà art. 26 e ss. D.Lgs 148 del 2015.

 

 

 

3 -Riduzione del costo del lavoro

Il capitolo più importante per la ripartenza del mercato del lavoro è senza alcun dubbio una riduzione strutturale e significativa del costo del lavoro ancora troppo alto nel nostro Paese.

In luogo dell’attuale misura denominata decontribuzione sud prevista nella legge n 178 del 2020 al art. 1 comma 161 prevedere la seguente misura

Al fine di contenere il perdurare degli effetti straordinari sull’occupazione, determinati dall’epidemia di COVID-19 in aree caratterizzate da grave situazione di disagio socio economico, e di garantire la tutela dei livelli occupazionali, l’esonero contributivo di cui all’articolo 27, comma 1, del decreto legge 14 agosto 2020, n. 104, convertito, con modificazioni, dalla legge 13 ottobre 2020, n. 126, si applica fino al 31 dicembre 2029, modulato come segue:

a) in misura pari al 30% dei complessivi contributi previdenziali da versare fino al 31 dicembre 2025;

b) in misura pari al 20% dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2026 e 2027;

c) in misura pari al 10% dei complessivi contributi previdenziali da versare per gli anni 2028 e 2029.

 

Prevedere una misura strutturale di riduzione del costo del lavoro , ovvero ,in luogo dell’antescritta misura adottare una decontribuzione non limitata nel tempo ma modulata in base alle zone economiche

1. in particolare per le ZES Abruzzo, Basilicata, Calabria, Campania, Molise, Puglia, Sardegna e Sicilia per garantire la tutela dei livelli occupazionali, l’esonero contributivo in misura pari al 40% dei complessivi contributi previdenziali;

2. per le regioni Abruzzo, Molise e Sardegna sono le “Regioni in transizione”, per garantire la tutela dei livelli occupazionali, l’esonero contributivo in misura pari al 30% dei complessivi contributi previdenziali;

3. per le Regioni “più sviluppate” sono Emilia Romagna, Friuli Venezia Giulia, Lazio, Liguria, Lombardia, Marche, Piemonte, Toscana, Valle d’Aosta, Veneto, Trentino Alto Adige per garantire la tutela dei livelli occupazionali, l’esonero contributivo in misura pari al 20% dei complessivi contributi previdenziali.

Inoltre, è prioritario assicurare una decontribuzione a tutti quelli lavoratori che assumono lavoratori che abbiano già avuto nella loro vita lavorativa un contratto a tempo determinato e soprattutto nella fascia d’età che va dai 36 ai 50 anni privi di un impiego regolarmente retribuito da almeno 6 mesi.

Infatti, a tutt’oggi per i datori di lavoro che vogliano assumere a tempo indeterminato questa particolare categoria lavoratori non esiste alcun incentivo, pertanto, con il presente disegno di legge si prevede la proroga e la modifica dell’incentivo c.d. “io lavoro” che dovrà diventare biennale sempre nel limite di euro 8.000,00 in ragione d’anno.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

di inserire il presente comma:

I programmi operativi nazionali e regionali e i programmi operativi complementari possono prevedere, nel limite complessivo di 500 milioni di euro per ciascuno degli anni 2021 e 2022, nell’ambito degli obiettivi specifici previsti dalla relativa programmazione e nel rispetto della normativa europea in materia di aiuti di Stato, misure per favorire l’assunzione con contratto a tempo indeterminato di soggetti che non abbiano compiuto trentacinque anni di età, ovvero di soggetti di almeno trentacinque anni di età privi di un impiego regolarmente retribuito da

 

almeno sei mesi. Per i soggetti di cui al primo periodo, l’esonero contributivo di cui all’articolo 1-bis, comma 1, del decreto-legge 12 luglio 2018, n. 87, convertito, con modificazioni, dalla legge 9 agosto 2018, n.96, è elevato fino alla durata di due anni al 100%, nel limite massimo di importo su base annua pari a quanto stabilito dall’articolo 1, comma 118, della legge 23 dicembre 2014, n. 190, ed è’ cumulabile con altri esoneri o riduzioni delle aliquote di finanziamento previsti dalla normativa vigente, limitatamente al periodo di applicazione degli stessi. In attuazione del presente comma sono adottate, con le rispettive procedure previste dalla normativa vigente, le occorrenti azioni di rimodulazione dei programmi interessati.

 

4 - Semplificazione delle misure per il ricorso al welfare aziendale

Al fine di stimolare il ricorso al welfare aziendale soprattutto nella micro-piccole e medie imprese, strumento ancora oggi molto poco utilizzato, è necessario rendere più agevole il ricorso allo stesso semplificandone la modalità di attuazione ed ampliando limiti che oggi tagliano fuori possibili beneficiari.

In luogo della disposizione di cui art 1 comma 182 e ss.

182. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 2.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché’ le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

183. Ai fini della determinazione dei premi di produttività, è computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità.

184. Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182.

185. Per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette.

186. Le disposizioni di cui ai commi da 182 a 185 trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 50.000. Se il sostituto d’imposta tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il beneficiario attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno.

187. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 182 a 191, le somme e i valori di cui ai commi 182 e 184 devono essere erogati in esecuzione dei contratti aziendali o territoriali di cui all’articolo 51 del decreto legislativo 15 giugno 2015, n. 81.

188. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione di cui al comma 182 nonché’ le modalità attuative delle previsioni contenute nei commi da 182 a 191, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, di cui al comma 189. Il decreto prevede altresì le modalità del monitoraggio dei contratti aziendali o territoriali di cui al comma 187.

 

189. Il limite di cui al comma 182 è aumentato fino ad un importo non superiore a 2.500 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nell’organizzazione del lavoro, con le modalità specificate nel decreto di cui al comma 188.

190. All’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2:

1) la lettera f) è sostituita dalla seguente:

«f) l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100»;

2) la lettera f-bis) è sostituita dalla seguente:

«f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché’ per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari»;

3) dopo la lettera f-bis) è inserita la seguente:

 «f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

 «3-bis. Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale».

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

la seguente formulazione:

Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui all’art 1 ai commi da 182 a 191, della Legg 208 del 2015 le somme e i valori di cui ai commi 182 e 184 possono essere erogati in esecuzione di regolamenti aziendali. Salva espressa rinuncia scritta del prestatore di lavoro, sono soggetti a una imposta sostitutiva dell’imposta sul reddito delle persone fisiche e delle addizionali regionali e comunali pari al 10%, entro il limite di importo complessivo di 5.000 euro lordi, i premi di risultato di ammontare variabile la cui corresponsione sia legata ad incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione, misurabili e verificabili sulla base di criteri definiti con il decreto di cui al comma 188, nonché’ le somme erogate sotto forma di partecipazione agli utili dell’impresa.

183. Ai fini della determinazione dei premi di produttività, è computato il periodo obbligatorio di congedo di maternità.

184. Le somme e i valori di cui al comma 2 e all’ultimo periodo del comma 3 dell’articolo 51 del testo unico di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, non concorrono, nel rispetto dei limiti ivi indicati, a formare il reddito di lavoro dipendente, né sono soggetti all’imposta sostitutiva disciplinata dai commi da 182 a 191, anche nell’eventualità in cui gli stessi siano fruiti, per scelta del lavoratore, in sostituzione, in tutto o in parte, delle somme di cui al comma 182.

185. Per l’accertamento, la riscossione, le sanzioni e il contenzioso, si applicano, in quanto compatibili, le ordinarie disposizioni in materia di imposte dirette.

 

 

186. Le disposizioni di cui ai commi da 182 a 185 trovano applicazione per il settore privato e con riferimento ai titolari di reddito di lavoro dipendente di importo non superiore, nell’anno precedente quello di percezione delle somme di cui al comma 182, a euro 100.000. Se il sostituto d’imposta tenuto ad applicare l’imposta sostitutiva non è lo stesso che ha rilasciato la certificazione unica dei redditi per l’anno precedente, il beneficiario attesta per iscritto l’importo del reddito di lavoro dipendente conseguito nel medesimo anno.

187. Ai fini dell’applicazione delle disposizioni di cui ai commi da 182 a 191, le somme e i valori di cui ai commi 182 e 184 devono essere erogati in esecuzione di regolamenti aziendali.

188. Con decreto del Ministro del lavoro e delle politiche sociali di concerto con il Ministro dell’economia e delle finanze, da emanare entro sessanta giorni dalla data di entrata in vigore della presente legge, sono stabiliti i criteri di misurazione degli incrementi di produttività, redditività, qualità, efficienza ed innovazione di cui al comma 182 nonché’ le modalità attuative delle previsioni contenute nei commi da 182 a 191, compresi gli strumenti e le modalità di partecipazione all’organizzazione del lavoro, di cui al comma 189.

189. Il limite di cui al comma 182 è aumentato fino ad un importo non superiore a 10.000 euro per le aziende che coinvolgono pariteticamente i lavoratori nellorganizzazione del lavoro, con le modalità specificate nel decreto di cui al comma 188.

190. All’articolo 51 del testo unico delle imposte sui redditi, di cui al decreto del Presidente della Repubblica 22 dicembre 1986, n. 917, sono apportate le seguenti modifiche:

a) al comma 2:

1) la lettera f) è sostituita dalla seguente:

«f) l’utilizzazione delle opere e dei servizi riconosciuti dal datore di lavoro volontariamente o in conformità a disposizioni di contratto o di accordo o di regolamento aziendale, offerti alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti e ai familiari indicati nell’articolo 12 per le finalità di cui al comma 1 dell’articolo 100»;

2) la lettera f-bis) è sostituita dalla seguente:

«f-bis) le somme, i servizi e le prestazioni erogati dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione, da parte dei familiari indicati nell’articolo 12, dei servizi di educazione e istruzione anche in età prescolare, compresi i servizi integrativi e di mensa ad essi connessi, nonché’ per la frequenza di ludoteche e di centri estivi e invernali e per borse di studio a favore dei medesimi familiari»;

3) dopo la lettera f-bis) è inserita la seguente:

 «f-ter) le somme e le prestazioni erogate dal datore di lavoro alla generalità dei dipendenti o a categorie di dipendenti per la fruizione dei servizi di assistenza ai familiari anziani o non autosufficienti indicati nell’articolo 12»;

b) dopo il comma 3 è inserito il seguente:

«3-bis. Ai fini dell’applicazione dei commi 2 e 3, l’erogazione di beni, prestazioni, opere e servizi da parte del datore di lavoro può avvenire mediante documenti di legittimazione, in formato cartaceo o elettronico, riportanti un valore nominale».

  

E. MISURE SANITARIE

 

Il 2020 si è chiuso con un meno 37% di prestazioni sanitarie, meno 42% di visite ambulatoriali, meno 30% di ricoveri, meno 32% di diagnosi, meno 30% trattamenti terapeutici. Prendiamo ad esempio i cardiopatici, siamo passati da una mortalità del 4,1% riferibile al 2019 ad una mortalità del 13,7%. In sintesi, nel 2020 abbiamo potuto ricoverare metà delle persone che avevano problemi cardiaci e l’altra metà si è dovuta arrangiare come meglio poteva ed i risultati si vedono. Mancano personale sanitario, posti letto e strutture. Tutto questo dopo che il governo aveva assicurato alla sanità svariati centinaia milioni di euro

 

per evitare che gli italiani morissero a casa loro senza assistenza. Così non è andata. Le liste d’attesa per visita specialistica sono aumentate a dismisura e non si sa quando potremo ritornare ad una forma di normalità. Siamo tornati all’era del bronzo in molti settori dell’economia e la sanità è una tra queste. Incapacità di gestione a livello governativo e di management nei vari settori dell’economia nazionale hanno reso ancora più fragile un tessuto sociale che già stava messo male nel 2019, figuriamoci adesso con 190 miliardi di debito pubblico in più. Hanno cercato di mettere la pezza al buco dando bonus a pioggia a chi sapeva alzare di più la voce, ma quello che hanno ottenuto è di usare una spugnetta per asciugare il mare, abbandonando i più deboli nella tempesta senza salvagente e con la riva distante ancora non si sa bene quanto. Abbiamo visto tutti a cosa siano serviti bonus e ristori, a salvare in buona parte le aziende partecipate di Stato e i grandi gruppi ma chi era povero e viveva del proprio lavoro oggi è più povero ed è senza lavoro. Non è più possibile guardare senza fare nulla. Invece di spendere soldi inutili per bonus vacanze o biciclette e monopattini, spendeteli per le terapie e per le visite ambulatoriali coinvolgendo la sanità privata. In un colpo salvereste vite umane e posti di lavoro.

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

Riferibile all’anno 2021/2022:

Per ogni famiglia composta da 3 persone, con media reddito annuo lordo riferibile al 2019/2020 minore ad euro 25.000,00, ogni prestazione e ricovero gratis con pagamento della prestazione a carico del SSN.

Per tutti i redditi superiori e per famiglie oltre le 3 persone:

·  Da recuperare il mese successivo alla spesa effettuata. Credito d’imposta al 100% delle spese sostenute, presso strutture private, per tutte le prestazioni sanitarie richieste dal proprio medico di base;

·  Da recuperare il mese successivo alla spesa effettuata. Credito d’imposta al 100% delle spese sostenute, presso strutture private, per diagnosi e cura specialistica, compreso l’ambito delle cure mentali e psicologiche;

·  Da recuperare il mese successivo alla spesa effettuata. Credito d’imposta al 100% delle spese sostenute presso strutture private, per degenza.

 

Per quanto riguarda i trattamenti equivalenti in materia di tutela della salute,

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

­  una norma che incida positivamente sull’articolo 117 della Costituzione uniformando su tutto il territorio nazionale ogni genere di trattamento sanitario nell’ambito pubblico.

­  una norma che incida positivamente sull’articolo 116, comma 3, ossia la norma alla base delle richieste regionali di maggiore autonomia, spostando la competenza legislativa concorrente a quella esclusiva dello Stato.

 

Per le PMI che operano nella fabbricazione, vendita e nella fornitura di servizi per devices sanitari, presidi medici, farmaceutica, strumenti e macchinari elettromedicali,

 

UNIMPRESA PROPONE:

 

l’uniformazione dei CCNL per tutta la categoria alla migliore offerta da enti datoriali e sindacati;

 

l’applicazione per almeno i prossimi 10 anni, il credito d’imposta al 50% delle spese sostenute per il personale e per le progettazioni extra muros, nell’ambito della progettazione di nuove tecnologie e prodotti ICT, TLC, software, IoT, IT ed OT, robotica, processi di trasformazione digitale e formazione del personale;

l’applicazione per almeno i prossimi 10 anni, della deduzione dal reddito aziendale del 100% delle somme devolute ad Università ed Enti di ricerca nell’ambito di progetti di ricerca e sviluppo.

  

F. LA CRISI DEI DISTRETTI INDUSTRIALI

 

1. Dagli anni Settanta in poi, il tessuto produttivo italiano è stato caratterizzato, a fronte del declino espansivo delle grandi imprese, costrette a ripiegare sul decentramento, sulla specializzazione e sulla divisione del lavoro tra aziende dello stesso settore, dallo sviluppo straordinario, nell’ambito di circa 200 distretti industriali, distribuiti su tutto il territorio nazionale, dal Veneto alla Sicilia, di agglomerati di micro, piccole e medie imprese, non di rado di origine artigiana e a conduzione familiare, interrelati tra di loro sia sul piano economico e sociale, nonché della cultura imprenditoriale. Quello che Unimpresa definisce il tessuto più prezioso del sistema economico-produttivo del nostro paese, un fiore all’occhiello che ha conquistato, nel tempo, per le produzioni di nicchia, anche prestigiose, significative quote di mercato anche a livello internazionale. Il Made in Italy per eccellenza, il nostro orgoglio, caratterizzato dalla produzione di beni di consumo durevoli per la casa e per la persona, nonché di macchinari impiegati per la loro produzione. La tipologia delle relazioni tra le piccole e medie imprese, all’interno dello stesso distretto, ha garantito l’adattamento rapido dell’offerta dei prodotti alle variazioni della domanda, conseguente alla specializzazione, alla flessibilità e all’elasticità di quel microsistema. Per cui si è creata, in ciascun ambito territoriale, determinato e storicamente identificabile, un’autentica filosofia distrettuale, la tipica cultura delle PMI, scaturente dalla cooperazione tra soggetti produttivi, dalla mutua fiducia, dalla contaminazione creativa, anche concorrenziale, nonché dall’efficienza. Cioè il distretto produttivo italiano, inteso come modello dinamico, non statico e ripetitivo, guidato non di rado da una impresa leader per quota di mercato, per capacità di innovazione e per ricerca della qualità.

 

2. La crisi pandemica si è abbattuta come un tornado devastante sui nostri distretti industriali, una vera tempesta perfetta, alla quale, si auspica, il Governo Draghi possa finalmente porre riparo nella progettualità della ripresa, ancorata alle risorse del Recovery Fund. Se scompaiono i distretti, muore la piccola e media impresa del Made in Italy, tracolla il sistema economico-produttivo nazionale! Può essere utile, quindi, analizzare gli specifici fattori della crisi dei distretti, che sono stati indotti in primis dal crollo della domanda, prendendo ad esempio il modello marchigiano, sia esso calzaturiero o dell’abbigliamento. Fattori che sono comuni a tutti gli altri distretti industriali, nel Nord, nel Centro e nel Sud. Partendo da una premessa: la marcata interdipendenza tra gli attori distrettuali, cioè quella che era un punto di forza, si è ora trasformato nel maggior punto di debolezza del sistema distrettuale. “Il distretto è come un grappolo d’uva, formato da tanti acini, che soltanto se sapientemente portati a maturazione e, poi, correttamente trattati, possono dar vita ad un buon vino”. Vale la pena analizzare la crisi che ha investito l’intera filiera della trasformazione, in ambito distrettuale, attraverso i molteplici attori, le diverse fasi e i passaggi, sia che riguardi il vino, la moda o la calzatura.

 

 

 

3. Nella norma funzionava così. Si partiva da un disegno, dall’idea di uno stilista, si passava poi ad un modellista che realizzava il modello in carta o il prototipo. Si ricercavano i fornitori dei materiali, quelli degli accessori, si tagliavano, si lavoravano, si montavano tutti questi elementi e si confezionavano i prodotti, si sperimentava, si facevano foto e test. Si controllava di continuo la qualità, perché questa si realizzava in ogni singolo gesto e non solo alla fine del lavoro. Poi si realizzava il packaging, si organizzava la logistica e si curavano gli aspetti amministrativi e commerciali di tutti questi passaggi. Una sorta d’ingranaggio che scorreva, fino a ieri, senza intoppi. Oggi invece questo ingranaggio registra gravi intralci, esasperati ed esasperanti. Anche perché a differenza del passato, in cui gli ordini arrivano a profusione, si tratta ora di gestire soltanto piccoli ordini. Per cui occorre escogitare ed elaborare idee innovative, cercando di rispondere ad una domanda nuova, che passa, in dimensioni esponenziali, attraverso le piattaforme digitali, le nuove vetrine del commercio mondiale. Una domanda nuova che viene dal potere del click che ogni compratore ha su queste piattaforme di acquisto, dove grazie ai configuratori può decidere di acquistare un capo, una scarpa personalizzata o un profumo. Essendo tramontato il tempo delle imprese leader che dettano le mode e impongono la qualità e i modelli, quella formula di distretto che per sua natura, come il famoso just in time di nipponica memoria, ne era la soluzione, oggi arranca e incontra mille ostacoli.

 

Varie bombe sono esplose, nel terribile 2020, sull’economia del distretto, in una devastante successione, come negli attentati terroristici, che eliminano oltre alle prime vittime, anche i soccorritori e, infine, gli stessi investigatori.

 

La prima. La cassa integrazione non è arrivata e gli imprenditori hanno dovuto anticiparla ai dipendenti, per affetto verso di loro e per interesse, prosciugando così la già scarsa liquidità. Quella liquidità che serviva per comprare tessuti, accessori e materiali nuovi da sperimentare, nonché a pagare i disegnatori e i modellisti. Così l’ingranaggio ha subito un primo inceppamento.

 

La seconda. Le migliori risorse umane, chiamate a lavorare solo qualche giornata, se hanno trovato un’occupazione migliore, un’alternativa, che garantiva la mensilità, se ne sono andati, privando la PMI di mani pregevoli, di quell’esperienza pluriennale, impossibile da rimpiazzare, anche nell’eventuale ripresa futura. In tal modo, l’azienda si è impoverita ulteriormente, nel fattore umano e nelle disponibilità finanziarie, dovendo far fronte anche ai costi necessari alla conclusione dei rapporti di lavoro.

 

La terza. Con il Covid-19, la malattia è arrivata e ha colpito al cuore il fattore umano dell’azienda, creando ansia e timore nel futuro. Quando questo è avvenuto, in aziende con 4-5 dipendenti, ha provocato un altro choc, un altro arresto all’ingranaggio. Per cui, anche i progetti innovativi nel mondo della moda, hanno subito un’alterazione nei ritmi di produzione: il laboratorio A lavora il lunedì, il B soltanto il giovedì e C solo il venerdì pomeriggio. In tal modo i tempi, che erano di tre settimane per produrre un capo finito, sono diventati cinque, sei o sette, con problemi di controllo della qualità e di costi maggiorati, perché non si riesce più ad efficientare la logistica, i volumi e gli spostamenti.

 

La quarta. Permane l’arretratezza digitale dei fondatori di queste microimprese, alcuni addirittura faticano anche ad aprire una mail. Ci sono situazioni in cui, nel migliore dei casi, passava la nipote del titolare, un giorno sì e uno no, per leggere la posta elettronica. Ma se si ammalava o doveva stare a casa a guardare i bambini, che non potevano andare a scuola, la

 

mail rimaneva lì, inutilizzata, magari con un messaggio importante, magari per una modifica ad un progetto, magari per un ordine, magari per un’informazione utile.

 

La quinta. I buyer ne hanno approfittato. Il meccanismo è noto. Le grandi firme schiacciano i terzisti: quel pantalone che sanno di dover pagare a 30 euro, lo chiedono per 25, perché nella casa madre qualcuno ha scritto questa previsione nel business plan. Di conseguenza, i rappresentanti sul territorio spingono per chiudere a 23, per far una bella figura con l’azienda. Il piccolo imprenditore, con l’acqua alla gola, è costretto a subire. Uno spregevole taglieggiamento, alla faccia dei codici etici europei.

 

La sesta. Quest’ultima costituisce la più pericolosa bomba per il futuro dei distretti: i laboratori dei cinesi, anche clandestini, che fanno concorrenza sleale, con la guerra dei costi, finché non dovranno anche loro fare il DURC. Ma quando saranno obbligati a farlo?

 

Questa è la radiografia drammatica della crisi che ha investito i nostri distretti industriali e le PMI. Unimpresa chiede al nuovo governo di varare misure per salvare e rilanciare anche questo modello italiano, un gioiello di organizzazione produttiva, di creatività e di efficienza!

 

 

 

 

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