di Mariella Parmendola - La Repubblica Napoli
«Finalmente». Monica De Gennaro è tornata nella sua palestra da una settimana. E alla routine di vita sana e allenamenti che le hanno permesso di vincere un oro olimpico a 37 anni. «Sono metodica, non vedevo l'ora di ritrovare le mie abitudini», ammette sincera. Capitano della squadra nazionale di volley di Velasco, dice di se stessa «ho più esperienza data l'età, ma non mi sento una leader». Dell'atleta di Sant'Agnello, in Penisola sorrentina, si è raccontato molto in queste settimane, dagli esordi fino al podio di Parigi. «Con la medaglia d'oro si è avverato un sogno. Mi sento realizzata. Ora devo ancora individuare un nuovo traguardo, questo me l'ero posto da sempre. Per arrivarci è stata dura, il mio intero mondo è la pallavolo. Fuori quasi solo la famiglia». Ha rimpianti Monica De Gennaro? Ha dovuto fare tante rinunce? «È la vita che ho voluto sin da piccola. Non ho rimpianti. Certo ho ricordi diversi dagli altri della mia infanzia e adolescenza. In gita scolastica non sono mai andata. Quando i miei compagni di scuola partivano per la gita io dovevo allenarmi, restavo in palestra».
È stata questa la parte più difficile? «No. È stato duro il primo anno al Nord, lasciare la mia famiglia e Sant'Agnello dove ho trascorso i miei primi 14 anni. Sei piccola, ti ritrovi a dovere iniziare tutto daccapo. Mi sono trasferita a Vicenza, dove sono rimasta sette anni. Non c'era più mia mamma a pensare a me. Cucinare, rifare il letto, la spesa, diventano tutti tuoi impegni. Si cresce in fretta. Ho dovuto cambiare anche tipo di scuola, passando dal liceo al geometra, per conciliare i miei allenamenti con lo studio. Non riuscivo a integrarmi, non ero ben vista in classe. Ho subito discriminazioni perché venivo dal Sud, ma ormai è andata. Dal secondo anno le cose sono migliorare, mi ha raggiunto mia sorella gemella, poi la più grande che si è iscritta all'università a Padova. Adesso Conegliano è casa, sono qui da 12 anni. Più della metà della mia vita comunque l'ho trascorsa in giro, lontano dalla Penisola sorrentina». Sa quindi come ci si sente a essere vittima di razzismo: che pensa di quanto è capitato alle sue compagne di squadra? Riproduzione autorizzata Licenza Promopress ad uso esclusivo del destinatario Vietato qualsiasi altro uso «Non so come sia possibile non considerarle italiane solo per il colore della pelle. È semplicemente assurdo, fuori dalla mia logica. Con Paola Egonu siamo anche molto amiche, ma la mia considerazione è a prescindere. Spero che lo sport possa aiutare contro la cattiveria nel nostro paese, l'Italia è molto indietro, nel 2024 c'è ancora troppo razzismo». C'è stato un momento in cui ha pensato di non farcela? Che ha provato quando non è stata convocata in Nazionale dopo una vita di sacrifici? «Mi sono sentita sconfitta, non è stato semplice da superare. Ero dispiaciuta, l'ho superato grazie alla mia famiglia, come sempre quando ho avuto periodi complicati». Poi la riconvocazione nella Nazionale di Velasco e la medaglia. Da allora che emozione le è rimasta? «Sicuramente il momento più coinvolgente è stato quando sono salita sul podio. Ho visto la bandiera italiana alzarsi più in alto di tutte. Tanta era l'emozione che non riuscivo a cantare l'inno, piangevo. Non lo dimenticherò mai». A chi dedica questa vittoria? C'è qualcuno che più di altri le ha fatto da maestro? «Mia madre. Devo alla sua generosità se ho avuto la vita che volevo. Lasciarmi andare via a 14 anni non è stato facile, ha sacrificato il suo amore per il mio futuro. Lei ha sempre amato lo sport, avrebbe voluto praticarlo. Ma è la seconda di una famiglia di sette figli, presto ha dovuto dedicarsi ai suoi fratelli, alla sua epoca funzionava così. È stata lei a portarmi in palestra da piccola con la mia gemella. Ci tirava dietro quando accompagnava mia sorella più grande. Che prima ha iniziato con il tennis, poi è passata alla pallavolo. È cominciata in questo modo, entrando in campo quando finivano gli allenamenti. Mi sono dedicata alla pallavolo per caso, avrei potuto fare basket o qualsiasi altro sport, a scuola mi piacevano tutti. Quando siamo diventate più grandi, altri sacrifici. Mamma ha viaggiato per seguirci. Oggi se voglio un consiglio o sto male chiedo a lei. È l'esempio da seguire. C'è sempre». Da lei è tornata appena rientrata da Parigi. Si aspettava quest'accoglienza nella sua Sant'Agnello? «Ho sentito il desiderio di passare del tempo con la mia famiglia. La penisola sorrentina è sempre casa mia. Amo il paesaggio, il mare. Ci torno appena posso. Ho avuto pochi giorni di riposo, ma il mio tempo libero voglio trascorrerlo con i miei nipoti e ho rinunciato ad andare in vacanza altrove. La partecipazione della gente alla nostra vittoria è stata grande. Anche chi non segue la pallavolo ha sentito l'energia che ci abbiamo messo e condiviso la nostra emozione. Ora spero che più ragazzi si avvicinino allo sport. È importante che lascino il cellulare, i giovani vivono troppo connessi al mondo virtuale. Lo sport li aiuta a crescere, fa bene al fisico e non solo. Tutti. Quelli di gruppo insegnano anche a fare squadra, a socializzare. Ma anche gli individuali servono per la disciplina e l'allenamento all'impegno». Che cosa vede nel suo futuro, pensa di diventare un insegnante? Aprire una palestra anche per avere più tempo da dedicare alla sua famiglia? «Qualche anno fa avrei detto di no. Mi piace essere in campo. E poi ci vuole molta pazienza, non è detto che chi sappia fare qualcosa la sappia anche insegnare. Dopo la sfida olimpica, con l'età che avanza, sto rivedendo questa idea. La pallavolo è il mondo, lo condivido con mio marito Daniele Santorelli. Volendo restarci potrebbe essere una scelta, ma non riesco a pensare a domani. Finché gioco sono concentrata unicamente su quello, per il momento la mia vita non cambia. Per altri progetti c'è tempo». La vostra coppia è diventata tra le più famose dello sport, dove vi siete conosciuti? «In palestra. A Conigliano è il mio allenatore, alle Olimpiadi l'ho avuto come avversario. All'inizio non è stato semplice, evitavo di guardare verso la panchina avversaria. Adesso siamo tornati a casa, qui mi aiuta molto. Ci dividiamo i compiti». Chi cucina? C'è un segreto nell'arrivare sul podio a 37 anni? «Cucino io, ma non mi piace molto... Ho altre passioni come leggere e guardare le serie tv. Ma a casa cucino. Non seguiamo una dieta particolare, ovviamente è una alimentazione sana, ma mangio tutto». Tra poco sarà ricevuta dal presidente della Repubblica, Sergio Mattarella, pensa che sia ancora necessario per un giovane atleta andare via dal Sud per arrivare al Quirinale? «Oggi non conosco bene la situazione del Sud, io sono stata costretta. C'è un problema di strutture e ancora adesso le squadre più competitive sono al Nord. Spero cambi. Il presidente Mattarella segue la pallavolo, ci conosce e ci chiama per nome. È bello che abbia convocato anche chi è arrivato quarto, un messaggio sportivo importante». E lei, come la chiama? Moki? «Quando sono arrivata a Vicenza tutte avevano un soprannome e io no. È stata una compagna di squadra a chiamarmi Moki. Vedremo il 13 settembre se lo farà anche Mattarella, poi glielo racconto».
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