Dieci anni alla donna di Vico, 7 al complice di Torre del Greco
Fonte: Salvatore Dare da Metropolis
Vico Equense - Una madre che la costringeva
a prostituirsi, a soli 16
anni, per poche decine di
euro. Un inferno di incontri
hard con uomini più grandi
di lei, inghiottiti dal tempo
e spariti nel nulla dopo
gli abusi datati 2007. Una
casba di rapporti sessuali
consumati un po’ ovunque,
fra Vico Equense e Castellammare
di Stabia. E’ l’incubo
vissuto sulla propria
pelle da una ragazzina che
avrebbe voluto soltanto una
vita diversa, normale. E
che, nonostante tutto, trovò
il coraggio per denunciare
quell’orrore e chiedere
finalmente giustizia. Ottenendola.
Perché la seconda sezione
della Corte d’Appello di
Napoli (presidente Carlo
Maddalena, a latere Carlo
Alifano e Fernando Giannelli)
non ha usato mezze
misure. E dopo ben sette
ore di camera di consiglio,
ha confermato le condanne giunte in primo grado per la
«mamma orco» e il suo complice.
Dieci anni a C.D.A,
56enne di Vico Equense,
imputata per sfruttamento
della prostituzione minorile
(rispetto alla sentenza
emessa in primo grado dal
Tribunale di Torre Annunziata
nel 2012 - pena di 12
anni - la donna ha ottenuto
un piccolo sconto), 7 invece
a C.M, 55enne dipendente
della Circumvesuviana, originario
di Torre del Greco,
finito alla sbarra con l’accusa
di violenza sessuale. A
favore della vittima, è stata
riconosciuta una provvisionale
totale di 100mila euro
(60mila euro per la madre,
40mila euro per l’uomo)
mentre è ancora in corso il
giudizio civile per il risarcimento
danni. La ragazza non ha voluto
seguire le udienze del giudizio
d’appello.
Costituitasi
parte civile nel giudizio e
rappresentata dall’avvocato
Maurizio Capozzo, ha pianto
a dirotto appena ha saputo
della sentenza d’appello.
Provata, ancora con il cuore
a pezzi, oggi sta tentando di
rifarsi una vita. La vicenda
risale al 2007 quando dopo
aver subìto una caterva di
abusi e violenze, decise di
chiedere aiuto allo sportello
anti-stalking di Sorrento
dell’avvocato Luigi Alfano
(che l’ha seguita da legale
della parte offesa nella prima
parte del giudizio di primo
grado) presentando una denuncia su cui si mosse la
Procura della Repubblica di
Torre Annunziata. Il Monte
Faito e la stazione della
Circumvesuviana di Vico Equense fecero da teatro alle
violenze. Incontri hard avvennero
anche nei tornanti
della Statale sorrentina. Il
tutto contro la sua volontà
e quando non aveva ancora
compiuto 18 anni. Una storia
triste, sconcertante, che
la ragazza scelse di raccontare
anche all’allora parroco
di Sant’Agnello, lì dove la
giovane si trasferì proprio
per allontanarsi dalla famiglia
d’origine e dalla madre
che con l’apporto di un complice,
secondo l’accusa e le
sentenze della magistratura,
obbligava la giovane a svendere
il suo corpo. Così come
avvenuto in primo grado,
sia C.D.A. che C.M. hanno
respinto le accuse. «Solo
invenzioni». Una versione
però non accolta dai giudici
che hanno confermato le
condanne per i due imputati.
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