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martedì 16 settembre 2008

Lo scrittore confessa: le puttane mi eccitano

L' articolo di Francesco Piccolo (riportato sotto), autore, tra l'altro, di un vero capolavoro intitolato Storie di primogeniti e figli unici, apre una breccia nel muro di retorica e luoghi comuni che ancora ostacola una discussione vera sulla prostituzione, sulle sue cause e sui suoi effetti sociali. Sull'Unità di ieri, lunedì 15, Piccolo risponde a un appello di Clara Sereni, altra scrittrice che ci ha regalato, con Il gioco dei Regni, uno dei libri più belli degli ultimi decenni, ma che, nelle vesti di opinionista di costume, non ha saputo far altro che puntellare quel muro. Aggiungervi altri mattoni e intonacarlo con considerazioni che nulla aggiungono al già detto e al già saputo. «I maschi devono parlare», «i maschi devono mettersi in gioco», «i maschi devono interrogarsi», «i maschi devono dire "io" e da lì partire per ragionare». I maschi, i maschi: Clara Sereni non immagina altri interlocutori. Quando si affrontano certi problemi, la sinistra sembra smarrire la consapevolezza della complessità. Ebbene, i maschi si eccitano, le rivela con invidiabile franchezza Francesco Piccolo, il quale aggiunge anche, da buon maschio meridionale, che gli capita di convivere con le tempeste ormonali almeno da quando aveva dieci anni. Tuttavia, lo scrittore e la scrittrice tacciono sulle donne, come se nel mercato del sesso ci fosse solo la domanda e non anche l'offerta. E sulle donne ci sarebbe tanto da dire, come tempo fa ci ha mirabilmente spiegato D, il settimanale femminile di Repubblica. Non dunque Playboy o Men's Health. Varrebbe la pena di rileggere l'intervista di Barbara Placido a Laura Maria Agustin, autrice di Sex at the margins: migration, labour, markets and the rescue (Zed Books). Ecco le sue tesi: la maggior parte delle donne straniere che si prostituiscono nei paesi industrializzati non sono vittime di una fantomatica «tratta degli essere umani»; queste donne non hanno scelto di diventare prostitute, ma, considerate le altre opzioni, hanno preferito vendere sesso; queste donne non si sentono né prede, né schiave, ma al contrario, indipendenti e autonome; se il mito della tratta degli esseri umani persiste è perché a queste persone non viene dato ascolto e, paradossalmente, a renderle mute e invisibili, sono le stesse istituzioni che vorrebbero salvarle. Queste tesi possono irritare o essere condivise. Ma sicuramente non sono ovvie. Mi ha colpito, inoltre, il ragionamento che, sulla base di esse, fa Laura Maria Agustin. Perché, si chiede, ci scandalizziamo tanto del mercato del sesso e non di quello, davvero peggiore, dell'amore materno? È forse più normale impegnare tate filippine, rumene, bulgare per occuparci dei nostri figli? Tate, magari, sottratte ai loro figli lasciati nel paese natio e affidati alle cure di altri? Ce n'è abbastanza, mi pare, per una discussione meno scontata, meno politicamente corretta. E un po' più complessa. (Marco Demarco Corriere del Mezzogiorno)

L'ARTICOLO DI FRANCESCO PICCOLO
(...) Se vedo per strada una donna seminuda, procace, di qualsiasi colore e di qualsiasi età, con l'aggiunta psicologica che con alcuni euro posso toccarla e farci sesso, io mi eccito. Posso vergognarmene, ma mi eccito. Se non sono solo, la guardo con uno sguardo veloce e fintamente distratto; se sono solo rallento e guardo più a lungo. Sono una persona colta, civile, consapevole. E infatti rinuncio al passaggio successivo, al mettere in atto ciò che il mio istinto bestiale mi suggerisce (...). Mi sono rassegnato a comprendere la seguente cosa: che la ragione civile e l'istinto bestiale convivono serenamente, non si curano l'un l'altro e se ne stanno insieme fino alla dipartita del contenitore (...).

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