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martedì 9 ottobre 2007
Ernesto Rafael Guevara De la Serna
Se fosse vissuto fino ad oggi, se non fosse morto, catturato in quell’imboscata nella giungla boliviana, Ernesto Rafael Guevara De la Serna, detto il Che, avrebbe quasi 80 anni. Era nato infatti nel giugno del ’28 a Rosario, in Argentina. A pensarci, non so immaginarmelo vecchio, canuto, reduce da guerre e rivoluzioni, magari a riposo nell’isola che non era la sua patria, ma che ugualmente amava e che aveva contribuito così decisamente a liberare. Non so immaginarmelo come un vecchio ottantenne. Quando pensiamo al Che, ci vengono subito in mente le tante immagini che lo ritraggono col viso spavaldo, nella mano il mitra o magari un più innocuo sigaro. Questo è il Che. In un certo senso l’emblema stesso della giovinezza, della sua forza, della vitalità, della fierezza, la giovinezza che si ribella alle ingiustizie. Il mito nasce in quell’incredibile rivoluzione cubana, in cui un pugno di guerriglieri, letteralmente un pugno, riesce nell’impresa di sconfiggere l’esercito di Batista. Sul manifesto di domenica Minà scriveva che l’America latina di oggi, l’America latina che sta raggiungendo lo storico risultato di scrollarsi di dosso il sanguinario imperialismo yankee, deve molto al Che. Con poca originalità concludo anch’io allo stesso modo.
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