di Filomena BarattoLa parola umiltà mi colpì, per la prima volta, durante un compito in classe su San Francesco d’Assisi. Ricordo che impiegai del tempo prima di mettere penna su carta, poi scrissi senza fermarmi fino alla fine. Tutto il tema faceva riferimento all’umiltà del Santo che, da giovane ricco e viziato, divenne modello di vita.
L’umiltà è una dote, ed è quella capacità di farsi piccoli, al servizio degli altri, di comprendere e penetrare i fatti della vita volendoli capire veramente e non giudicandoli o ergendosi al di sopra degli altri. E’ la capacità di riconoscere la miseria umana e non la grandezza dell’uomo. Non è un aspetto negativo della personalità, un sentirsi inferiore. Così pensa chi ha la capacità opposta all’umiltà che è la boria, la superbia, il sentirsi migliore senza ombra di dubbio. L’umile è tutt’altro che sprovveduto, è umile ma non sa di esserlo. Ne I Fioretti di San Francesco, frate Masseo chiese al Santo: «Dico, perché a te tutto il mondo viene dirieto, e ogni persona pare che desideri di vederti e d’udirti e d’ubbidirti? ». Francesco gli rispose: «Vuoi sapere perché a me tutto ’l mondo mi venga dietro? Questo io ho da quelli occhi dello altissimo Iddio, li quali in ogni luogo contemplano i buoni e li rei: imperciò che quelli occhi santissimi non hanno veduto fra li peccatori nessuno più vile, né più insufficiente, né più grande peccatore di me».
Tutti scambiano l’umiltà per sottomissione o inadeguatezza, incapacità a reagire, impotenza. Per essere umili bisogna essere intelligenti, maturi, consapevoli, forti.
Umile deriva dal latino humus, terra, che non significa inferiore, ma basilare, fondamentale, indispensabile. L’umiltà è il fondamento dell’essere cristiano, dell’uomo consapevole della sua fragilità e della sua umanità. Di conseguenza senza non si costruisce alcuna personalità e nemmeno una vita rispettosa di sè e degli altri. Nel Canto I del Purgatorio, vv 94-105, Dante prima di procedere dovrà pulirsi il viso stravolto dalle pene dell’Inferno e cingersi i fianchi col giunco, simbolo di umiltà: «Va dunque, e fa che tu costui recinghe/ d’un giunco schietto e che li lavi ‘l viso,/ sì ch’ogne sudiciume quindi stringhe./ Chè non si converrìa, l’occhio sorpriso/ d’alcuna nebbia, andar dinanzi al primo/ ministro ch’è di quei di paradiso./Questa isoletta intorno ad imo ad imo,/là giú, colà dove la batte l’onda,/ porta di giunchi sovra ’l molle limo:/ null’altra pianta che facesse fronda,/o indurasse, vi puote aver vita, /però ch’a le percosse non seconda». Proprio come il giunco si piega al vento e si adatta al limo e al fango in cui cresce, così l’umiltà è sentirsi niente al cospetto di Dio. Ma in che cosa consiste l’umiltà?
Essa è come l’acqua, definita nel Cantico delle Creature “utile, umile, preziosa e casta”. L’acqua mai s’innalza, scende, fino al punto più basso. Quando si trasforma in vapore può salire, ma qui solo come orgoglio e vanità. Miseria e piccolezza, questi i due significati. La miseria è quella in cui siamo, mentre la piccolezza è ciò che avvertiamo, l’essere piccoli di fronte a un essere perfetto. Quando Virgilio, più avanti, stacca il giunco, immediatamente rinasce nel molle limo nel punto esatto da cui viene strappato. «Oh meraviglia! Chè qual elli scelse/l’umile pianta, cotal si rinacque/ subitamente là onde l’avelse ». Così l’umiltà non deve mai venir meno, è un abito di cui ornarsi senza il quale non potremmo vedere la vita con chiarezza. "L‘umiltà, secondo San Tommaso, consiste essenzialmente negli atti del volere, con i quali si tengono a freno gli impulsi disordinati del proprio animo verso le cose grandi: essa però ha la sua regola nella conoscenza, in modo che uno non si stimi più di quello che è. E il principio e la radice di questi atti (della volontà e della ragione) è la riverenza che si ha verso Dio. Dall‘atteggiamento interiore dell‘umiltà derivano poi certi segni esterni, cioè parole, azioni e gesti, che manifestano l‘interno, come avviene anche per le altre virtù: poiché, come dice la Scrittura dall‘aspetto si conosce l‘uomo, e dal volto si conosce l‘uomo di senno». L’umiltà ha il compito di frenarci. Non è altro che una moderazione secondo quanto afferma Cicerone nel De Inventione.
Sant’Agostino diceva che se vuoi costruire un alto edificio è bene mettere a fondamento l’umiltà, a dimostrazione che è alla base di tutte le virtù.
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