La storia infinita dell`ecomostro abbattuto. I proprietari della struttura si ritengono danneggiati. L'ente locale pronto alla disputa legale
Fonte: Fabrizio Geremicca da Il Corriere del Mezzogiorno
Vico Equense - Alimuri, la storia infinita. Chi si illudeva che la vicenda dell'ecomostro, realizzato alla fine degli anni Sessanta del secolo scorso lungo la costa tra Vico Equense e Meta di Sorrento, ma mai completato, fosse andata definitivamente in archivio con la demolizione del 30 novembre dello scorso anno, si sbagliava, n prossimo 22 ottobre, infatti, il Tar Campania dovrà pronunciarsi nel merito sul ricorso presentato da «Sica», la società proprietaria dell'immobile abbattuto, che fa capo a Paolo ed Anna Normale (moglie quest'ultima dell'euro parlamentare Pd Andrea Cozzolino) ed alla signora Margherita Masullo (suocera di Cozzolino) contro l'ordinanza di demolizione che fu emessa dal comune di Vico Equense a marzo ed è stata eseguita a fine novembre 2014. Quel provvedimento, che invano «Sica» aveva tentato di bloccare con una richiesta di sospensiva, per due volte respinta dal tribunale amministrativo regionale, si fondava sul presupposto che la struttura realizzata in base alla concessione degli anni Sessanta, circa vent'anni prima che l'ecomostro incompleto e già semidiroccato fosse acquistato dalla famiglia Normale, fosse illegittima perché diversa, per forma e dimensione, rispetto a quella autorizzata. Undici mesi dopo la demolizione dell'Alimuri,
«Sica» torna alla carica. Con quale obiettivo? «Certo non vogliamo ricostruire l'Alimuri dove era - dicono dalla società - ma è nostra intenzione che il Tar accerti l'illegittimità del provvedimento comunale, in modo che possa rivivere l'accordo che stipulammo con la Regione Campania e col ministro Rutelli». L'intesa, quella che «Sica» pretenderebbe ora di resuscitare, qualora il Tar Campania accogliesse il suo ricorso, risale al 2007 e suscitò all'epoca una ondata di indignazione, di proteste, di polemiche. Ci fu chi si spinse a parlare di accordo truffa. Fu siglato nell'estate di otto anni fa e firmato da Francesco Rutelli, ministro dei Beni Culturali, da Antonio Bassolino, il presidente della giunta regionale della quale faceva parte come assessore alle Attività produttive Andrea Cozzolino, dal sindaco di Vico Equense, Gennaro Cinque, e dalla Provincia di Napoli. Prevedeva che, in cambio della non opposizione alla demolizione del rudere, la famiglia Normale ottenesse la possibilità, previa modifica del piano regolatore di Vico Equense, di edificare in un'altra zona di quel Comune le cubature dell'ecomostro. L'intesa offriva alla società anche l'opportunità di realizzare nella conca di Alimuri uno stabilimento balneare. I costi della messa in sicurezza della falesia retrostante l'albergo mai nato sarebbero stati a carico del pubblico. Il progetto caro alla Sica non fu poi mai attuato, in parte per la mobilitazione di ampi settori dell'opinione pubblica, in parte per la difficoltà di trovare un'area nella quale trasferire le cubature del rudere ed in parte perché la Soprintendenza bocciò un progetto di struttura balneare nella conca presentato dalla impresa. Le cariche di dinamite che hanno cancellato l'ecomostro, lo scorso autunno, pareva che avessero messo una pietra tombale sulla questione. Gli imprenditori Normale, però, non demordono ed insistono, patrocinati in giudizio dall'avvocato Gianluca Lemmo. «La nostra società - sostengono fonti interne al gruppo - era favorevole alla demolizione, perché essa rappresenta l'attuazione del primo punto di quell'accordo del 2007. Se, come auspichiamo, il Tar ci darà ora ragione, riconoscendo l'illegittimità della ordinanza di demolizione del Comune di Vico, bisognerà attuare anche tutti gli altri punti della intesa di otto anni fa». L'amministrazione comunale vicana, che si è costituita in giudizio per resistere ed ha dato mandato all'avvocato Erik Furno, è di tutt'altro avviso. «L'accordo del 2007 - sottolinea l'avvocato Benedetto Migliaccio, sindaco della cittadina della costiera - nasceva da un clamoroso equivoco, quello secondo il quale la struttura edificata fosse legittima. Non lo è, perché difforme da quello che prevedevano le concessioni di cinquanta anni fa. Su questi presupposti, non è assolutamente ipotizzabile che si dia corso agli altri punti della intesa, che infatti abbiamo annullato, con un provvedimento amministrativo, la scorsa primavera». Conclude: «Immagino che l'iniziativa di Sica possa essere un espediente per non pagare i 300.000 euro che chiederemo loro come corrispettivo della demolizione in danno.
Nessun commento:
Posta un commento
La qualità e l’efficacia del blog dipendono quasi interamente dai vostri contributi. Si raccomanda, perciò, attinenza al tema, essenzialità e rispetto delle elementari regole di confronto. I messaggi diffamatori, scritti con linguaggio offensivo della dignità della persona, razzisti o lesivi della privacy, pertanto, non saranno pubblicati.