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lunedì 15 luglio 2024

Ammaturo, 42 anni dopo ancora incerti i mandanti «Nuova pista in un libro»

L'ANNIVERSARIO 

di Giuliana Covella - Il Mattino 

Napoli - Un lenzuolo scuro copre il finestrino dal lato opposto a quello del guidatore, mentre tutt'intorno una folla di poliziotti e cronisti circonda l'auto di colore bianco. A bordo ci sono i corpi senza vita di Antonio Ammaturo, vicequestore della polizia di Stato e capo della squadra mobile di Napoli e del suo autista, l'agente scelto Pasquale Paola: è il 15 luglio 1982 e in piazza Nicola Amore è il panico. Quarantadue anni dopo quel duplice omicidio non è ancora stata fatta luce, come emerge da un libro, "Il delitto Ammaturo" - Luci e ombre di un mistero irrisolto (Giazira) di Pierluigi Larotonda, che spiega: «Ammaturo fu ucciso dalle Brigate Rosse ma i mandanti non furono mai identificati con chiarezza. Sullo sfondo di quel delitto ci sono il caso Cirillo e la Nuova Camorra Organizzata di Cutolo, il cui figlio Roberto era stato arrestato proprio dal vicequestore». La pista seguita dallo scrittore, peraltro la stessa indicata dal procuratore nazionale antimafia Giovanni Melillo in un'intervista rilasciata a Il Mattino due anni fa, è il coinvolgimento della Nuova Famiglia, di cui faceva parte Renato Cinquegranella, oggi latitante, che all'epoca nascose i brigatisti che uccisero il commissario e, se ascoltato, potrebbe far riaprire il caso.

 

I nomi del commando e degli esecutori materiali che uccisero il vicequestore sono noti da sempre: si tratta dei rappresentanti della colonna napoletana delle Br Vincenzo Stoccoro, Emilio Manna, Stefano Scarabello, Vittorio Bolognesi e Marina Sarnelli, condannati all'ergastolo. Non c'è invece altrettanta chiarezza sui nomi dei mandanti, mai identificati. Da qui parte il saggio di Larotonda, un lavoro «prezioso per due motivi», come scrive nella prefazione il giornalista Simone Di Meo: «Anzitutto mantiene accesa la luce su uno dei grandi misteri criminali della nostra nazione, l'uccisione del vicequestore Antonio Ammaturo, fedele servitore dello Stato e fine investigatore, lanciato sulle orme di inconfessabili intrecci tra malavita e politica nel post terremoto. In secondo luogo bisogna ringraziare Larotonda perché mettere assieme, come un paziente collezionista di indizi sbiaditi dal tempo, tutto il materiale su quel turbolento periodo, ordinandolo e imprimendogli una struttura di consultazione quasi "scientifica", consentirà ad altri di avere un affidabile e preciso atlante su cui muoversi». 

LA NUOVA PISTA 

Del delitto Ammaturo era sempre stato ritenuto responsabile 'o professore di Ottaviano. In realtà, quando maturò l'assassinio, il boss aveva già perso il suo potere criminale ed era internato all'Asinara. Come spiega Larotonda nel volume, in cui traccia la pista già seguita allora da diversi cronisti de L'Unità: «Per anni molti giornalisti e opinionisti hanno sostenuto che a dare mandato alle Br di uccidere il capo della mobile fosse stato Cutolo. Il mio libro invece segue la pista dei suoi nemici e per dei fatti appurati da cronache e sentenze». Figura chiave in questo quadro a tinte fosche è Cinquegranella: «Gli uomini del commando che uccise Ammaturo e il suo agente vennero protetti, anche con medicinali, nella villa di questo killer della Nuova Famiglia. Fu lui ad attendere i brigatisti al Rione Sanità per condurli in un luogo sicuro. Questa è la pistola fumante circa la responsabilità della Nuova Famiglia in questo delitto, che chiude i conti col passato divenendo l'organizzazione camorristica dominante in Campania». E sulla finalità del libro: «L'ho scritto per trovare una luce nel buio di una vicenda criminale che ha sottratto alla vita un poliziotto che dava filo da torcere alla camorra». 

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