Foto di Antonella Pascucci |
Vico Equense - Quando i sentieri che portano verso i monti, qui a Vico, assumono colori più sbiaditi, con una leggera foschia mattutina e al tramonto; quando da lassù guardando il mare, non si ha l’impellenza di un bagno ma si preferisce ammirarlo avendo la brezza alle spalle; quando passeggiando, l’aria ci inebria del profumo del mosto e ci indica che le botti sono in fermento, allora l’estate lascia il posto all’autunno. Ci sono ancora colpi di coda con sporadiche giornate di afa, di aria stagnante, che accompagna il lavoro ripreso. Autunno qui è la stagione tranquilla, della calma, dei colori, delle foglie secche nei viali, dei fiori spampanati riversi al suolo, dei frutti più saporiti, dei fruscii nei prati e nelle strade di campagna. Lo si vede bene dal pullman che sale dalla stazione e va verso le colline. Ti accorgi del paesaggio ormai cambiato, dei colori che tempestano le alture, e salendo apprezzi i filari delle viti, i fiori che resistono ai balconi, il rossiccio degli alberi e delle siepi. Ad ogni curva è uno scoprire una tavolozza diversa che si tinge di un leggero blu quando, dopo Bonea, Il mare appare in tutto il suo splendore con quel costone di roccia di Scutolo che come un colosso, ripara la città. Appoggiando il naso al finestrino vedi dall’alto le vigne, in lontananza il Vesuvio rimpicciolito. A Sant’Andrea lo stesso panorama diventa sfocato, chiuso dagli ulivi carichi che pendono per il peso dei frutti, con le reti pronte a contenere le olive. Salendo aumenta il verde e i noci, a Cigliano è un tripudio di alberi maestosi che attendono di essere ripuliti. E poi ancora tornanti e tornanti fino a Moiano con l’aria che rinfresca e il silenzio del panorama giù che non brilla più come in estate, ma, inerte, si lascia accarezzare dagli occhi, che non si stancano mai. Anche un vicano stupisce sempre alla meravigliosa vista e sarà questo il segreto per essere l’unico posto al mondo dove nessuno vuole andare via, nessuno vuol lasciare la sua casa o la terra per posti lontani. Nessun luogo può rendergli tanta bellezza, nemmeno in autunno.
E se i vetri del finestrino diventano opachi per le gocce di pioggia, leggera, come un’avvisaglia dell’inverno, nessuno soffre di malinconia. All’acqua si sovrappone ancora il panorama estivo, che è fermo nella mente come un’immagine di copertina. Salendo aumentano le nuvole e le loro forme più strane, i cumuli che corrono nel cielo quasi a toccare Faito, i profumi di ginestre e piante profumate. E se in qualche curva vedi le castagne raccolte e in bella vista appoggiate su un muretto, non puoi fare a meno di pensare all’ amata festa della castagna. E’ tempo di colori sparsi, caldi, abbaglianti. I rossi, i gialli, gli ocra, gli arancioni sfilano in passerella, a terra, sugli alberi, con riflessi sparsi ovunque. Passeggiando nelle vigne, siamo come storditi dal profumo dell’uva, dai colori dei pampini accesi dal pallido sole riflesso. Il prato lascia i suoi turgidi steli a un tappeto più rado con fili a capo chino, quasi raso terra, invischiato di foglie ruvide, rami spogli, zolle rivoltate, frutti secchi. Scendendo a Vico per uno dei tanti sentieri che dalle colline portano in città, ci si perde alla vista di un cielo dorato e roseo, con il mare ai nostri piedi e noti che l’autunno non è solo foglie secche, ma anche un mare teso come un lenzuolo tirato ai bordi della costa. E’ aria frizzantina, silenziosa, lungo i viottoli dove avverti anche lo strisciare del lombrico sporco di terra, dove le piante sembrano ferme come statue e dove solo il vento passa tra i rami con brezze leggere. Autunno è scendere giù alla marina attratti dal mare che ci chiama ancora come in estate, ormai senza anima viva e immaginare a luglio quello che c’era. C’è sempre una barca che arriva, un’altra che parte e i gabbiani in volo. Un tramonto a mare d’autunno è un momento indimenticabile fatto di mille promesse o ricordi. Complice il sole che, come una stella troppo luminosa, cade in acqua scivolando. Autunno è sentire lo schiocco delle aste che abbattono le noci ancora nei loro malli e ai piedi i tanti che con i cesti le raccolgono. Scuotere le noci dall’albero è una festa come quella della vendemmia. Ormai ne restano pochi e quel suono di una volta di fiondare a terra i frutti dall’albero è andato scemando. Ricordo un tempo i tetti delle case stracolmi di frutti, a Via San Salvatore, ad Avigliano, verso San Francesco, Madonna Delle Grazie… Due volte al giorno bisognava girare il mare di noci che copriva gli spazi alti delle case e quel suono di gusci che si toccavano e ritoccavano era come le onde del mare battere a riva. Le mie mani a ottobre erano sempre nere, anche se piccole, erano di grande aiuto per ripulire le noci dai malli ancora freschi. Tra i banchi di scuola nascondevo le mie dita per riappoggiarle solo dopo infiniti lavaggi. Ma quello che ci avverte che l’autunno è proprio giunto, è l’uva nei tini che richiama insetti appiccicosi, il mosto che fermenta e i traffici che avvengono nelle cantine tra damigiane, fiaschi, tinozze. Il laboratorio di casa si avvia per le provviste, che siano pomodori secchi o funghi, nocino o frutta secca, è ora di preparare gli scaffali con tutto quello che di buono c’è. L’autunno a Vico è riscoprire il tempo per passeggiare, per vedersi con gli amici, per bere un caffè al bar senza la calca dell’estate, è scattare una foto a un dettaglio, leggere sulla panchina indisturbati con le voci dei bambini che girano intorno, fare a piedi le scale da ogni punto della città accartocciando le foglie sotto i piedi. Autunno qui è anche meditare, riflettere, riprendersi dalle esplosioni estive. E’ tempo di tranquillità ma anche di fermenti.
Nessun commento:
Posta un commento
La qualità e l’efficacia del blog dipendono quasi interamente dai vostri contributi. Si raccomanda, perciò, attinenza al tema, essenzialità e rispetto delle elementari regole di confronto. I messaggi diffamatori, scritti con linguaggio offensivo della dignità della persona, razzisti o lesivi della privacy, pertanto, non saranno pubblicati.