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martedì 18 maggio 2010

L’acqua è una merce

Vico Equense – Da alcune settimane, insieme a Salvatore Buonocore, della “Comunità Papa Giovanni XXIII" di Don Oreste Benzi, ci siamo occupati di acqua come diritto fondamentale dei popoli. Mentre l’Italia procede spedita sull’autostrada della privatizzazione, cosa succede nel resto del mondo? “A rendere evidenti i limiti della mercificazione dell’acqua, è stata per prima la popolazione dei paese più poveri, che non ha accettato in silenzio la negazione di un diritto umano fondamentale. Nel 2000, a Cochabamba, in Bolivia, scoppiò quella che viene ricordata come “la guerra dell’acqua”. Una mobilitazione popolare che portò alla cacciata di una multinazionale statunitense. Da allora, in America Latina almeno tre paesi – Bolivia, Ecuador, Uruguay – hanno riconosciuto il diritto all’acqua all’interno della propria Costituzione.” In Europa? “La rivoluzione dell’acqua pubblica è iniziata da Parigi. Dal primo gennaio del 2010, la capitale francese ha messo alla porta due grandi multinazionali. L’amministrazione non ha rinnovato la concessione in scadenza il 31 dicembre 2009. Dalla metà degli anni ottanta, le due imprese, Suez e Veolia, si occupavano di distribuire l’acqua e di fatturare il consumo idrico dei cittadini. Adesso l’acqua è direttamente controllata da un ente totalmente pubblico. E’ come se in Italia si tornasse alle aziende speciali.” Basterebbe superare le Alpi per renderci conto che, in tutto il mondo l’acqua è pubblica. “Infatti, se consideriamo le 400 città più grandi al mondo, nel 90 per cento dei casi il servizio idrico intergrato è gestito dal settore pubblico. L’esempio di Parigi dimostra che è possibile affidare la propria rete di acquedotti a un ente di diritto pubblico. Quella manifestata dal Sindaco della capitale francese, è una volontà politica chiara.” Volontà politica che manca in Italia? “400mila cittadini, nel 2008, hanno posto la loro firma in calce a una legge d’iniziativa popolare per la ri-pubblicizzazione del servizio idrico, ma il testo è fermo alla commissione ambiente della Camera dei Deputati. E’ una riforma della legge “Galli”, in cui è scritto a chiare lettere che l’acqua è un bene comune, e che il servizio idrico non può essere gestito in una logica di profitto. Ma né il Governo Prodi, in carica fino al giugno 2008, né il successivo quello di Berlusconi hanno preso sul serio quel testo. Un banco di prova, diventano così i tre quesiti referendari relativi a tutte le norme che hanno reso possibile la privatizzazione dell’acqua potabile nel nostro Paese”.

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