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martedì 17 giugno 2008
Competenze e Potere
Dietro lo schermo della competenza irresponsabile del tecnico si dissolve la responsabilità di chi amministra. Non si capisce chi risponde di cosa. E il governo vicino ha gli stessi vizi e difetti, o peggiori, di quello lontano. Come rimediare? Brunetta omette di dirci che non è semplice uscirne. Una pubblica amministrazione ha bisogno di competenze. Può averle in casa, tra i suoi dipendenti, o prenderle dall´esterno, come appunto nel caso di un consulente. E in principio non conviene né averle tutte in casa, né prenderle tutte dall´esterno. La prima ipotesi sarebbe inutilmente costosa nel caso di esigenze saltuarie, e comunque difficile; la seconda priverebbe l´amministrazione della capacità di scegliere, e di controllare l´operato dei tecnici esterni. Il punto giusto è nel mezzo, e dipende dalle caratteristiche dell´amministrazione, dalle sue dimensioni, dalla sua missione. Chi comanda può trovare più comodo e utile l´incarico al professionista esterno, meglio ancora se amico o sodale, piuttosto che un fastidioso concorso per ingegnere o architetto, che magari apre la porta a un rompiscatole. Così, l´eccesso di incarichi e consulenze coincide con l´impoverimento nelle competenze tecniche interne. E meno competenze si hanno in casa, più consulenze e incarichi si possono dare. Un circuito perverso. Se si vuole ridurre sostanzialmente e in modo duraturo l´eccesso bisogna riorganizzare e riqualificare gli apparati. Con l´obiettivo di ritrovare un giusto equilibrio tra competenze interne ed esterne.Si può fare? Certamente. E si deve fare, per recuperare efficienza e buon governo, combattere sprechi e clientele, rilegittimare i palazzi del potere. Ma bisogna smantellare i meccanismi che danno la degenerazione. E dunque ridurre al minimo l´investitura diretta del tecnico da parte del principe, motivata con la fiducia personale. Il rapporto deve essere in principio tra istituzioni: amministrazioni da un lato, istituzioni del sapere e delle professioni dall´altro. E se quelle locali non sono all´altezza perché inefficienti o inquinate, niente vieta alla pubblica amministrazione di guardare altrove. Il problema vero è un altro. Dovrebbero cambiare rotta gli stessi potenti che hanno fin qui trovato la loro convenienza. Un pentimento, un ravvedimento operoso? Certo, in un paese di indulti e condoni è una possibilità che non si nega ad alcuno. (Massimo Villone da la Repubblica Napoli )
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