Cannavacciuolo in Avs e altri con Appendino
Alessandro Cannavacciuolo
di Claudio Mazzone - Il Corriere del Mezzogiorno
Esistono i seguaci di Chiara Appendino in Campania? Cosa accade a Roberto Fico se, pur vincendo le elezioni, la lista «A testa alta» di Vincenzo De Luca raccogliesse più consensi dell'M5s e della sua civica? L'ex presidente della Camera vive questa campagna elettorale stretto in un «dilemma del prigioniero». Innanzitutto deve confrontarsi con le divisioni interne al suo partito. Le dimissioni dell'ex sindaco di Torino da vicepresidente dell'M5s potrebbero far nascere una fronda interna contro la linea di alleanze di Conte. Questo rischio ha fatto scattare la caccia agli «appendiniani» e, infatti, trovarne tra i dirigenti è complicato e farlo in Campania significa infilarsi in un ginepraio di militanza e cambi di casacca. Alcune voci di corridoio vorrebbero Mariolina Castellone, vicepresidente del Senato e pentastellata napoletana molto vicina alle posizioni di Appendino, ma non si registrano prese di posizione ufficiali. Tra i campani esclusi dalle liste per le Regionali, invece, volano già gli stracci. L'attivista di Acerra, Alessandro Cannavacciuolo, 3 mila preferenze alle regionali 2020, con le dimissioni di Appendino e dopo aver scoperto di non essere in lista, ha pubblicato sui social una lettera aperta. «Mi ritrovo escluso dalle liste del Movimento - ha scritto -. Una voce libera fa paura. E allora la si estromette». Nel testo l'attivista ribadiva la sua permanenza nell'Movimento, ma ieri ha annunciato la candidatura con Avs. Anche il consigliere comunale di Napoli, Claudio Cecere, si è ritrovato fuori dalle liste.
«Alle prossime elezioni regionali io non ci sarò - ha detto -, ragioni di forza maggiore hanno determinato la mia esclusione». Cecere, però, non parla di ritorno alle origini del Movimento, d'altronde in passato lui era altrove. Alle Comunali 2011 era candidato all'VIII Municipalità con il Pdl di Berlusconi e nel 2021 è stato eletto con la civica di Alessandra Clemente. Critiche arrivano anche da Tommaso Malerba, nel 2020 candidato M5s (2.278 voti). «Una coalizione - ha dichiarato dopo la sconfitta del campo largo nelle Marche - non la batti con un cartello elettorale di exnemici». Sulla sua pagina campeggia lo screenshot dei risultati delle votazioni degli iscritti all'M5s per la scelta delle liste. In evidenza il numero di votanti (3.429 su 13.948): «Ecco cosa capita quando la partecipazione la predichi, ma non la pratichi». Questo è il campo largo, scricchiolante ed esplosivo, su cui Fico si muove per confrontarsi con numeri difficili da confermare. Napoli è una roccaforte dell'M5s, nelle ultime elezioni politiche il partito di Conte ha vinto tutti i collegi uninominali in città, arrivando al 43%. Percentuali irraggiungibili dal Movimento di oggi, soprattutto su scala locale. Cinque anni fa l'M5s, in solitaria, raccolse il 9,9% e se per Fico puntare al traguardo deluchiano del 70% non è realistico, anche non far sprofondare il suo parito sotto il 10% sarà arduo. A questa sfida si affianca quella di evitare una débâcle della sua civica rispetto alle armate di preferenze interne al campo largo, che gli creerebbe l'imbarazzo di ritrovarsi eletto grazie ai voti del suo predecessore. È chiaro che Fico è incastrato nel «dilemma del prigioniero» teorizzato dal matematico canadese Tucker: il quale spiegava che l'unica via di uscita è la collaborazione. Ma alle Regionali, si sa, non si collabora e, soprattutto, non si fanno prigionieri.
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