Fonte: Luciana Matarese da Europa Quotidiano
Piccoli Civati crescono all’ombra del Vesuvio? Troppo presto per dirlo. Di certo, il leader di “Prossima Italia” che con Debora Serracchiani ha organizzato la partecipatissima – anche da quanti nel Pd non si collocano sulla stessa lunghezza d’onda – due giorni di Bologna, è tra i loro riferimenti. Ma i giovani – un centinaio, ma c’erano pure democratici più “attempati” – che ieri si sono dati appuntamento a Napoli per ragionare del “Pd che vogliamo” – questo il titolo dell’incontro – si sono dati un compito ben più arduo del Pippo democratico: riedificare il partito a partire da Napoli. Federazione provinciale commissariata, esasperato da un correntismo che ricalca le divisioni nazionali, fuori dall’amministrazione comunale a guida de Magistris e da molte della provincia, specie nell’hinterland vesuviano, il Pd napoletano sconta anche un’altra difficoltà: la perdita di credibilità dopo il pasticciaccio brutto delle primarie preamministrative e le macerie lasciate sul campo dal crollo del sistema per anni imperniato attorno all’ex presidente della regione Antonio Bassolino. Non è un caso che la parola d’ordine, ieri, è stata «ricostruzione», accompagnata all’imperativo, come si legge nell’invito diffuso anche via Facebook, «nessuno si chiami fuori dalla ricostruzione di una comunità di donne e di uomini che troppo a lungo hanno dovuto sopportare la guerra tra bande, le tribù, gli odi delle correnti, la cattiva gestione, la supponenza e l’arroganza di troppi».
Un programma condiviso da diversi pezzi di quel variegato puzzle che è il Pd napoletano: i civatiani di “Prossima Napoli”, esponenti dell’area Marino e di quella che fa capo a Ivan Scalfarotto, democratici di ispirazione “serracchiana” e pure fedelissimi dell’ex parlamentare Umberto Ranieri. «Ma c’è anche quella parte della società civile, io dico civilissima, che fa riferimento a Marco Rossi Doria (il maestro di strada napoletano, voce critica del centrosinistra partenopeo, ndr). Lui non ha partecipato, ma ci ha inviato una lettera di sostegno», spiega a Europa Francesco Nicodemo, responsabile comunicazione del Pd napoletano, intervenuto alla due giorni di Bologna e tra gli organizzatori dell’assemblea di ieri. Una macrocorrente per opporsi a quella dei bersaniani? Nicodemo la butta in politichese: «Nell’ambito della prospettiva più movimentista del Pd vogliamo mettere insieme storie nuove, con padri nobili, ma senza padrini e capibastone». Intanto, il manifesto «del rigore, della trasparenza, dell’umiltà» è già pronto. Una vera e propria «piattaforma programmatica» con punti fermi: azzeramento del tesseramento, elenchi pubblici e trasparenti al posto dei pacchetti di tessere, primarie anche per scegliere i parlamentari. Il primo obiettivo, pare di capire, è il congresso di fine gennaio. Intanto, sabato e domenica, proprio da Napoli, incontrando i due-tremila giovani riuniti alla Mostra d’Oltremare, Bersani risponderà alla Leopolda di Renzi. “Il Pd che vogliamo” sarà della partita? «Io parteciperò all’incontro, segnale evidente di una realtà della quale noi ci siamo resi conto da tempo: senza Napoli il Pd al Sud non vince. Evidentemente se ne è accorto anche Bersani».
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