di Filomena BarattoMi sono sempre chiesta il motivo per cui abitiamo in un paese e non in un altro, fino a identificarci con quel luogo. Il caso ci ha posto lì. Potremmo essere abitanti della Mongolia come del Cile o del Sudan…
Spesso immagino di essere stata, in altre vite, abitante di tutti i luoghi. Non mi sento solo napoletana, campana, italiana, europea ma abitante del pianeta. Non vi capita di rammaricarvi di non trovarvi ad abitare in Normandia, o in Galizia, o in Persia, in Sudafrica, in Perù? Questa frenesia nasce dal bisogno di vitalità insito in noi, dalla voglia di vivere ogni parte a noi sconosciuta. Invece abitiamo le nostre piccole terre, circoscritte da una giurisdizione, da un’etnia, un‘economia, un territorio. Accanto al mio posto, che abito e amo, vorrei poter abbracciare anche gli altri: trovarmi, per esempio, nei giardini giapponesi ricchi di ciliegi o nelle terre degli aborigeni australiani o nel Gran Canyon, su una duna del deserto del Sahara. Sin da piccola ero affascinata dai posti lontani, dagli uomini che li abitavano, dalle loro tradizioni, usi, costumi, leggi. Detto così sembra quasi la celebrazione di un sentimento universale che tutti dovremmo provare. E se anche fosse, non nasce per caso, ma è frutto di tante componenti, tra cui carattere, cultura, sensibilità.
La lettura educa questo sentimento. Quando leggevo di Astolfo sulla luna, nell'Orlando Furioso, ero affascinata dal viaggio che il personaggio affrontava per recuperare il senno di Orlando. La luna racchiudeva per me la ragione, la consapevolezza e, ogni volta che alzavo lo sguardo a guardarla, mi dicevo che un giorno sarei andata lassù, come se fosse stato il secondo piano di casa mia.
Come si poteva conoscere la vasta Russia senza le letture di Tolstoj, Dostoevskij, Cechov. Sono stati i racconti e i romanzi di Doris Lessing a portarmi in Africa, Cent’anni di solitudine di Marquez in America, le letture di Borges in Argentina, L’urlo e il furore di Faulkner negli Stati Uniti, i romanzi di Dickens in Inghilterra, Il Milione di Marco Polo in Cina. E non mi basta! Vorrei navigare nel Rio delle Amazzoni e trovarmi sul Machu Picchu, su una tomba Maya o una piramide in Egitto, paese dove mi ha condotto Nagiz Mahfuz, solo per dirne alcuni.
Può la letteratura indurci ad amare i nostri beniamini, tanto da farci penetrare nei luoghi di appartenenza? Credo di sì. La lettura ci porta in giro per il mondo, al cospetto degli altri, in situazioni mai vissute prime allargando le nostre idee ristrette, tipo quella di sentirci un’altra cosa, per dire migliori degli altri, di abitare il posto più bello, di circoscrivere i nostri confini, avulsi dal resto del pianeta. Amo gli olandesi e gli inglesi, gli americani o i cinesi, i russi o gli australiani. E quando lo affermo, non ho pregiudizi nei loro confronti, pur sapendo che la Gran Bretagna è uscita dall’Unione Europea, i russi sono in guerra, i cinesi conquistano il mondo. Amo conoscere a fondo i sentimenti più profondi degli esseri umani, la loro formazione, la loro cultura. Apprendere dagli altri è indispensabile: s’imparano cose mai sapute prima, si vive anche la loro vita. Interessano i movimenti dell’animo umano, sviluppare un’empatia capace di azzerare i muri tra noi e costruire forze di punti in comune. Solo imparando gli altri conosciamo noi stessi.
La lettura è un valido strumento che ci fornisce l’opportunità di perderci in giro per il pianeta, coltivando i luoghi, vivendo altre vite, abbattendo spazio e tempo. Leggere storie, avvicina i popoli. Noi siamo anche quello che la nostra fantasia è capace di produrre, siamo la nostra vita con tutte le sue elevazioni possibili. Harold Bloom, il più grande critico letterario americano, afferma: ”I motivi per leggere e scrivere sono molto diversi e spesso non sono chiari neppure per i lettori o gli scrittori. Forse è il desiderio di essere diversi, di essere altrove.”
Pur restando nel mio luogo, nel mio piccolo territorio, mi sento di appartenere a tutti i luoghi da me conosciuti. Quando leggo, ho sempre con me un atlante, così come facevo da bambina. Mi piace da una parte leggere e dall’altra avere il dito puntato sul luogo di riferimento. Così divento ingorda di notizie, passo le ore a leggere tutto su quel posto e mi sembra di viverci. Leggere, fantasticare e conoscere sono attività che sviluppano empatia, la capacità di vivere senza insuperbirci al cospetto del prossimo. Così il mondo potrebbe avere una prospettiva migliore e farci comprendere che, usciti dal nostro appartamento, c’è uno spazio più vasto ad accoglierci.
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