Fonte: Paolo Macry da il Corriere del Mezzogiorno
A poche settimane dal voto, la campagna elettorale si trascina abulica. Né gli argomenti da prima pagina (locale), come l’endorsement di alcuni nomi della sinistra per Lettieri, sembrano in grado di catturare un’opinione pubblica che forse non si è neppure familiarizzata con i volti degli aspiranti sindaci. Mancano i partiti. Si chiudono in qualche sala cinematografica i candidati. E colpisce il silenzio dei «poteri forti» , categoria usualmente demonizzata dai demagoghi, che qui vuole designare invece legittimi gruppi e interessi di tipo economico e professionale. Si tratta di un silenzio grave, in prospettiva, visto che i voti si pesano e non si contano. E tanto più grave, oggi, perché permette ai candidati di non misurarsi con i problemi reali di Napoli. Certo è che la lettera (bella ed ecumenica) indirizzata ieri da Paolo Graziano agli aspiranti sindaci costituisce una delle rare uscite pubbliche di Confindustria. Cè da augurarsi che non resti inascoltata.
Un tavolo di confronto tra imprenditori e candidati potrebbe demistificare l’unanimistica retorica della discontinuità e i molti programmi generici di questi giorni. Esistono nodi cruciali come il piano regolatore, i termovalorizzatori, gli investimenti nell’area orientale, le opportunità immobiliari dell’area occidentale, eccetera, sui quali si giocano — al tempo stesso — i destini della città e cospicui interessi privati. Da essi dipende il futuro imprenditoriale e occupazionale di vasti settori produttivi e terziari. Sarebbe il caso di parlarne alla luce del sole, piuttosto che fame materia di guerre clandestine o di accordi sottobanco. Non meno opinabile è che i potenti ordini professionali, i quali a quei temi sono fortemente interessati, non abbiano speso una sola parola sulla competizione per palazzo San Giacomo. Sembra quasi che — per industriali, costruttori, commercialisti, architetti — non faccia differenza che a vincere sia Morcone o Lettieri, de Magistris o Mastella. Il che, naturalmente, è falso. Ma anche su altri «poteri forti» tacciono i candidati sindaci. Tutti proclamano la ferrea volontà di ricostruire un’amministrazione pubblica diventata inefficiente e costosissima. Nessuno però ha messo mano a un chiaro e dettagliato progetto che riguardi la pletorica e temuta «macchina» comunale e, più ancora, l’arcipelago infetto delle società partecipate. Sentirsi dire, da destra o da sinistra, che si farà pulizia non basta, anche perché l’opera di ramazza non potrebbe che essere selettiva. E allora, chi è disposto a indicare quali partecipate ridimensionare o chiudere? Notoriamente, i voti in ballo sono molti, spesso clientelari, spesso sindacalizzati. E, a proposito, non è singolare che dalla lotta per il nuovo Municipio si tengano fuori gli stessi sindacati, i quali, sia pure in tempi di vacche magre, restano comunque tra le corporazioni più influenti? Che i grandi interessi economici e sociali di Napoli abbiano deciso di stare dietro le quinte è un pessimo segnale. Senza un loro robusto intervento, il dibattito continuerà a vivere di qualche trovata mediatica e i temi concreti resteranno sospesi a mezz’aria, mentre le urne verranno decise dai soliti capibastone, che sono il mortificante surrogato della politica.
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