Il Tar boccia il progetto inserito nel piano di recupero dell’ex ministro
Fonte: Salvatore Dare da Metropolis
Vico Equense - E’ l’ennesima puntata di
una telenovela lunga quasi
cinquant’anni con il borgo
mozzafiato di Alimuri ormai
divenuto tristemente famoso
soprattutto per quel gigante
di cemento piazzato nel cuore
della conca di Meta. Nessuna
possibilità di demolirlo, almeno
per il momento. Nessuna
possibilità di una completa
riqualificazione del litorale
macchiato dallo scheletro
dell’albergo che doveva essere
costruito a quattro passi
dal mare. Nessuna possibilità
di realizzare al posto dell’Ecomostro
un lido balneare con
l’installazione di un solarium
così come previsto in uno dei
quattro punti del noto accordo
Rutelli datato 1997.
Lo ha stabilito l’altro giorno la
settima sezione del Tribunale
amministrativo regionale della
Campania che ha respinto
il ricorso presentato nel lontano
2008 da Sa.an. srl, società
che acquistò il complesso nel
1993 e a cui successivamente subentrò, nel 2006, Sica srl.
Ma dietro l’angolo già spunta
la possibilità di appellarsi al
Consiglio di Stato. Sa.an., in
cui figurava anche l’imprenditrice
napoletana Anna Normale,
moglie dell’ex assessore
regionale Andrea Cozzolino
e attualmente europarlamentare
del Partito democratico,
aveva impugnato la nota del
Comune di Vico Equense
che, nel maggio 2008, formulò
l’esito negativo della
conferenza di servizi indetta
per approvare il progetto di
riqualificazione ambientale
dell’area presentato dalla società
che intendeva dare esecuzione
al terzo dei quattro
punti stabiliti nell’accordo
Rutelli. Ovvero, la possibilità
- in conformità al Piano urbanistico
territoriale dell’area
sorrentino-amalfitana - di eliminare le strutture di cemento,
impiantare della vegetazione
«caratteristica» della penisola
e soprattutto piazzare strutture
turistico-ricreative stagionali
«di facile rimozione e di
bassissimo impatto ambientale
la cui realizzazione sarà oggetto
di appositi atti abilitativi
rilasciati dal Comune di Vico
Equense».
Una serie di interventi
che, in sede di conferenza
di servizi, registrò ben tre
pareri negativi. Primo: quello
della Provincia di Napoli, che
segnalò la necessità di provvedere
prima al consolidamento
del costone roccioso. Secondo:
quello dell’Autorità di Bacino
in quanto, secondo l’organismo,
le disposizioni del piano di assetto idrogeologico impedirebbero
la realizzazione di
qualsiasi struttura e lo svolgimento
di attività nell’area. Terzo:
quello della Soprintendenza
statale per la tutela dei beni
paesaggistici che disse chiaro
e tondo che le opere previste
da Sa.an. erano in contrasto al
Put e che in ogni caso occorreva
innanzitutto un restyling
completo della zona. Tre «no»
che indussero l’amministrazione
di Vico Equense a rigettare
il programma della società
che, a sua volta, non perse
tempo e fece ricorso al Tar.
Ora c’è la sentenza dopo oltre
cinque anni di attesa. Le motivazioni
sono chiare. Stando
al giudizio espresso dal Tar, le
obiezioni sollevate da Sa.an.
sono infondate. La società
contestava che lo stop fosse
giunto senza che in conferenza
di servizi venissero indicate
le modifiche progettuali
necessarie all’ottenimento
dell’assenso per i lavori.
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