di Filomena Baratto
Non è il titolo di un libro ma una frase tratta dal dodicesimo capitolo del romanzo Il fu Mattia Pascal di Luigi Pirandello nel punto in cui afferma: “Se nel momento culminante, proprio quando la marionetta che rappresenta Oreste è per vendicare la morte del padre sopra Egisto e la madre, si facesse uno strappo nel cielo di carta del teatrino, che avverrebbe?” Il capitolo inizia con Anselmo Paleari, uno dei personaggi, che invita Adriano Meis ad andare al teatrino di marionette dove si tiene la tragedia di Oreste, personaggio dell’Elettra di Sofocle. Nella tragedia Oreste vendica la morte del padre e Anselmo chiede ad Adriano che cosa succederebbe se nel momento della vendetta il cielo di cartapesta nel teatrino si squarciasse. E’ lo stesso Paleari a rispondere: “Oreste sentirebbe gli impulsi della vendetta, vorrebbe seguirli con smaniosa passione, ma gli occhi, sul punto, gli andrebbero lì, a quello strappo, donde ora ogni sorta di mali influssi penetrerebbero nella scena, e si sentirebbe cader le braccia”. Oreste non avrebbe più alcun supporto per far valere le motivazioni che lo portano a vendicarsi, cadrebbero quelle certezze che gli avevano fatto intraprendere l’impresa. Sarebbe più simile ad Amleto, eroe dell’incertezza. Questa è la differenza per Pirandello tra la tragedia antica e quella moderna: un buco nel cielo di carta. Nel teatro come nella vita chiunque voglia chiudere gli occhi sullo strappo diventa una marionetta, sarà privo di coscienza umana. Il Fu Mattia Pascal fu pubblicato nel 1904 sull’Antologia. L’autore lo scrisse in un periodo di enorme difficoltà mentre assisteva la moglie malata.
E’ la storia di Mattia che va a Montecarlo e vince una fortuna alla roulette. Nel viaggio di ritorno a casa apprende, dalla lettura del giornale, che al paese lo davano per morto. I giorni di assenza da casa e il rinvenimento di un corpo senza vita di un uomo avevano indotto a credere nella sua morte. Mattia accetta questa morte e si dà una nuova vita col nome di Adriano Meis. Si stabilisce a Roma dove frequenta personaggi strani e si innamora di Adriana. Ben presto si rende conto che per la burocrazia non esiste e privo d’identità non può vivere la vita che sceglie. Questa consapevolezza lo fa ritornare, dopo aver lasciato i panni di Adriano Meis, nel nuovo Mattia Pascal. In questo viaggio circolare Mattia si pone a stretto contatto con la morte, ecco perché “Fu” Mattia Pascal. Mattia è il simbolo dell’uomo che ha patito tutti i disinganni filosofici e ideologici nel passaggio dall’età romantica a quella decadente. Il romanzo inizia con: “Mi chiamo Mattia Pascal”, quindi non sono, secondo il Cogito ergo sum cartesiano che racchiudeva la certezza soggettiva di esistere. Lo stesso cognome del protagonista allude al filosofo Blaise Pascal per il quale la ragione non basta all’uomo. Morto e vissuto due volte in attesa della morte definitiva, l’unica certezza che ha Mattia è il suo nome e cognome. L’opera, in diciotto capitoli, descrive nei primi cinque, con tono comico-satirico, l’irresponsabilità del personaggio. Poi si narrano i fatti che accadono al protagonista. Nel romanzo troviamo in nuce le problematiche del relativismo e del doppio (il suo alter ego). In quanto al relativismo Mattia maledice Copernico per il quale non essendo più la terra al centro dell’universo, anche l’uomo non è più quello di prima e nessuna verità assoluta è più ammessa nel campo della scienza, della conoscenza e della morale. Nel discorso convergono gli influssi della filosofia leopardiana delle Operette Morali, riprendendo Il Copernico in cui il Sole afferma: “Io sono stanco di questo continuo andare attorno per far lume a quattro animaluzzi che vivono su questo pugno di fango, tanto piccino, che io che ho buona vista, non lo arrivo a vedere”. Mattia è un uomo relativo e irrazionale, un fallito. C’è da chiedersi però se realmente sia un perdente. Il suo fallimento è un atto d’accusa alla società e ai tempi che non permettono a un uomo di vivere senza cogliere occasioni assurde, senza umiliarsi fino ad accettare una condizione di uomo ombra. Mattia ritorna al paese ma trova sua moglie sposata all’amico Pomino e, secondo la burocrazia, dovrebbe riprendersela. Dopo la “scena madre” con lo svenimento della donna e la caduta del marito, Mattia si allontana accorgendosi di aver perso pure l’affetto. Ritornerà nella biblioteca di don Eligio Pellegrinotto e a vivere nella casa di zia Scolastica. E ancora una volta si ritrova solo. Ciò che lo sconvolge è l’indifferenza del paese davanti ai fatti accaduti. Il Fu Mattia Pascal è la storia di un’identità perduta. Il romanzo ci pone la domanda se poi la carta d’identità sia l’esistenza stessa. Una carta fornita dalla società con cui l’uomo si attiene alle sue convenzioni, senza le quali non esiste.
Nessun commento:
Posta un commento
La qualità e l’efficacia del blog dipendono quasi interamente dai vostri contributi. Si raccomanda, perciò, attinenza al tema, essenzialità e rispetto delle elementari regole di confronto. I messaggi diffamatori, scritti con linguaggio offensivo della dignità della persona, razzisti o lesivi della privacy, pertanto, non saranno pubblicati.