di Sonia Bernardo, Assessore alle Pari Opportunità
Massa Lubrense - L’8 marzo ‘Giornata internazionale della donna’ è una data importante per ricordare quanto è stato fatto e quanto ancora occorre fare per ottenere parità e pari opportunità per le donne, anche come strumento per ottenere maggiori diritti per tutti. Tante le tappe da ricordare per conquistare i diritti civili e politici !! Nel 1946, 21 donne vengono elette nell'Assemblea Costituente, e tra loro anche quattro deputate che entrano a far parte della Commissione dei 75, incaricata di redigere la nuova costituzione. Col contributo delle donne presenti all'Assemblea Costituente viene formalmente sancito nella Costituzione il principio di uguaglianza tra i sessi. Traguardi importanti ma non decisivi, che rappresentano solo la prima tappa di un lungo percorso verso il riconoscimento di una sostanziale parità, tanto nelle istituzioni quanto in famiglia e nel lavoro. Tante le donne che si sono battute per arrivare alla parità di genere, in Italia e nel mondo e che con grandi difficoltà si sono avvicinate a professioni ritenute fino a poco tempo prima, esclusivamente maschili. Vorrei ricordare una donna, considerata un’icona femminista rivoluzionaria, Artemisia Gentileschi, un’artista innovativa per l’energia travolgente che seppe infondere nella rappresentazione della figura femminile. La “pittora”, come lei stessa si definiva, di scuola caravaggesca, fu violentata da un pittore suo maestro, siamo nel 1611. Artemisia denunciò lo stupratore e affrontò il processo con una notevole dose di coraggio e forza di spirito: ciò non fu cosa da poco, considerando che l'iter probatorio fu tortuoso, complicato e particolarmente aggressivo. Per verificare la veridicità delle dichiarazioni rese, le autorità giudiziarie disposero persino che la Gentileschi venisse sottoposta ad un interrogatorio sotto tortura, così da sveltire - secondo la mentalità giurisdizionale imperante all'epoca - l'accertamento della verità. Il supplizio scelto per l'occasione era quello cosiddetto «della sibilla» e consisteva nel legare i pollici con delle cordicelle che, con l'azione di un randello, si stringevano sempre di più sino a stritolare le falangi. Con questa drammatica tortura Artemisia avrebbe rischiato di perdere le dita per sempre, danno incalcolabile per una pittrice della sua levatura.
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