Francesco Schettino |
Meta - Non è solo il comandante Francesco Schettino. Il popolo di Meta, suo paese d'origine, lo accompagna nel bene e nel male nel suo burrascoso iter legale. E in tanti lo difendono anche. Alcuni si schierano dalla parte dell'uomo e della sua famiglia, profondamente radicata in penisola sorrentina, da sempre territorio a forte vocazione marittima, altri semplicemente si astengono dalle critiche più feroci. Soprattutto ora che sono state rese note le motivazioni della corte d'appello di Firenze che condanna a 16 anni di reclusione colui che, secondo i magistrati, abbandonò la nave Concordia dopo averla condotta al naufragio mentre i passeggeri, alcuni invano, cercavano di trarsi in salvo. «Quando saltò sulla lancia Schettino era consapevole che diverse persone si trovavano sul lato sinistro della nave o, comunque, quanto meno aveva seri dubbi in tal senso e decideva in ogni caso di allontanarsi in modo definitivo dalla Concordia - si legge negli atti della corte d'appello - L'intenzione di Schettino non era seguire la rotta ma navigare secondo il suo istinto marinaresco, più a ridosso dell'isola, confidando nella sua abilità (...). Non è in alcun modo attendibile quanto riferito dall'imputato durante l'esame dibattimentale (...) e dopo aver mentito al sottocapo Tosi continuava a raccontare il falso anche a De Falco mentre era già in salvo».
Motivazioni di fuoco dunque che, però, non infiammano gli animi di chi condivide i natali con il comandante. È una storia di amore ed odio quella degli abitanti metesi con il compaesano Schettino. Anche nelle ore concitate che hanno seguito lo schianto, mentre dai media di tutto il mondo giungevano notizie sempre più gravi, una parte significativa di Meta, compresi rappresentanti di istituzioni, associazioni di settore e di famiglie di spicco, è rimasta al fianco del "suo" comandante, nonostante ombre, dubbi, dichiarazioni e registrazioni audio. E ancora oggi, con i volti delle 32 vittime ormai divenute familiari e con le immagini della nave da crociera dissossata dall'erosione del tempo, non ci si rassegna nella vicinanza. «Francesco (Schettino, ndr) ha infangato il nome di Meta? Sì, probabilmente lo ha fatto - commentano i lupi di mare locali - Paghiamo e pagheremo ancora per molto tempo la cattiva nomea, le battutine amare e i paragoni stupidi. Tutto il mondo conosce questa storia. Ma forse il mondo dimentica un valore imprescindibile, che va al di là dell'errore umano: il senso di appartenenza. Se ha sbagliato - concludono - pagherà, come è giusto che sia, come meritano anche le vittime di questa catastrofe. Pagherà come marittimo che ha fatto scelte sbagliate. Ma l'uomo lasciamolo in pace. Farà già i conti con i suoi errori e i suoi rimorsi. Non ha bisogno anche delle accuse di chi non c'era».
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