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lunedì 21 giugno 2010

Compagni…

L’attore Fabrizio Gifuni con il saluto "compagni e compagne", al Palalottomatica di Roma ha creato un po' di "ansia" all’ala moderata dei democratici, che in massa si è chiesta se il partito non sia "sbandando" troppo a sinistra. Gifuni trasecola: «Pensavo che fossero parole ancora pronunciabili, né volevo suggerire linea o nostalgie. Ci si chiama così anche nella vita, mi è venuto dal cuore. Non ho tessere di partito, neppure del Pd». Dopo l´applauditissimo intervento, si sono complimentati con lui: «Bravo, hai avuto coraggio». Coraggio di denunciare «il genocidio culturale», credeva l´attore, figlio di Gaetano, ex segretario generale del Quirinale. Invece il coraggio gli serve ora che è finito nel tritacarne delle divisioni del Pd e degli attacchi del Pdl. Gasparri gli consiglia di occuparsi dei «parenti giardinieri». «Che tristezza», replica lui. «La parola compagno esiste», aveva assicurato Bersani a un operaio sardo. E adesso dalla segreteria sull´intera vicenda affermano: «È solo un pretesto». Pure Prodi non disdegnava parlare di «compagni». E Ivan Scalfarotto sbotta: «Lasciateci chiamare compagni che è parola piena di sentimento e solidarietà. La mancanza di innovazione sta nel fatto che D´Alema e Marini siano ancora dirigenti dai tempi di Pci e Dc. Gifuni è stato bravissimo». Debora Serracchiani: «Io voglio che al Pd vengano a dire amici, fratelli, compagni e che noi ascoltiamo cosa dicono». Insomma, il Pd di Bersani è tornato a essere una specie di Ds leggermente (ma di poco) allargati oppure no? Il dubbio stavolta se lo pongono alcuni dirigenti romani e pugliesi, che si sono chiamati «Nativi» perché nati col Pd, cioè mai stati comunisti o democristiani. Hanno scritto una lettera al segretario che pone una questione non solo nominalistica: «Abbiamo l’età del Pd e vorremmo che anche la nostra tradizione politica fosse quella del Pd». «Ti scriviamo perché vorremmo renderti cosciente del nostro disagio di fronte a parole e comportamenti che guardano in maniera ingiustificatamente romantica al passato». «Le parole compagni o compagne, la festa dell’Unità, le rispettiamo per la tradizione che hanno avuto ma non rientrano nel nostro pensare politico e quindi facciamo fatica a accettarle». Firmato, Luca Candiano, Veronica Chirra, Matteo Cinalli, Sante Calefati e Mariano Ceci. Ci risiamo, nel Pd non sanno ancora come chiamarsi. Veltroni provò con «amici e compagni», Franceschini con «care amiche, cari amici». Filippo Ceccarelli, su Repubblica scrive che nel 2007 Rutelli da leader della Margherita cercò la parola nelle Sacre scritture…

1 commento:

  1. Questo è il risultato a cui è giunto il caro "compagno" Walter.
    Chissà se anche lui si arrabbierebbe perchè l'ho chiamato così.
    Il PD lungi dall'essere un partito con una composizione magica di varie anime è piuttosto un papocchio in cui nessuno si riconosce se non con precisi distinguo, e lungi dall'essere un partito che aggrega risulta essere meno della somma delle sue componenti.

    Bella schifezza Walter.
    T' putiva fa' nu' poc 'e chiu' 'e cazz tuoie???

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