Regione Campania - Migliaia di ettari di territorio avvelenato da rifiuti industriali di ogni tipo. Caratterizzazioni, analisi del rischio e progetti di bonifica che tardano ad arrivare, bonifiche completate praticamente assenti a parte qualche piccolissima eccezione. Sempre più concreto il rischio di infiltrazione delle ecomafie nel business del risanamento ambientale. In Campania le bonifiche sono ancora una chimera. E davanti ai drammatici effetti sulla salute dei cittadini la storia del risanamento nella nostra regione sembra ferma a dieci anni fa. La denuncia arriva da Legambiente che ha presentato il dossier Le bonifiche in Italia: chimera o realtà?
Un caso emblematico è la Terra dei fuochi, parte del sito inquinato più vasto denominato Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano. Quest’ultimo fu uno dei primi 15 SIN inseriti nel programma nazionale di bonifica nel 1998 ma un anno fa, in modo del tutto incomprensibile, è stato trasformato in SIR, sito di interesse regionale, con un decreto del Ministero dell’ambiente che lo ha declassificato con il benestare della Regione Campania. Contro questo decreto Legambiente ha presentato ricorso al Tar del Lazio e ora attendiamo l’atto normativo annunciato nei giorni scorsi dal ministro Orlando per farlo tornare ad essere SIN.”
L’area dell’ex SIN si estende nella porzione nord occidentale della Campania, comprendendo 77 comuni delle province di Napoli (28) e Caserta (49) per una superficie complessiva di circa 1.800 Km2, pari a oltre il 13% del territorio regionale. Oggi si registra un fortissimo ritardo nella realizzazione degli interventi nell’ex SIN "Litorale Domitio Flegreo e Agro Aversano" rispetto alla data di istituzione risalente al 1998.
I numeri di questo fenomeno continuano ad essere sconcertanti: tra il 2012 e il 2013 ci sono stati oltre 6.000 roghi tossici, sono circa 2.000 i siti potenzialmente contaminati individuati dall’Arpa, 33 le inchieste per criminalità organizzata e traffico di rifiuti dal 2001 ad oggi. In ventidue anni sono stati smaltiti nella Terra dei Fuochi, tra la provincia di Napoli e di Caserta, circa 10 milioni di tonnellate di rifiuti di ogni specie.
E sul fronte del risanamento siamo all'anno zero. “Secondo il Piano Regionale delle Bonifiche della Campania - denuncia Giancarlo Chiavazzo, responsabile scientifico di Legambiente Campania - al settembre 2010, lo stato di avanzamento per i quasi 2.000 siti contaminati e potenzialmente contaminati censiti nell’ambito dell’ex SIN risulta: per circa il 74% non è stata svolta alcuna attività, per circa il 3,4% sono state svolte le attività preliminari o la messa in sicurezza d’emergenza, per circa il 21,5% è stata svolta o è in corso la caratterizzazione, per circa lo 0,3% è stata svolta o è in corso l’analisi del rischio, per lo 0,8% è stata realizzata o è in corso la progettazione degli interventi di bonifica e solo per lo 0,2% sono stati svolti o sono in corso gli interventi di bonifica. A distanza di 15 anni dall’individuazione del sito -conclude Chiavazzo di Legambiente - quindi, gli interventi per la bonifica sono praticamente fermi al palo”.
Altra area fotografata da Legambiente nel dossier riguarda l’area occidentale della città di Napoli, tra il golfo di Pozzuoli ed i rilievi di Soccavo e Astroni, individuata come sito di interesse nazionale (SIN) con la Legge 388/2000. L’area in questione si estende per 945 ettari a terra ed oltre 1.600 ettari a mare, è di enorme pregio dal punto di vista paesaggistico e ambientale e comprende principalmente quattro distinte zone: aree industriali (ex Ilva, ex Eternit, Città della Scienza, ex Cementir e la colmata a mare dell’Italsider), aree a mare (spiagge e fondali marini), basi militari (caserma C. Battisti, arsenale militare, ex collegio Ciano, sede Nato) e la Conca di Agnano. A queste zone si deve aggiungere anche la ex discarica Italsider ed altre piccole aziende le cui proprietà ricadono all’interno del perimetro del sito. A marzo 2013, secondo i dati forniti dal Ministero dell’Ambiente, lo stato di avanzamento delle caratterizzazioni e dei risultati relativi è rispettivamente del 29% e 27% rispetto all’estensione delle aree a terra, mentre i progetti di bonifica (presentati ed approvati) hanno raggiunto mediamente il 24% delle aree inserite nel SIN. La messa in sicurezza di emergenza è pari invece a circa il 22% delle aree.
Rimane irrisolta la bonifica legata alla colmata di Bagnoli: questa zona, che si estende dal pontile a nord a quello a sud del centro siderurgico presente sul sito, è stata realizzata mediante l’utilizzo dei rifiuti delle attività industriali precedentemente in attività (come le loppe d’altoforno e le scorie dell’ex Ilva ed ex Cementir), per un totale di oltre 200 mila metri quadrati di litorale e spiaggia originale. In questa zona critica di colmata è stato fatto un intervento di messa in sicurezza d’emergenza costituito da una impermeabilizzazione superficiale dell’area ed una barriera idraulica di emungimento. Questo intervento provvisorio è diventato di fatto definitivo ma non sufficiente. La cosa più grave e che non essendo stato ancora eseguito nessun intervento definitivo sulla colmata, questa risulta essere ancora una sorgente attiva di inquinamento per gli arenili, per i sedimenti e per le acque di falda.
“La Regione Campania - commenta Michele Buonomo, presidente Legambiente Campania - non ha assicurato le precondizioni necessarie alla gestione delle bonifiche poiché ad oggi non risulta ancora vigente il Piano Regionale delle Bonifiche. La stessa Regione, inoltre, non ha assicurato le condizioni affinché l’Agenzia Regionale per la Protezione Ambientale della Campania, ente fondamentale, possa realizzare compiutamente le attività di monitoraggio e controllo ambientale cui è preposta per legge. Chiediamo di includere nel Piano Regionale delle Bonifiche, integrando anche quanto rilevato sulla base del lavoro di mappatura nella “Terra dei Fuochi” dei siti contaminati e delle aree interessate dai roghi di rifiuti, gli strumenti più opportuni volti a consentire una efficace operatività delle pubbliche amministrazioni nell’attuazione degli interventi necessari alla tutela dell’ambiente e della salute; definire per i siti già individuati tempi, risorse e modalità d’intervento per le attività di messa in sicurezza e bonifica; mantenendo per i terreni agricoli sottoposti a bonifica l’attuale destinazione, evitando ulteriore consumo di suolo agricolo, avvalendosi prioritariamente delle tecniche più sostenibili e innovative, quali ad esempio la phytoremediation. Infine - conclude Buonomo - è opportuno attivare finalmente il Registro Tumori della Regione Campania, garantendo anche le risorse e le modalità organizzative necessarie per il suo efficace funzionamento; sviluppare, come indicato nelle conclusioni dello studio coordinato dall’Istituto Superiore di Sanità, l’indagine epidemiologica nei territori maggiormente esposti allo smaltimento illegale di rifiuti; integrare queste attività con quelle di monitoraggio e prevenzione dei rischi sulla salute, al fine di garantire adeguata prevenzione e assistenza sanitaria ai cittadini. Ancora e di estrema importanza, visto che le procedure e i processi per la realizzazione delle bonifiche richiedono tempi di attuazione medio lunghi, è necessario prevedere iniziative di mitigazione del rischio sanitario che abbiano efficacia nel breve termine. Allo scopo, si potranno utilmente prevedere interventi strutturati e diffusi di informazione in favore dei cittadini interessati dalla problematica, definendo linee di indirizzo di carattere comportamentale, inerenti le abitudini alimentari o gli stili di vita al fine di minimizzare le possibilità di trasmigrazione degli inquinanti fino all’uomo.
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